Beatrice Mautino: «Tutti mangiamo i cibi Ogm: una volta le carote erano viola»
«Da sempre noi esseri umani modifichiamo geneticamente le piante». Il problema della produzione della carne: «Oggi esistono alternative valide»
«Per me nessun cibo è naturale. Oppure, lo sono tutti. E poi, diciamocelo: quello che è naturale per me, magari non lo è per qualcun altro!» Lo afferma Beatrice Mautino, vulcanica divulgatrice scientifica che ogni giorno aiuta i naviganti del web a smascherare fake e dicerie con intelligenza e ironia.
Dalle sue pagine Youtube e Instagram parla spesso di cibo, argomento su cui ha anche scritto un libro a quattro mani con Dario Bressanini, “Contro Natura” (Rizzoli, 2015).
E di alimentazione parlerà anche a Trieste Next, il festival della ricerca scientifica che si terrà a Trieste da domani a domenica, quest’anno promosso anche da Nord Est Multimedia (Nem), il gruppo che edita anche questo giornale.
L’appuntamento è per domenica alle 15 al Teatro Miela e per partecipare ci si può registrare sul sito triestenext.it/programma, fino ad esaurimento posti. Andando a scandagliare la sua biografia, una delle cose che saltano all’occhio è che Beatrice Mautino si è laureata in biotecnologie e, prima di passare alla comunicazione, ha avuto una parentesi di ricercatrice.
Mautino, perché alla fine ha deciso di occuparsi di divulgazione?
«Questa è una domanda esistenziale. Mi è sempre piaciuto occuparmi di questioni scientifiche, ma legate alla vita quotidiana. Questo mi permette di creare un canale di comunicazione con quelle persone che, pur non essendo del mestiere, desiderano prendere decisioni più consapevoli. Ad esempio sul cibo».
A proposito, è vero che i cibi biologici sono più sani? «No. Non perché i cibi biologici non vadano bene, ma perché le regole dell’Ue sulla sicurezza alimentare sono molto severe, a prescindere. Tutti i prodotti che vengono immessi in commercio devono rientrare in precisi parametri di sicurezza. Che siano biologici o no».
Quindi possiamo stare tranquilli anche con i cibi Ogm?
«Innanzitutto, bisogna chiarire che quella di Ogm non è una definizione scientifica, ma di legge. Risale a una direttiva Ue del 2001. Noi esseri umani modifichiamo geneticamente le piante da sempre, e negli ultimi decenni lo abbiamo fatto anche con tecniche pesanti come radiazioni nucleari, sostanze chimiche e manipolazioni indirette del Dna. Lo facciamo per creare nuove varietà che siano più performanti e resistenti. Detto ciò, nel 2001 l’Ue ha ristretto la definizione di Ogm a quella tecnica che permette di inserire pezzi di Dna all’interno di un organismo. Inoltre, ha stabilito vincoli molto stringenti sulla sicurezza di questi prodotti».
E l’Italia?
«Noi abbiamo aggiunto alle già rigide leggi europee ulteriori limitazioni: in Italia le piante Ogm non si possono coltivare. Però, più dell’80% della soia e del mais che compriamo dall’estero e usiamo come mangimi è Ogm. Questo significa che tutti gli animali che servono per i prodotti di eccellenza del made in Italy, come prosciutto o formaggio, sono allevati mangiando Ogm. Chissà, forse finché l’Ogm lo mangia un animale, e non un essere umano, fa meno paura».
A proposito, perché gli Ogm fanno tanta paura?
«Perché, a causa di una campagna di demonizzazione avvenuta negli anni Novanta e nei primi anni Duemila, sono sempre stati visti come qualcosa di artificiale, di innaturale. Se lei va per strada e chiede ai passanti se mangiano alimenti modificati geneticamente, tutti le risponderanno di no. Invece, tutto quello che mangiamo è stato modificato geneticamente. Solo che non lo sappiamo».
Qualche esempio?
«Le carote una volta erano viola. Poi a un certo punto, nel 1600, nei Paesi Bassi è spuntata fuori una carota arancione, mutata geneticamente in maniera spontanea. Questo è piaciuto molto, così in pochissimo tempo le carote arancioni hanno preso il sopravvento: oggi quelle viola ci sembrano esotiche, invece sono quelle originali. E ora le racconto di un’altra mutazione, stavolta non spontanea. Negli anni ’60 erano stati costituiti centri di ricerca dove le piante venivano sottoposte a radiazioni nucleari per indurre modifiche genetiche. La frutta senza semi che oggi mangiamo è nata così. Questo non vuol dire che mangiamo alimenti radioattivi, ma le radiazioni sono servite a modificare il prodotto».
E la carne sintetica?
«La dicitura corretta sarebbe carne coltivata. Se lei mi dice cibo sintetico, quello che immagino è una pillola con dentro delle sostanze sintetizzate in laboratorio. Invece, la cosiddetta carne sintetica viene coltivata in un’incubatrice, partendo da tessuti di animali che contengono cellule staminali. Queste cellule si riproducono, crescono e formano i tessuti. Io sto parlando al presente, ma in verità al momento ci sono solo esperimenti dimostrativi: questa è una tecnologia lontanissima dall’essere applicativa».
Può diventare un futuro concreto per l’alimentazione?
«È una tecnologia interessante che, con gli investimenti giusti, potrebbe crescere. Ma al momento ci sono costi di produzione altissimi, insostenibili. Quindi, da qui a sostituire la carne vera ce ne passa».
Quali sono, allora, le alternative alla carne?
«Esistono moltissime alternative a base vegetale, che riproducono sia la consistenza che il gusto della carne, oltre alle sue caratteristiche nutrizionali. Ci sono persone che scelgono di adottare un sistema di alimentazione vegetariano o vegano per questioni etiche, a cui però piace l’idea di poter addentare un hamburger, sempre che non sia passato attraverso l’uccisione di animali, o la cui produzione non abbia impattato pesantemente sull’ambiente. I supermercati sono pieni di questi prodotti. Una volta sapevano di legumi, adesso invece sembra di mangiare carne vera e riescono addirittura a riprodurre diversi sapori: hamburger, straccetti di pollo, kebab… tutto questo è possibile grazie alla ricerca, e grazie alla chimica!
Secondo lei come mangeremo tra 100 anni?
(Ride, ndr). Guardi, io colleziono pubblicità d’epoca e ho un libro in inglese dal titolo “Il futuro che non c’è mai stato”, che descrive come parecchi decenni fa ci immaginavamo molti aspetti degli anni 2000, tra cui il cibo. Ci sono illustrazioni esilaranti, completamente senza senso! Pannocchie grandi come un trattore, pomodori giganti dentro i quali gli scienziati iniettano strane sostanze, pillole... Ecco perché non risponderò a questa domanda: non vorrei fare anch’io lo stesso errore. —
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