Ai, tecnologia e futuro a Trieste Next: «Svolta di paradigma»

Il fondatore di Rotonium Roberto Siagri: «Diventano praticabili altri modelli di sviluppo»

Giovanni Tomasin
Roberto Siagri fotografatoi da Andrea Lasorte
Roberto Siagri fotografatoi da Andrea Lasorte

«Se useremo l’Ai e il digitale per cambiare il nostro modello di sviluppo non perderemo posti di lavoro, né la centralità dell’uomo. La perderemo invece se continueremo a insistere su un modello industriale che non funziona, e lo vediamo dai cambiamenti climatici e da tutte le difficoltà del presente». Le epocali implicazioni della rivoluzione tecnologica che stiamo vivendo risaltano con chiarezza nelle parole del fisico e imprenditore Roberto Siagri, cofondatore del gruppo Eurotech e fondatore di Rotonium, società carnica all’avanguardia nel campo dei calcolatori quantistici.

In dialogo con il giornalista del Corriere della Sera Fabio Sottocornola, Siagri ha partecipato ieri in Camera di commercio all’edizione in corso di Trieste Next. Per comprendere le implicazioni pratiche dell’Ai, dice, bisogna pensarla all’interno dello sviluppo tecnologico degli ultimi decenni, che tramite la riduzione del costo della comunicazione ha permesso la nascita del cloud, dando accesso generalizzato a potenza di calcolo elevata a basso costo.

Basti pensare, banalmente, a un Ipad. «Se l’umanità avesse voluto realizzare un dispositivo con quella potenza negli anni Cinquanta-Sessanta sarebbero serviti dieci trilioni di dollari», spiega l’imprenditore. Il numero crescente di oggetti connessi che costellano le nostre vite genera un’immensa mole di dati sulla società. Grandi dati e grande potenza di calcolo sono il contesto grazie a cui l’intelligenza artificiale può costituire un cambio di paradigma.

Con l’Ai non è necessario costruire algoritmi per elaborare dati e fornire risposte a un determinato problema: «Con le reti neurali non ho bisogno di formule, devo solo decidere il livello di intelligenza e fornirgli un database di esempi. A quel punto fornisce risposte, imparando dagli errori. L’Ai va addestrata per ore, giorni e mesi, laddove a noi servono decenni».

Questa crescita esponenziale di potenza suscita timori per i suoi consumi energetici: una valida risposta, prosegue Siagri, è nei computer quantistici, che Rotonium studia al fine di farne oggetti d’uso quotidiano. Il settore dei calcolatori quantistici è dominato dai colossi Usa e Cina: «La speranza di quelle nazioni è che si possano usare per rompere i codici crittografici, il che darebbe un incredibile vantaggio di intelligence per chi lo consegue. Per queste macchine però servono investimenti iniziali fra il mezzo miliardo e il miliardo».

La scommessa di quattro o cinque aziende in Europa, in Italia la sola Rotonium, è che si possa già pensare a una generazione di calcolatori più piccoli e connessi in rete, molto meno costosi, che possano servire all’uso quotidiano. Basati sui fotoni, avrebbero consumi pressoché nulli.

La deadline è per il 2028: «Ma avremo risultati intermedi – dice Siagri –. L’obiettivo è miniaturizzare: fare cose molto piccole che siano utilizzabili nelle case di tutti, portando tanta potenza di calcolo anche in luoghi dove non c’è energia». Questo porrebbe le basi per l’uso generalizzato dell’Ai: «Oggi l’Ai dipende sempre da un calcolatore centrale, se invece distribuiamo il calcolo creiamo molta più resilienza». In questo campo l’Italia è ben piazzata, subito dopo la Francia, pur investendo cifre irrisorie a confronto: «Siamo un posto interessante per le risorse umane, peccato non ci siano i soldi», dice Siagri. Dopo aver perso il treno del silicio, afferma l’imprenditore, l’Europa fa ancora in tempo a salire su quello quantistico.

Affrontare questa rivoluzione senza ripensare il modello di sviluppo, però, rischia di portarci nel contesto della citazione d’apertura dell’articolo. Dice Siagri: «Se pensiamo al ciclo vitale di un bruco, da un uovo nasce un bruco, che diventa crisalide e poi farfalla. Noi con l’industrializzazione abbiamo fatto nascere un bruco, poi l’abbiamo messo sullo skate, poi ci abbiamo messo un razzo, poi due». Ciò che non si può più fare: «Il nostro modello industriale non è circolare, la maggior parte delle risorse va sprecata. Ormai la data in cui consumiamo le risorse generate dalla Terra in un anno è arrivata a fine luglio. Stiamo consumando troppo, dobbiamo cambiare modello economico ed essere circolari».

Con le tecnologie del digitale che abbiamo a portata, «possiamo maneggiare quantità di dati che ci permettono di rendere economicamente interessanti dei nuovi modelli», afferma Siagri. E superare un modello che spreca molte risorse ridistribuendo poca ricchezza: «Se trasformiamo le persone da consumatori a utilizzatori, cosa che le nuove generazioni capiscono benissimo, e andiamo su un modello non più basato sul costo del prodotto ma sul costo d’uso non avremo problemi di risorse». Quando, fra qualche anno, avremo l’intelligenza artificiale generalizzata, sarà solo questione di scelta. —

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