Ecco il Piano energetico del Veneto: più rinnovabili, meno inquinanti, idrogeno verde, no al nucleare
La legge approvata dal consiglio regionale prevede parchi fotovoltaici a lato dell’autostrada, stazioni di rifornimento per l’idrogeno lungo l’A22 e l’A4, stop a nucleare e trivelle in Adriatico

Ora dunque il Veneto, dopo l’approvazione del 19 marzo in Regione col voto favorevole della maggioranza e l’astensione delle opposizioni, ha un nuovo Piano energetico. Il documento evidenzia quattro settori principali di intervento: più fonti rinnovabili, meno emissioni inquinanti, più efficienza energetica e ricorso all’idrogeno verde; e gli obiettivi quantificati – derivati da investimenti per 8,7 miliardi - sono il raggiungimento di una quota del 43% di energie rinnovabili sul fabbisogno totale della regione, una riduzione delle importazioni dall’attuale 50% al 34% del fabbisogno energetico regionale e una diminuzione delle emissioni di anidride carbonica di 15 milioni di tonnellate.
Salta agli occhi, nel documento, l’assenza delle due soluzioni più divisive per lo stesso centrodestra: il nucleare e le trivellazioni di gas in Adriatico. La realizzazione del piano ovviamente passerà attraverso l’approvazione nel quinquennio 2025-2030 di norme specifiche, con prescrizioni e incentivi che riguarderanno enti pubblici, imprese e cittadini. Ma vediamo il documento più nel dettaglio.
Energie rinnovabili
L’obiettivo è raggiungere nel 2030 i 9,5 gigawatt di potenza installata da fonti rinnovabili (nel 2022 erano 4 gigawatt, di cui 2,5 da fotovoltaico), con una produzione aggiuntiva (ma relativa al 2019) di 5,7 terawattora all’anno: questo dato equivale al consumo di tutte le famiglie venete nel 2021.
Per raggiungere questi obiettivi si punterà soprattutto sul fotovoltaico, da collocare per metà del totale a terra in aree marginali (non agricole, come ad esempio le fasce laterali alle autostrade) e sulle coperture di capannoni, scuole e impianti sportivi, e potenziando l’utilizzo delle pompe di calore e il ruolo delle comunità energetiche. Spazio anche alle bioenergie termiche, soprattutto con la produzione sostenibile di biometano.
Risparmio energetico
Si tratta dell’obiettivo più difficile da raggiungere, dato che il Veneto presenta consumi specifici superiori alla media nazionale (31 miliardi di kilowattora, esattamente un decimo del consumo italiano) e che i dati di Terna hanno fatto registrare nel 2024 un incremento del 2,2 per cento nell’utilizzo di energia.
Il primo strumento per il risparmio – in linea con la recente direttiva dell’Unione europea – è la riqualificazione degli edifici, promuovendo l’installazione di pompe di calore, la coibentazione e l’aumento di efficienza dei sistemi di generazione di energia. Il traguardo da raggiungere nel 2030 è un calo dei consumi pari a 1,13 Mtep (milioni di Tonnellate Equivalenti Petrolio), equivalente al 10% del consumo dell’intero sistema veneto del 2019 e al doppio del consumo delle famiglie venete nel 2021.
Riduzione emissioni
La produzione di anidride carbonica dovrà essere ridotta di 15 milioni di tonnellate, pari alla quantità di CO2 assorbita da 148 milioni di alberi. Almeno il 25% di questa riduzione (3,5 milioni di tonnellate, equivalenti a un bosco esteso come la provincia di Belluno), dovrà essere conseguito nei settori trasporti, civile, agricoltura, rifiuti e piccola industria. In particolare sarà necessario incrementare il numero di mezzi alimentati con vettori alternativi (energia elettrica, idrogeno e biofuel).
Utilizzo dell’idrogeno
Il Piano punta alla creazione di una filiera regionale dell’idrogeno per stoccare o trasportare energia prodotta con altri mezzi; questo gas dovrebbe essere utilizzato in particolare nei trasporti pesanti e nei bus, grazie alla realizzazione di una rete di trasporto e distribuzione con stazioni di rifornimento lungo le direttrici di traffico principali (Autobrennero e A4) con un investimento complessivo previsto di circa 27 milioni di euro.
Risorse e ricadute
L’investimento complessivo per attivare il piano è di 8,7 miliardi di euro, così composti: 7.287 milioni di fondi Pnrr, 899 milioni di risorse RePower Eu, 273 milioni altri fondi europei, 226 milioni dallo Stato e 92 milioni di fondi regionali. Questo investimento dovrebbe avere ricadute pari a 19,7 milioni di euro e impiegare 107.700 addetti per la sua realizzazione. Nel Piano sono previste anche iniziative di formazione per le maestranze e di sensibilizzazione culturale per la cittadinanza verso comportamenti responsabili in tema energetico.
Nucleare e trivellazioni
Bocciato infine il ricorso al nucleare e alle trivellazioni di gas nell’Adriatico, su cui punta molto invece il governo nazionale.
Il perché di questo “strappo” lo spiega l’assessore regionale allo sviluppo economico Roberto Marcato: «Niente nucleare, perché ad oggi non c’è una legge che consenta di farlo, perché quando si cita il nucleare di nuova generazione si parla di una tecnologia disponibile fra trent’anni e se ci aggiungiamo poi i tempi per costruire una centrale andiamo a quaranta (e questo è un piano che ha una scadenza al 2030); senza contare poi che lo Stato fa fatica a individuare le aree idonee per impianti fotovoltaici e bio-metano, figuriamoci quando si andranno a localizzare i siti per fare centrali nucleari».
E le trivelle, sulla cui realizzazione si è speso nel recente passato proprio il segretario leghista e vicepremier Matteo Salvini? «Prevenire è meglio che curare – risponde Marcato - e data la fragilità delle nostre coste e il parere dato dall’Università di Padova sulla pericolosità di ulteriori estrazioni noi siamo convintamente contrari. Da sottolineare inoltre che il Veneto ha già fatto la sua parte e ha già dato, perché noi abbiamo il rigassificatore che con delibera di gennaio ho ulteriormente potenziato, siamo la seconda regione per numero di impianti fotovoltaici, la seconda per energia geotermica, la terza per energia da biogas, e abbiamo negli anni sfruttato tutto l’idroelettrico possibile». —
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