La crisi del lusso nel cuore di Venezia: il caso Fondaco dei Tedeschi

Dopo otto anni chiude il tempio del lusso veneziano, a un passo da Rialto. Un buco di cento milioni di euro ha portato alla decisione irrevocabile di Dfs, con il conseguente licenziamento di 226 dipendenti. Ecco i motivi che hanno portato alla decisione di abbassare la saracinesca:  incredibilmente, mancano i turisti

Maria Ducoli, Eugenio Pendolini e Enrico Tantucci

La crisi dell’essenza stessa del lusso: 65 boutique di griffe da sogno, incastonate nell’architettura storica di Venezia, a due passi da Rialto.

Dopo otto anni chiude il Fondaco dei Tedeschi, con il conseguente licenziamento dei 226 dipendenti.

Per sopravvivere alla crisi non è bastato alle griffe più blasonate una vetrina imponente e unica come quella veneziana. Incredibilmente, a Venezia mancano deii turisti, ma quelli delle aree asiatiche, il bacino d’elezione dei clienti del Fondaco, che abbasserà la saracinesca a metà 2025

La società Dfs Italia, che ha in gestione l'enorme punto vendita di quattro piano all'interno dell'ex sede centrale delle Poste nel sestiere di San Marco, ha comunicato nella mattinata del 14 novembre alle organizzazioni sindacali l'intenzione di chiudere.

Da tempo, infatti, si rincorrono voci di chiusura a causa di bilanci costantemente deficitari e di difficoltà nel mantenere un modello di business rivolto soprattutto al mercato turistico orientale e che però, negli ultimi anni, non ha dato i suoi frutti.

Il negozio chiuderà dopo i primi sei mesi del prossimo anno, poi ci vorranno altri tre mesi per il suo disallestimento.

La holding Regia di Sabrina Benetton, proprietaria dell'immobile acquistato dal Demanio nel 2008, che ha ricevuto la disdetta di punto in bianco, senza alcuna richiesta di rivedere le condizioni del contratto, avrà meno di un anno per cercare un nuovo gestore .

Dell'imminente chiusura è stato informato anche il Comune di Venezia. L'assessore alla coesione sociale, Simone Venturini, ha già espresso grande preoccupazione a nome dell'amministrazione comunale per il futuro dei lavoratori. I rappresentanti sindacali sono già stati convocati.

«Eravamo riuniti in Giunta quando abbiamo appreso con grande disappunto e preoccupazione della decisione di Dfs Group di cessare tutte le sue attività commerciali in Italia», spiega l'assessore Venturini, «ciò comporta la chiusura dell'attività che Dfs ha all'interno del Fontego dei Tedeschi. Una scelta che, se confermata, avrà un impatto drammatico per 226 persone, oltre all'indotto, del nostro territorio e per le loro famiglie.

I dipendenti di Dfs non sono solo numeri, sono persone che, con il loro lavoro, contribuiscono a rendere Venezia la città unica che conosciamo e amiamo.  Stiamo parlando di persone, di famiglie e non di numeri.

D'intesa col sindaco Luigi Brugnaro, ho convocato urgentemente le organizzazioni sindacali per fare il punto della situazione, mettendo al centro la salvaguardia del percorso professionale dei dipendenti in questo momento difficile».

Il tempio del lusso, aperto nel 2016

Il Fondaco dei Tedeschi
Il Fondaco dei Tedeschi

L'apertura del T Fondaco, questo il nome del centro commerciale, risale al 2016.

Al suo interno ci sono 65 boutique di griffe che si snodano lungo i portici dei tre piani che si aprono sul cortile dell'edificio, che ha mantenuto la sua struttura cinquecentesca, animata però da scale mobili rosso fuoco per salire e scale scintillanti di bagliori d'oro per scendere, con una terrazza tutta nuova con una vista mozzafiato dal tetto più alto della città.

Il gruppo Dfs è un rivenditore di prodotti di lusso con sede a Hong Kong.

Fondata nel 1960, la sua rete è composta da oltre 420 punti vendita, compresi i duty free shop in 13 aeroporti internazionali e 23 negozi Galleria del centro, oltre a sedi affiliate e resort. Dfs fa parte del colosso del lusso Lvmh.

