Coca, sesso e alcol: un’intera notte con le baby gang
Minorenni, sogni infranti, sballo completo: uno scenario che riflette una crisi generazionale diffusa. «Ho fatto una rapina anche con la pistola, non è difficile procurarsela. Un mio amico si è preso perfino un kalashnikov». Il nostro viaggio nelle baby gang trevigiane
Tè alla pesca per la bocca impastata dalle canne, liquore Malibu dopo una sniffata di cocaina, il sesso nel parco giochi dietro la piazza. Le rime della musica trap come colonna sonora. «Vieni bro’, è il tuo turno per scopare».
Thomas il bulgaro, 19 anni, di Casale sul Sile, si allontana baldanzoso in questa staffetta con il suo amico Grig, dominicano sedicenne, giunto da Verona per il sabato pomeriggio. «Qui ci si diverte, si può fare di tutto. Prima gli sbirri mi hanno dato una multa da 150 euro perché bevevo liquore per strada, ma l’ho bruciata appena hanno girato l’angolo».
Una notte di follie
E l’angolo lo gira anche Thomas, tenendo per mano la ragazzina che poco prima è stata con l’amico. Se non fosse per le rime graffianti della musica dei giovani, sparata a palla dalle casse dalla pista di pattinaggio e dagli altoparlanti portatili collegati ai telefonini, questo di piazza Borsa a Treviso sembrerebbe uno scorcio da villaggio Lemax. Ma le miniature del Natale c’entrano poco o nulla con la generazione che preoccupa le istituzioni e riempie le cronache dei giornali.
Una decina di giorni fa, non molto lontano da questo spazio di socialità, Francesco Favaretto è stato pestato e sgozzato per una storia di droga. Tra i vicoli del centro storico non c’è commerciante che non abbia il suo personale racconto di degrado.
Di certo ce l’hanno commesse e commessi del supermercato Pam Panorama di via Pescatori, con le enormi vetrate come un maxischermo su questo spaccato generazionale. «Questa delle baby gang sono tutte cazzate», dice Ioan, dita delle mani e collo tatuati, mentre invita gli amici del gruppo a fare poca confusione, così da consentirgli di parlare.
Loro le bollano così, come cazzate, bocciando in un istante le categorie del mondo adulto. «Qui ci si picchia perché magari uno ti guarda storto, ma non c’è una logica di bande. Succede perché siamo tutti qua, tra piazza o stazione».
Le storie della notte
Intorno a lui c’è chi continua a fumare, chi estrae da dentro il bomber la bottiglia di liquore Malibu, superalcolico dolcissimo al gusto di cocco. Fa 21 gradi ma forse quella bottiglia gira semplicemente perché quella sono riusciti a rubare.
Grig il dominicano si avvicina dopo il suo dolce incontro tra le giostrine del parco dietro piazza Borsa. Si accende una sigaretta e attacca a parlare.
«Vedi bro’, voi volete capire perché ci comportiamo così ma non sapete nulla delle nostre vite». Indossa un paio di Nike Jordan, i pantaloni di una tuta Adidas e un piumino con il cappuccio rivestito di pelo. È la “divisa” dei maranza. «Io abito a Verona, a Borgo Roma. Avete presente Borgo Roma, no?».
Borgo Roma a Verona è un quartiere di frontiera, a soli tre chilometri in linea d’aria da piazza Bra ma a una distanza sociale incolmabile. «Io mi sono fatto sei mesi di galera», dice Grig divorando la sua sigaretta. Galera a 16 anni? Perché? «Rapina bro’».
Che tipo di rapine? Nei negozi? Ai coetanei? «Ogni tipo di rapina. Mi vedi, no? A me piace vestirmi bene e la roba costa un sacco di soldi. Se resto a secco, da qualche parte me li prendo». A Milano direbbero che è uno dei latinos, qui a Treviso è semplicemente un maranza insieme a tanti altri giovani di seconda generazione.
I sogni di questi ragazzi
«Ho fatto una rapina anche con la pistola, non è difficile procurarsela. Un mio amico si è preso perfino un kalashnikov». Grig ascolta la musica rap, il compaesano Jamil è uno dei suoi idoli musicali. Vorrebbe diventare come lui e infatti ha il telefonino pieno di testi auto prodotti. «Ho iniziato durante i mesi in carcere e adesso continuo, magari un giorno riuscirò a produrre qualche brano».
Inizia a leggerne uno, cantandolo con tutte le sue rime, con il suo carico di sofferenza. “mi importa dei soldi non mi importa del successo; cresciuto senza una madre va bene lo stesso; occhi pieni di rabbia per questo che voglio cambiare; ma è sempre la solita storia non so come fare”.
Nel frattempo torna anche Thomas il bulgaro, due giovani africani gli danno il cinque, lui cammina leggero.
«Per me questo sarà il primo Natale con tutta la famiglia, perché mio padre in casa non c’è mai stato», dice, provando a raccontare il suo disagio. «Mia madre mi ha aiutato pagandomi la scuola professionale e adesso che lavoro voglio essere io ad aiutare lei».
Thomas si vanta per la sua cultura musicale, cita qualche brano dei Doors e dice di non apprezzare i trapper come Baby Touché o Simba la Rue. «Però una volta abbiamo fatto serata insieme, ha pagato tutto Touché, eravamo più di 50 persone».
Sotto gli occhi di tutti
Sotto il portico del Pam ci sono quattro giovani africani. Ballano e cantano. Avranno sì e no 15 anni. Ma sentire cos’hanno da dire non si può, perché subito si avvicina un ragazzo sulla ventina e zittisce tutti.
“Media statura, caucasico”, scriverebbero nei rapporti di polizia. In piazza Borsa a Treviso deve essere una specie di boss, forse uno di quelli che gestiscono i cosiddetti “cavallini”, ragazzetti che vanno da una parte all’altra della città a consegnare le dosi di droga. L’obbedienza in cambio di un lavoro remunerativo.
È Treviso ma potrebbe essere piazza Garibaldi a Padova, oppure Marghera, o parco Città di Bologna a Belluno. Il sistema è lo stesso, le nevrosi degli adolescenti pure.
Quando è sera Nadia, che guida i pullman di linea Mom, li osserva mentre si spintonano in stazione dopo un pomeriggio passato a bere, fumare e sniffare. Alcuni salgono sul bus per tornare a casa, con i pantaloni larghi a scendere e le mutande in bella vista.
«Sarà una serata complicata», dice l’autista. L’ennesima serata complicata.
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