Allarme sulle Dolomiti, perso il 56% dei ghiacciai: riserva d’acqua dimezzata

Negli ultimi 40 anni i ghiacciai delle Dolomiti hanno perso oltre la metà della loro superficie e 94,5 miliardi di litri d’acqua. Dei 33 ghiacciai presenti negli anni ‘50, oggi ne sopravvivono solo nove

Francesco Dal Mas
Il ghiacciaio sulla Marmolada
Il ghiacciaio sulla Marmolada

Dal 1980 ad oggi solo i ghiacciai delle Dolomiti hanno perso il 56% della loro superficie. Sono stati cioé persi 105 milioni di tonnellate di ghiaccio. È venuta meno una riserva d’acqua di oltre 94,5 miliardi di litri, pari alla scomparsa di un decimo del lago di Garda, pari a 15 volte la scomparsa del lago di Auronzo.

Alla fine degli anni 50 le Dolomiti avevano 33 ghiacciai: oggi di attivi ne sono rimasti solo nove. È una emergenza. Proprio per questo l’assemblea generale delle Nazioni Unite ha dichiarato il 21 marzo Giornata Mondiale dei Ghiacciai e il 2025 Anno Internazionale per la Conservazione dei Ghiacciai.

Lo stato delle cose 

Giornata che è occasione di analisi, riflessioni, proposte e nuove iniziative finalizzate alla preservazione di questo particolare patrimonio. Negli ultimi 40 anni sempre i ghiacciai delle Dolomiti hanno perso un volume pari a 0,105 gigatonnellate, 105 milioni di tonnellate si diceva, di cui 22 milioni, quindi un quarto, tra il 2010 ed il 2013.

Barbante (Ca’ Foscari): «I ghiacciai sulle Alpi sono destinati a sparire nel giro di 20-30 anni»
La redazione
Carlo Barbante, il docente di Ca' Foscari, coordinatore scientifico del progetto

C’è di che preoccuparsi? «Di più» afferma Andrea Securo, dell’Università di Trieste, che ha coordinato il lavoro di 9 esperti che hanno indagato l’involuzione delle superfici ghiacciate delle Dolomiti bellunesi per un triennio e che pubblicheranno lo studio a giorni.

I ricercatori delle università Ca’ Foscari e Roma Tre, del Cnr, del Comitato Glaciologico e di altri istituti hanno ricostruito gli ultimi 40 anni di scioglimento dei ghiacciai nella regione delle Dolomiti, concludendo che dal 1980 è stato perso il 56% della superficie.

E il volume complessivo che si è esaurito significa, in sostanza, che le Dolomiti non dispongono di 94,5 miliardi di litri d’acqua, la riserva che avevano più di 40 anni fa.

«La verità è che la neve caduta resta sotto la media» analizza Securo, «Più di un metro in meno prima delle recenti precipitazioni. È difficile dire ora quale contributo darà. Ma la preoccupazione resta elevata». Alla fine degli anni 50 le Dolomiti ospitavano 33 ghiacciai, di cui solo 9 sono ancora attivi; due di questi sono stati suddivisi in porzioni più piccole.

Sos ghiacci

Ebbene, secondo le rilevazioni in corso e le proiezioni, tutti i ghiacciai delle Dolomiti sono destinati a scomparire, perché non hanno possibilità di alimentarsi. È vero che corpi minori potrebbero resistere sotto la copertura dei detriti diventando da glaciale a periglaciale, e magari dimostrandosi più resilienti in un clima che si riscalda.

Ma gli esperti prevedono che alla fine scompariranno. In 40 anni, ad esempio, lo stesso baricentro dei ghiacciai analizzati da questi studiosi sulle Dolomiti è sprofondato di 28,7 metri, di cui il 33% tra il 2010 e il 2023.

Si tenga presente, comunque, che il 66% dell’intera perdita di volume è dovuto al solo ghiacciaio della Marmolada. L’inventario più recente disponibile per i ghiacciai italiani (Smiraglia, 2015) riporta che 51 corpi glaciali erano presenti sulle Dolomiti nel 2009, per una superficie complessiva di 5,04 chilometri quadrati, pari all’1,4% della superficie totale dei ghiacciai italiani. Ma, attenzione: 13 erano classificati come ghiacciai montani mentre 38 venivano considerati chiazze di neve o ghiaccio.

Nell’ultimo decennio 

La situazione nell’ultimo decennio si è aggravata e oggi in Veneto troviamo il Popera Alto, il Popera Pensile, il Cristallo, il Sorapiss Occidentale, l’Antelao Inferiore, l’Antelao Superiore, La Marmolada (Principale, Punta Penia, Ovest, Centrale), il Fradusta (Superiore ed Inferiore), il Travignolo.

L’Arpav monitora costante i ghiacciai per considerarne quella che permane una progressiva involuzione. Una vigilanza finalizzata alla possibile prevenzione rispetto ad eventuali emergenze.

Arpav gestisce infatti un proprio data base che viene costantemente aggiornato sia attraverso l’acquisizione di dati di rilevamenti svolti da vari enti, sia attraverso l’effettuazione di rilievi diretti.

Nell’ultimo anno si è dato inizio a una serie di rilievi con droni di alcuni apparati periglaciali. Arpav partecipa inoltre al gruppo di lavoro sul rischio di dissesto in ambienti glaciali e periglaciali istituito dal dipartimento nazionale di Protezione civile.

Nei mesi scorsi ad Arabba i tecnici dell’agenzia hanno infatti condotto rilievi con droni su alcuni siti di rilevanza per la criosfera, cioè la superficie coperta da neve, ghiacciai e permafrost. In particolare, sono stati monitorati ghiacciai, colate detritiche (debris flow), ghiacciai rocciosi (rock glacier) e depositi di glacionevato (dead ice).

I siti sono stati scelti considerando il rischio di dissesto e la rilevanza per il monitoraggio climatico. Per le misure, i tecnici Arpav hanno utilizzato il drone in dotazione al centro di Arabba e un drone equipaggiato con sensore Lidar, che usa impulsi laser per misurare distanze con precisione, creando mappe tridimensionali dell’ambiente.

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