Il bilancio in rosso

Negli ultimi cinque anni, le perdite registrate dalla società Dfs si attestano a oltre cento milioni di euro. Oltre 30 milioni in meno sia nel 2020 che nel 2021, gli anni più duri della pandemia che hanno visto lo stop del turismo.

La situazione è migliorata, ma di poco, nel 2022, quando sono stati persi oltre 24 milioni, a cui vanno aggiunti altri sei milioni nel 2023.

Poi la mazzata finale, nel 2024, anno in cui a fine ottobre la perdita ha toccato quota 17 milioni e 300mila euro.

«La situazione qui descritta» si legge nella comunicazione di licenziamento collettivo, inviata dall'azienda alla Regione Veneto, all'Ispettorato del lavoro e ai sindacati, «ha determinato la grave e irrevocabile decisione di cessare definitivamente l'attività aziendale, da cui deriva l'esubero di tutto il personale dipendente dalla società».

Le perdite vengono ricondotte interamente al Covid e «nonostante il graduale ritorno in Italia a una situazione sociale e sanitaria ante pandemia, la situazione di difficoltà si è protratta anche nel 2022, a causa della perdurante e significativa riduzione del turismo proveniente dalle aree asiatiche, che rappresenta la maggior parte della clientela di beni personali di lusso» spiega ancora la proprietà.

Il Fondaco dei Tedeschi chiuderà nel 2025
Il Fondaco dei Tedeschi chiuderà nel 2025

Accanto ai motivi economici, subentrano poi anche quelli tecnici, organizzativi e produttivi che «non consentono soluzioni alternative idonee a evitare il licenziamento collettivo del personale».

Dfs, infatti, spiega come il numero di esuberi riguardi tutti i dipendenti, ben 226, dal momento in cui la decisione di cessare l'attività è definitiva e integrale, «non essendo ipotizzabile un mantenimento della struttura esistente e non essendo ravvisabili misure temporanee atte a rimandare la riorganizzazione».

Alternative, dunque, non ce ne sono e la società ha dichiarato che non tornerà sui propri passi, visto il continuo aggravarsi della situazione economica, insostenibile da portare avanti ancora per altri anni, dopo un periodo già costellato dalle difficoltà.

La reazione dei sindacati

 

Una bomba a ciel sereno, prossima a trasformarsi in bomba sociale. Così Nicola Pegoraro della Cisl Fisascat ha commentato  la notizia della chiusura del Fondaco dei Tedeschi. Segnali di difficoltà erano già emersi negli anni scorsi «quando c'erano stati diversi licenziamenti, degli inviti ad andarsene, più che altro» aggiunge Pegoraro. Un esito impensabile anche per il senatore Fdi Raffaele Speranzon: «Inaccettabile che Dfs possa comportarsi così, è uno sfregio nei confronti dell'intera città».

Anche per il dem Giuseppe Saccà è «l'ennesimo segnale d'allarme per Venezia».

Tutti sapevano delle difficoltà, di quei cento milioni di euro persi in cinque anni, della batosta della pandemia, mai superata, ma nessuno immaginava un epilogo del genere.

«Credevamo di essere stati convocati per una riduzione degli spazi, non certo per un licenziamento collettivo» conferma Fabio Marchiori (Uiltucs), «anche perché l'azienda ci ha sempre detto che la casa madre credeva e supportava Venezia, quindi non pensavamo certo di arrivare a tanto».

 Vista la situazione, Cgil, Cisl e Uil mettono le mani avanti e intendono chiedere alla Regione quale sia la situazione degli altri marchi, visto che quella in corso sembra essere una vera e propria crisi del lusso.

Cosa ne sarà dell'edificio situato nel cuore della città? Per Boato è presto per pensare ad una soluzione alternativa. Marchiori non è molto ottimista e pensa che il Fondaco potrà seguire a ruota il non troppo distante palazzo dell'ex Coin Excelsior, rimasto vuoto per oltre sei anni

La storia del Fondaco dei Tedeschi

Il Fondaco dei Tedeschi dalla terrazza sul Canal Grande di notte

Sorto addirittura nel Duecento, e poi ricostruito all'inizio del Cinquecento dopo un incendio devastante, come punto d'approdo delle merci trasportate da mercanti tedeschi.

