Oblio oncologico, il giurista Cardaci e Perrone di Aiom sul diritto di andare oltre

Francesco Codagnone
Foto Silvano
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Meno di un anno fa, nel dicembre 2023, il Senato dava il via libera al testo sull’oblio oncologico, assicurando a quelle persone considerate guarite dal cancro il diritto, se non di dimenticare la sofferenza attraversata, almeno di non dover più fornire informazioni né subire indagini in merito alla propria pregressa condizione. Di andare oltre.

Perrone a Trieste Next, il presidente Aiom interviene sul diritto all'oblio onclogico

Se fosse diventata legge già quindici anni fa, quando poté dirsi per la prima volta guarito – ma sempre recidivo – dal linfoma di Hodgkin, il giurista e scrittore Giacomo Cardaci avrebbe potuto, ad esempio, chiedere molto prima un mutuo per una casa, ottenere una polizza privata sulla vita o, almeno in linea teorica – perché alle persone omosessuali in Italia non è concesso – adottare un bambino: tutti diritti ai quali per anni gli ex malati oncologici non hanno potuto accedere.

«La malattia, nella mia vita, non è stata solo un evento medico, ma anche giuridico: ha ammorbidito, e limitato, la sfera dei diritti», ha raccontato Cardaci, che nella Sala Colonne di piazza Unità ha preso parte all’incontro “Cittadini al centro: i diritti dei pazienti oncologici” in dialogo con Francesco Perrone, presidente di Aiom – Associazione italiana oncologia medica, invitati sul palco di Trieste Next da Fondazione Airc e moderati dal giornalista del Piccolo Gianpaolo Sarti.

Il valore della legge sull’oblio «va oltre quello amministrativo», si raccorda Perrone, ma attiene a quello umano, nella possibilità di lenire quelle «cicatrici invisibili» che ogni ex paziente oncologico porta con sé: perché al di là delle terapie, sempre più avanzate, «permangono difficoltà da parte delle persone a percepirsi definitivamente guarite». Tra queste difficoltà c’è, o c’era anche il sentirsi obbligati a raccontare della propria malattia anche a distanza di anni: un obbligo che non di rado in molti ha comportato danni economici, lavorativi, psicologici. «Eppure – osserva Perrone – è impossibile contare in quanti, per strada tra gli stand, abbiano avuto e siano guariti dal cancro: i guariti si contano nelle statistiche, è loro diritto andare oltre».

L’oblio oncologico lo ha permesso, o quanto meno ha aperto un varco, ma nonostante il «buono stato di salute» dei diritti dei pazienti, e le importanti conquiste recenti, restano ancora tanti passi da percorrere per raggiungere una società che possa dirsi realmente inclusiva, che metta al centro la salute della persona senza discriminazioni.

Perrone e Cardaci, medico e paziente, ne dialogano, fanno esempi di vite curate e di vita vissuta: ad esempio la necessità di garantire il sostegno psicologico alle persone che stanno affrontando una terapia, o il diritto alla diagnosi precoce, legato all’organizzazione del sistema sanitario. E poi l’accesso alle cure per persone migranti, non italofone o transgenere, per le quali ancora esistono difficoltà procedurali e operative che tendono a restringere il perimetro dei loro diritti: anche quello alla cura. —

f.c.

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