Future Farming: il nuovo polo per l’innovazione progetta fattorie verticali
Obiettivo: riutilizzare la natura per dare vita a nuovi materiali e nuove coltivazioni che possano reggere alla crisi climatica. Partnership tra Zero (Pordenone) e Università Ca’ Foscari. Operazione da 20 milioni di euro
Si potrà valutare un giorno di produrre cibo che non faccia alzare il colesterolo o concepire tessuti che non permettano la sudorazione. Il primo progetto sarà legato allo zafferano, puntando a creare un impianto automatizzato per coltivarlo al chiuso.
Nascerà a gennaio a Roncade un polo per l’innovazione tecnologica che riunirà ricercatori di una dozzina di università: obiettivo riutilizzare la natura per realizzare nuovi materiali e nuove coltivazioni che possano adattarsi ai cambiamenti climatici. Risvolto non secondario: provare ad arrestare la fuga dei cervelli all’estero.
Sarà un capannone riadattato da tremila metri quadrati e rappresenterà il primo effetto concreto di Future farming initiative, società pubblico-privata decollata nel 2023, le quote ripartite fra Ca’ Foscari (49%) e Zero (51%), azienda pordenonese di vertical farming (orti verticali).
Un’operazione da 20 milioni di euro, equamente ripartiti fra i 10 di fondi Pnrr assicurati dall’università veneziana e i 10 investiti da Zero. Il laboratorio di Roncade – a circa un km da H-Farm, scelta ieri per il lancio del progetto, davanti a 500 fra imprenditori e universitari – sarà operativo dal prossimo mese parallelamente a un altro centro di ricerca a Pordenone.
E, sempre nel 2025, si aprirà un terzo hub in Sardegna, nell’Oristanese. Settemila metri quadrati, nel complesso, destinati alla ricerca. Intrecciando biologia sintetica e scienza dei materiali, chimica e nanotecnologie.
Piante, batteri, alghe e funghi
«Questa è la dimostrazione che l’università può fare anche ricerca per il territorio», sottolinea Tiziana Lippiello, rettrice della veneziana Ca’ Foscari, «un’iniziativa sinergica che coinvolge tutti gli atenei del Nord Est, ma anche la Federico II di Napoli. Un progetto che il ministero dell’università ha voluto inserire nel piano Mattei per l’Africa».
Ma andiamo con ordine. Di cosa si occuperà il nuovo polo di Roncade?
«Tratterà piante, batteri, virus, alghe, funghi», spiega Daniele Modesto, biologo molecolare, ceo di Zero e Future farming initiative,
«Steve Jobs sosteneva che la nuova rivoluzione sarebbe stata al confine fra biologia e tecnologia. E a Roncade si faranno biologia sintetica e robotica». Con possibili benefici per le coltivazioni e il cibo, ma anche per la farmaceutica. Entrando più nel tecnico, il nuovo laboratorio sarà un’infrastruttura tecnologica per l’innovazione, un esempio di pre-industrializzazione.
Un nuovo distretto industriale
Il progetto ideato dal pool di ricercatori dovrà dare vita a un “distretto industriale”. E la coltivazione “controllata” dello zafferano sarà il primo motore della nuova sfida di Ca’ Foscari: scopo finale generare un impianto automatizzato da 15 mila metri quadrati in un’area ancora da definire. Un disegno che scaturisce da un assunto incontrovertibile: i cambiamenti climatici, i fenomeni estremi.
Citando Carlo Carraro, rettore emerito di Ca’ Foscari, «la crisi di insostenibilità del pianeta da risolvere». Il professore di economia ambientale va dritto al punto: «Entro il 2.100 si assisterà, a livello globale, a un ulteriore incremento di almeno 50 centimetri del livello del medio mare. La principale preoccupazione, per il mondo del business, è la sostenibilità ambientale. Il caso della Sicilia già oggi è emblematico, la risorsa idrica diventerà un grande problema negli anni a venire. Quanto alle inondazioni, si sta verificando una crescita esponenziale. Dobbiamo essere pronti a reagire».
Così la nuova rotta coincide con le produzioni agricole a basso consumo d’acqua. Magari riconvertendo capannoni dismessi, nel segno dell’economia circolare.
Il business della rigenerazione
«Fattorie verticali per una nuova transizione industriale che potrebbe aiutarci a contenere la fuga dei cervelli all’estero: dal 2011 al 2021, 451 mila giovani in Italia hanno scelto quella strada», ricorda Carraro. Concetti su cui insiste Carlo Bagnoli, presidente Future farming initiative e professore di innovazione strategica a Ca’ Foscari: «Un’occasione per valorizzare la conoscenza scientifica e spingere più in là i confini della scienza. Oggi stiamo vivendo la quarta rivoluzione industriale, una rivoluzione più forte di internet. La chiave è riutilizzare la natura per produrre ciò che mi serve. Ingegnerizzarla per costruirmi un’opportunità di business rigenerativo».
Un business globale che, secondo alcuni studi, potrebbe valere, già nel 2030, 10 trilioni di dollari. «Nel mondo l’accelerazione è già in atto. Una nuova onda di innovazione che non possiamo perdere», il messaggio di Bagnoli.
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