Divenuto alla fine dell'Ottocento sede delle Poste Centrali di Rialto, con profonde modifiche strutturali.

Ceduto nel 2008 al Gruppo Benetton per 53 milioni di euro, sottoposto a un nuovo intervento di recupero statico e funzionale, sotto la direzione artistica dell'archistar olandese Rem Koolhaas, per la sua riconversione in centro commerciale, dotato anche di un polo culturale, aperto al pubblico il primo ottobre 2016, sotto il marchio di Dfs (Duty Free Shop), la società controllata dal gruppo Lvmh di Bernard Arnault, leader mondiale della vendita di prodotti di alta qualità ai viaggiatori internazionali, che l'ha preso in affitto da Edizione, la società immobiliare del gruppo di Ponzano.

È questa la storia, in pillole, del Fondaco dei Tedeschi che sembra ora interrompersi un'altra volta, bruscamente, con un futuro ancora tutto da definire.

Il palazzo più grande di Venezia dopo il Ducale, affacciato sul Canal Grande, ornato un tempo sulle facciate esterna e interna dagli affreschi di Giorgione e Tiziano è stato per anni oggetto di discussione e di dibattito in città prima della sua riapertura come magazzino del lusso, dopo che le Poste avevano ormai ridotto al minimo la sua presenza e l'avevano ceduto al gruppo Benetton.

Con la forte opposizioni delle associazioni ambientaliste, Italia Nostra in testa, al progetto di Koolhaas (nome suggerito ai Benetton dall'allora sindaco Massimo Cacciari), in particolare per la grande terrazza panoramica ricavata sul tetto dell'edificio, con vista straordinaria sul ponte di Rialto, il Canal Grande e lo skyline dell'intera città.

Doveva essere inizialmente una terrazza-bar e ristorante, ma dopo ricorsi e polemiche, la Soprintendenza veneziana aveva infine concesso la realizzazione di una sola terrazza-altana per la sosta in piedi, fino ad oggi meta di molti turisti di passaggio a Venezia.

Progressivamente, con l'apertura di T Fondaco Dfs, questo il nuovo nome assunto dall'edificio, le polemiche si erano spente.

Il palazzo, anche con l'apertura di un marchio prestigioso della ristorazione come Amo di Alajmo al piano terra, nella corte centrale, era entrato nell'immaginario collettivo di veneziani e turisti anche nella nuova versione, popolato spesso da lunghe comitive di turisti orientali, lo zoccolo duro di Dfs, che vagavano tra le decine e decine di boutique ammassate nei piani superiori.

Con l'immancabile sosta nella terrazza-altana per le foto di rito, previa prenotazione, viste le code. Contemporaneamente all'ultimo piano, come anche negli accordi raggiunti a suo tempo dal Comune di Venezia per il via libera alla Variante di trasformazione, si concentravano anche una serie di attività culturali di ottimo livello. Mostre, presentazioni di libri, dibattiti, piccoli concerti.

Insomma, il nuovo Fondaco era stato accettato dalla città come il fatto che nell'edificio fosse tornata un po' di vita dopo i lunghi anni di abbandono seguiti all'ultima fase di gestione delle Poste, che ormai utilizzava solo una porzione minimale del palazzo.

Poi è arrivata la "gelata" del Covid che ha spento per circa due anni tutte le principali attività commerciali di Venezia compreso il Fondaco. Che richiedeva però alti numeri di presenze per funzionare, considerato anche il target economico piuttosto alto a cui si rivolgeva per la sua clientela. E non ha retto.

Ora starà a Benetton trovare in fretta un rimpiazzo all'altezza che prenda in gestione il costoso "giocattolo" commerciale, ma non sarà facile, dati anche gli alti costi di gestione, a cominciare dall'affitto, e la redditività dimostratasi finora deficitaria.

Il rischio è che altrimenti il Fondaco dei Tedeschi diventi una cattedrale nel deserto comunque piuttosto affollato di Rialto, come è avvenuto per anni per Coin prima della recente riapertura di Ovs. Ma in questo caso le cose sembrano molto più difficili.

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