Video con Hezbollah, artista cacciato: Biennale di Venezia a rischio per l’Australia
L’opera del 2007 di Khaled Sabsabi parlava del leader sciita Nasrallah: l’anno scorso il Paese si portò a casa il Leone d’Oro per l’Arte, nell’edizione 2026 il padiglione potrebbe restare vuoto

Lo scorso anno l’artista del Queensland Archie Moore è stato il primo australiano a vincere il Leone d’Oro della Biennale Arte per la migliore partecipazione nazionale. A conquistare i giurati era stata l’opera “Kith and kin”, un allestimento ispirato all’eredità aborigena realizzato disegnando a mano con il gesso, per mesi, un monumentale albero genealogico della comunità.
Di Australia si torna oggi a parlare, in vista dell’edizione Arte 2026 curata da Koyo Kouoh, per un caso - per alcuni quotidiani australiani un vero e proprio scandalo - scoppiato a Canberra con ripercussioni sulla comunità artistica internazionale. Tanto che il prossimo anno, azzardano alcuni commentatori, il padiglione australiano potrebbe addirittura restare vuoto.
Alcuni giorni fa infatti il Paese ha deciso di ritirare, tra polemiche, accuse di censura e di ingerenze politiche, l’artista che aveva individuato per rappresentarlo a Venezia: Khaled Sabsabi. Con lui è stato richiamato anche il curatore Michael Dagostino.

La rimozione della coppia artistica da parte di Creative Australia - il Consiglio australiano per le arti - è arrivata, nei giorni scorsi, dopo le accuse mosse nei confronti di Sabsabi dal quotidiano conservatore The Australian di Rupert Murdoch e da Claire Chandler, ministro ombra (in Australia c’è un governo ombra composto dai rappresentanti delle opposizioni, ndr) delle Arti del Partito Liberale. Nei suoi lavori l’artista libanese-australiano si occupa di identità culturale, memoria e geopolitica lavorando su suoni e immagini.
La sua partecipazione a Venezia è finita sotto accusa per due motivi. Il principale riguarda una video-installazione del 2007 dal titolo “You” che ha come protagonista Hassan Nasrallah (ucciso a fine settembre del 2024 in un attacco israeliano in Libano, ndr) lo storico leader sciita di Hezbollah la cui ala militare è nella lista delle organizzazioni terroristiche dell’Ue e degli Stati Uniti. L’opera è tuttora nel catalogo del Museum of Contemporary Art: nel video, manipolato con fasci di luce che irradiano dal leader di Hezbollah, il volto e le parole di Nasrallah si sdoppiano e si moltiplicano.
In un commento che presenta l’installazione si spiega che l’uso di immagini moltiplicate del leader spirituale sciita è «volutamente ambiguo» per giocare sulle paure dell’Occidente e l’onnipresenza dei mezzi di informazione capaci di «divinizzare o demonizzare». Una rappresentazione quanto meno «discutibile», per il quotidiano The Australian, che ha lanciato la campagna. Anche il ministro delle Arti, Tony Burke, ha dichiarato il suo choc «nel vedere alcune delle opere», precisando di «non essere stato coinvolto» nella decisione che portato Creative Australia a scegliere Sabsabi.
A rinvigorire la polemica politica, che ha investito anche il Senato, anche il fatto che nel 2022 Sabsadi decise, con altri autori, di ritirarsi dal Festival di Sidney come segno di protesta contro l’accordo di sponsorizzazione con l’ambasciata israeliana. Una serie di polemiche che hanno portato il Consiglio delle Arti australiane a ritirare l’incarico a Sabsabi provocando le proteste di molti artisti per aver ceduto alle pressioni della politica e non aver difeso la libertà dell’artista.
Nella stessa Creative Australia ci sono state già alcune dimissioni. Altri artisti che erano stati in precedenza selezionati per partecipare alla Biennale di Venezia hanno scritto a Creative Australia chiedendo il reintegro della coppia artistica composta da Sabsabi e Dagostino. Anche i due diretti interessati hanno deciso di rompere il silenzio.
«Siamo molto colpiti e delusi per la decisione del Consiglio di Creative Australia di ritirare la nostra presenza alla Biennale di Venezia, per rappresentare l’Australia. Intendevamo presentare a Venezia un’opera di trasformazione, un’esperienza che unisse tutti gli spettatori in uno spazio condiviso aperto e sicuro. Questo riflette e si basa sul lavoro che abbiamo fatto per decenni e che faremo per molti altri». E ancora: «L’arte non dovrebbe essere censurata. Gli artisti hanno il compito di riflettere il mondo e il tempo in cui vivono. Ritirare la mia partecipazione sulla base di una lettura politica del mio lavoro è un errore che minaccia l’integrità della pratica artistica».
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