Barbante (Ca’ Foscari): «I ghiacciai sulle Alpi sono destinati a sparire nel giro di 20-30 anni»

Estratto in Antartide il ghiaccio più vecchio al mondo, risalente a 1,2 milioni di anni fa: il coordinatore del progetto è docente all’Università di Venezia. «Studiamo il passato per capire il futuro. La politica non aiuta, ma abbiamo gli strumenti per agire»

Laura Berlinghieri
Carlo Barbante, il docente di Ca' Foscari, coordinatore scientifico del progetto
Carlo Barbante, il docente di Ca' Foscari, coordinatore scientifico del progetto

«I risultati delle azioni di oggi? Li vedremo tra venti o trent’anni. Quando i ghiacciai delle Alpi saranno già compromessi».

Nella giornata dedicata alla protezione dei ghiacciai, è l’allarme lanciato da Carlo Barbante, professore ordinario di Chimica analitica a Ca’ Foscari e coordinatore scientifico di Beyond Epica, il progetto di ricerca internazionale, finanziato dalla Commissione Europea, per ottenere dati sull'evoluzione delle temperature, sulla composizione dell'atmosfera e sul ciclo del carbonio.

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Insieme a una squadra di ricercatori provenienti da mezza Europa, sono quindici anni che percorre l’Antartide in lungo e in largo. «Oltre ventimila chilometri – il suo conto a spanne – fino a quando abbiamo selezionato un sito, a quaranta chilometri dalla stazione italo-francese di Concordia, e lì, nel 2018, abbiamo stabilito un campo, per poi iniziare a perforare tra il 2021 e il 2022».

Il sito collocato in Antartide, a quaranta chilometri dalla base italo-francese
Il sito collocato in Antartide, a quaranta chilometri dalla base italo-francese

A 3200 metri di quota, 1200 chilometri dalla costa. Un nulla lontano da tutto. Con una temperatura media annua di -50 gradi, e che anche d’estate conosce oscillazioni dai -60 ai -30. Sono servite quattro stagioni per perforare l’intera calotta, dalla superficie a 2.800 metri di profondità, fino alla roccia sottostante. Un po’ come fu per il vecchio progetto Epica del 2006, per ricostruire la storia del clima del pianeta negli ultimi 800 mila anni, proprio a partire da quando il clima iniziò a cambiare in maniera decisiva, «per motivi che ancora oggi restano ignoti» dice Barbante.

Quanto al cambiamento climatico che stiamo affrontando oggi, invece, ha spiegazioni piuttosto note e in parte ascrivibili all’azione dell’uomo.

Nasce da qui l’importanza degli studi in Antartide, «per capire quali sono i processi dietro le transizioni climatiche e, quindi, le risposte alle variazioni di anidride carbonica e gas serra», spiega il docente veneziano, «Sinteticamente, potremmo dire che c’è molto del nostro passato nel nostro presente e nel nostro futuro. E, studiando il passato, quello che proviamo a fare è dare delle risposte per il futuro».

Un futuro sempre più fragile, per i nostri ghiacciai. «Destinati a sparire – ammette Barbante – nonostante le nostre azioni, anche nell’immediato. Perché il sistema ha una deriva molto lunga».

E le conseguenze rischiano di essere devastanti. «Perché i ghiacciai sono importantissimi – ricorda il ricercatore – quelli presenti sulle Alpi sono una riserva d’acqua fondamentale, soprattutto come “tampone” durante le mezze stagioni. E sarebbe sbagliato limitarsi a pensare alla sola acqua da bere, perché, grazie ad esempio ai bacini idroelettrici, i ghiacciai sono anche fonti di energia. Per non parlare dei molteplici aspetti turistici di fruizione della montagna, oppure della biodiversità».

Il team dei ricercatori del progetto
Il team dei ricercatori del progetto

La sensibilità collettiva sta cambiando. «Non siamo spacciati come pianeta Terra, anzi» rassicura il docente, «In tutti i settori – dalla finanza all’economia, dalla politica alla tecnologia, fino all’energia e alla scienza – abbiamo già le soluzioni in mano, ma devono essere applicate in maniera molto rapida. Tutte le tipologie di industria hanno delle soluzioni da mettere a terra».

Ma a latitare, soprattutto in questo periodo storico, è la politica. E la politica “che conta”, perché rappresentativa della porzione del pianeta più industrializzata. «Sì, politicamente non è il periodo migliore – ammette Barbante – ma le soluzioni le abbiamo, a livello di normative europee. Certo, l’Unione Europea contribuisce a meno del 10% delle emissioni globali, ma anche noi dobbiamo mostrare che esiste un futuro davanti a noi. E che il cambiamento è possibile».

Intanto, tornando al progetto di cui il professor Barbante è coordinatore scientifico, la rompighiaccio Laura Bassi – con, al suo interno, due container refrigerati a -50 gradi, contenenti tutto il ghiaccio estratto in Antartide – ha appena doppiato Capo Horn e sta risalendo l’oceano Atlantico. Contiene un bottino preziosissimo: il ghiaccio più antico che sia mai stato prelevato, nella storia della ricerca.

Il trasferimento, in blocchi, del ghiaccio che i ricercatori hanno estratto in Antartide (Fotoservizio Pnra-Ipev)
Il trasferimento, in blocchi, del ghiaccio che i ricercatori hanno estratto in Antartide (Fotoservizio Pnra-Ipev)

«Ufficialmente, risale a 1,2 milioni di anni fa. In realtà pensiamo sia molto più antico, ma per dirlo con certezza aspettiamo le analisi approfondite, che faremo anche nei laboratori di Venezia, Milano e Firenze» dice Barbante.

Prima, il ghiaccio raggiungerà Bremerhaven, città tedesca che ospita un laboratorio estremamente equipaggiato, con un’enorme cella frigorifera, dotata di sistemi di taglio e di preparazione dei campioni. Un passaggio successivo sarà a Berna, per l’analisi dei gas, e poi Cambridge, per i parametri chimici. Infine, la distribuzione nei diversi laboratori europei – compresi quelli italiani – per le analisi di dettaglio. «Sarà allora che potremo aggiungere un tassello in più alla nostra conoscenza sui cambiamenti climatici» dice Barbante, «Questo è un progetto grandioso

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