La strana storia di Yacht A, sotto sequestro nel golfo di Trieste da due anni e mezzo
Dal marzo 2022 la nave a vela più grande del mondo è bloccata in rada: sequestrata a un oligarca bielorusso finito in blacklist per la vicinanza a Putin, le spese di mantenimento… le paghiamo noi italiani
Da due anni e mezzo è diventato parte integrante del panorama del golfo di Trieste, una sorta di centro gravitazionale in cui convergono tutti gli sguardi, assieme a una buona dose di polemiche e sentimenti contrastanti: dalla rabbia (per le spese di mantenimento a carico dello Stato italiano) allo stupore (per le sue dimensioni imponenti) toccando perfino la nostalgia.
Si tratta del Sailor Yacht “A” - iniziale di Aleksandra (Nicolic, l’ex modella e pop star serba, moglie di Andrey Melnichenko, a cui è dedicato ndr) -, la nave a vela più grande del mondo, letteralmente bloccata in rada a Trieste dalla notte tra l’11 e il 12 marzo del 2022, quando gli uomini della Guardia di Finanza hanno sottoposto l’imbarcazione a congelamento amministrativo.
In quell’anno, il suo proprietario, l’oligarca di origini bielorusse Andrey Igorevich Melnichenko (uno dei 100 uomini più ricchi al mondo con un patrimonio netto stimato 25 miliardi di dollari, legato alle attività imprenditoriali nei settori dell’energia e dei fertilizzanti), è stato infatti inserito nella black list dell’Unione europea contenente i nomi degli oligarchi russi coinvolti più o meno direttamente nell’invasione dell’Ucraina decisa dal presidente Vladimir Putin.
Da quel lontano giorno lo yacht è stato sottratto alla disponibilità del proprietario e sottoposto alla gestione e al controllo diretto da parte dello Stato italiano, che ora però è responsabile di ogni spesa di mantenimento, sia per la nave che per l’equipaggio. Spese mai rese note, ma che secondo addetti ai lavori ed esperti del settore marittimo potrebbero realisticamente aggirarsi tra i 20 mila e i 30 mila euro al giorno.
Una nave da sogno
Con i suoi 143 metri, il Sy A è il veliero più grande mai costruito e la parte emersa dello scafo è alta quanto un palazzo di 8 piani su cui poggia un albero maestro di 90 metri: 30 piani. Le vele hanno la dimensione di un campo di calcio. Il sistema di controllo digitale è ad altissimo tasso di tecnologia.
E non mancano i “giocattoli”, come i 5 diversi tender dal design fantascientifico, fra cui un piccolo sottomarino. Per gustarsi i fondali, c’è pure una cabina interamente di vetro immersa alla base della chiglia. Roba da Jules Verne 4.0.
Ovviamente può solcare i mari anche a motore: il vascello è equipaggiato con due motori diesel da 3.600 kW e due elettrici da 4.300 kW.
Il super yacht, il cui nome “A” consente di risultare primo in tutti i registri, è rinomato non solo per le dimensioni imponenti, ma anche per gli interni sfarzosi affidati al design dell’archistar Philippe Starck: vetro, legno e specchi per le molte zone living e una scala a chiocciola in foglia d’argento per collegare gli 8 ponti e le 3 piscine presenti.
Sui siti web che si occupano delle navi dei ricconi, il Sy A è un ospite fisso e non mancano filmati che ne mostrano il gusto per un lusso elegante, che non resiste a usare dettagli in pelle di coccodrillo o spendere 40 mila dollari per un singolo rubinetto. Alle sette cabine per gli ospiti si accede con l’impronta digitale, ma soltanto la cabina personale di Melnichenko ha vetri letteralmente a prova di bomba e letto girevole, che cambia posizione automaticamente a seconda dell'alba o del tramonto.
A bordo si può (o per meglio dire si poteva) arrivare in elicottero. Un accosto da film a un’imbarcazione dal design estremo, che per forma e colore ricorda una nave da guerra.
Perché si trova a Trieste
Al momento dello scoppio della guerra in Ucraina “A” era ricoverata per le cure stagionali nel bacino dell’Arsenale di Trieste. Melnichenko aveva chiesto a Fincantieri di ultimare le lavorazioni in corso, con l’intenzione di lasciare rapidamente l’arsenale triestino proprio per evitare le sanzioni dopo lo scoppio della guerra in Ucraina, ma poco dopo è arrivato il “congelamento” dalla Guardia di Finanza.
La disputa
Sulla proprietà dello yacht è aperta una lunga disputa giudiziaria: secondo le autorità italiane il trialbero da 530 milioni è riconducibile, appunto, agli interessi dell’oligarca. Secondo Melnichenko no: era stato lui stesso, attraverso un portavoce, a far sapere al Piccolo di non avere nulla a che fare con lo yacht, che oggi «appartiene a un trust gestito da un fiduciario indipendente», che con lui «non ha alcuna relazione».
Un dettaglio non irrilevante, sul quale si sta giocando una battaglia legale che vede da una parte, lo Stato italiano, e dall’altra la proprietà, rappresentata da due grandi studi legali internazionali.
Il costo del mantenimento e della sorveglianza del mega yacht, intanto, è interamente a carico dello Stato, in capo all’Agenzia del demanio, che gestisce il dossier nel massimo riserbo. L’unica cosa emersa sin qui è che lo Stato, a guerra finita, intende farsi restituire il denaro speso sin qui per la manutenzione.
Nuovo simbolo triestino
In attesa che la situazione di stallo si blocchi, in questi 30 mesi i tre alberi dello Yacht A sono diventati una sorta di attrazione turistica per Trieste, a cui almeno una parte dei triestini ha iniziato ad affezionarsi: ogni volta che l’imponente sagoma scompare dall’orizzonte del golfo, infatti, la curiosità si scatena in particolare sui social network, con un profluvio di domande e di fotografie allusive.
Così quando anche nei giorni scorsi, dalle Rive o dal litorale di Barcola, non si scorgeva più il suo profilo grigio in lontananza, è rimbalzato un po’ ovunque l’interrogativo: dov’è finito il “nostro” mega yacht A?
L’aggettivo “nostro” ironicamente speso da alcuni triestini per riferirsi allo yacht A ha anche un altro pregio, perché ripropone indirettamente la questione, tutt’ora aperta, dell’amministrazione economica del panfilo, vera nota dolente della vicenda.
La scheda tecnica
Cantiere: Kiel
Costruttore: Nobiskrug
Architettura navale: Nobiskrug & Dykstra Naval Architects
Design esterno: Philippe Stark
Decorazione interna: Philippe Starck
Propulsore diesel: due motori MTU 20V 4000 M73L 2.050 rpm 3.600
Propulsore elettrico: quattro generatori 14.050–24.050 rpm 2.800 che guidano due motori dell'albero in linea Vacon 4.300
Trasmissione: cambio diesel-elettrico sovrapponibile / frizionato comandato da sistemi DEIF
Propulsione: albero in linea a passo variabile a 5 pale con doppia vite Andritz Hydro / Escher Wyss & Cie
Trattamento delle emissioni: emigreen, 4 × filtro antiparticolato diesel (filtrazione fuliggine) su generatori diesel
Riproduzione riservata © il Nord Est