Il campo largo è in cerca di identità
Non è chiaro quali sarebbero le policies del progetto, che rischia di frantumarsi alla prima discussione vera sulla politica estera. Per non parlare di economia e sviluppo
Non è forse il momento migliore per essere politicamente troppo vivaci, se si è all’opposizione. D’altra parte non ci sono elezioni ravvicinate e la politica vive di momenti da cogliere. Il 2025 però sarà un anno elettoralmente significativo, anche se non irripetibile come il 2024.
Molte regioni importanti andranno al voto, a iniziare dal Veneto (ma ci sono anche la Toscana, la Campania, eccetera) e, una volta concluse le prossime elezioni regionali, si aprirà subito la campagna per le Politiche (e niente fa pensare che saranno anticipate, anzi; la liberazione della collega Cecilia Sala, avvenuta in queste ore, rafforza ulteriormente la tenuta del governo). Il centrosinistra, a parte il brillante Matteo Renzi, ha adottato fin qui la strategia di fingersi morto.
Soprattutto la segretaria del Partito democratico, Elly Schlein, leader della coalizione seppur non ufficializzata, che neanche sulla vicenda sarda che riguarda Alessandra Todde è intervenuta in maniera significativa. Non ha infatti competitor, Schlein, nemmeno l’agguerrito Giuseppe Conte, che si è appena liberato - via voto online - del co-fondatore del M5s Beppe Grillo può insidiarla.
Si ha l’impressione che Schlein voglia far emergere questo suo ruolo di equilibrio tra le parti mantenendo un basso profilo. A un certo punto però il Pd dovrà inevitabilmente assumere una direzione chiara, in linea peraltro con la scelta precisa di Schlein alla guida dei dem. Certamente la battaglia sul salario minimo non sarà sufficiente per presentarsi poi alle elezioni politiche. Essere “testardamente unitari” da solo non è un valore sufficiente, né un slogan spendibile. Il destra-centro litiga in continuazione - si pensi al duello fra Lega e Forza Italia su chi è il numero due della coalizione -, ma la sua unità deriva da anni di visione comune.
Non è chiaro invece quali sarebbero le policies del cosiddetto Campo Largo, che rischia di frantumarsi alla prima discussione vera sulla politica estera. Per non parlare di economia e sviluppo: nel Paese del superbonus - un superbuco creato dall’alleato del Pd, Conte - ci sarebbe bisogno di occuparsi di crescita e produttività, due parole che non piacciono molto a chi, a sinistra, vede gli imprenditori come un avversario. Preliminarmente, però, il centrosinistra dovrebbe decidere quanto essere largo.
C’è ancora molto scetticismo nei confronti dell’ex presidente del Consiglio Renzi, anche al di là dei propri demeriti (è spregiudicato, sembrava dovesse essere l’erede politico di Silvio Berlusconi prima di farsi del male da solo; tutto giusto). È vero, il capo di Italia Viva, guida un partito che è al 2 per cento, ma che in occasione delle competizioni elettorali può aumentare il proprio consenso. Sono tutti voti che il destra-centro, segnatamente Forza Italia, vorrebbe. E che al Campo Largo servirebbero.
Essere inclusivi, parola modaiola, senza vivere di contraddizioni è la sfida del 2025 per il centrosinistra se vuole avere qualche possibilità di riconquistare, un giorno, Palazzo Chigi. Anche se contro questa Giorgia Meloni, vera garante e collante dell’esecutivo, ora chiunque può fare poco.
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