Nuove cure per Hiv e malattie autoimmuni: le scoperte più importanti del 2024 in campo medico

I nuovi studi indicano che la soluzione potrebbe essere completamente diversa dagli approcci convenzionali inseguiti per anni: è l’ennesima dimostrazione che molto spesso la soluzione dei problemi viene dal pensiero laterale, quello “out-of-the-box”

Mauro Giacca
Il virus Hiv
Il virus Hiv

Due importanti novità si contendono il primato della scoperta dell’anno per la medicina nel 2024. La prima riguarda un nuovo farmaco che potrebbe cambiare la strategia con cui combattere la diffusione di Hiv. Secondo l’Oms, più di 40 milioni di persone al mondo oggi convivono con Hiv, con più di 630 morti e oltre 1 milione di nuove infezioni ogni anno. Per prevenire l’infezione un vaccino sembra ancora fuori portata.

Nel giugno 2024 sono stati pubblicati i risultati di uno studio condotto in Sudafrica e Uganda su oltre 5.300 ragazze adolescenti e giovani donne. A metà dei partecipanti allo studio era stato somministrato un nuovo farmaco, il lenacapavir, una singola pastiglia ogni 6 mesi. L’altra metà era stata trattata con farmaci anti-Hiv più tradizionali.

Mauro Giacca. Foto Silvano
Mauro Giacca. Foto Silvano

Dopo un anno, nessuna delle donne che avevano ricevuto il lenacapavir era risultata infettata, al contrario di 50 delle donne che avevano ricevuto il trattamento convenzionale e più di 500 donne che non avevano ricevuto nessuna terapia.

L’efficacia del lenacapavir è stata così smaccatamente elevata che la sperimentazione è stata interrotta anzitempo. Troppo bello per essere vero, aveva detto qualcuno. Per essere però poi smentito solo 3 mesi più tardi, quando un altro studio dello stesso tipo in uomini e donne che avevano rapporti sessuali con uomini, condotto in 4 continenti, aveva anch’esso riportato un’efficacia del 99.9% del lenacapavir nel prevenire l’infezione.

In Africa, la strategia per bloccare l’epidemia da Hiv potrebbe essere proprio quella di fornire alle giovani donne una barriera farmacologica facile da somministrare, a basso costo e molto efficace. Lo stesso vale per le popolazioni a rischio nella nostra società. A differenza di altri farmaci contro Hiv, che si basano sull’inibizione di una proteina essenziale per il ciclo vitale del virus, la trascrittasi inversa, il lenacapavir ha come bersaglio la struttura del virus stesso, e quindi agisce in tempi più rapidi dopo l’entrata del virus nelle cellule, impedendo che l’infezione inizi.

Il problema da risolvere rimane quello dell’accessibilità: negli Stati Uniti, dove il lenacapavir è in vendita per la terapia dei pazienti già infettati, il costo del farmaco è di circa 43 mila dollari all’anno. I risultati di questi nuovi studi rinforzano l’imperativo morale di ridurre questi costi in modo che il farmaco possa essere distribuito anche nei paesi più poveri.

La seconda scoperta importante del 2024 viene da un mondo completamente diverso, quello delle malattie autoimmuni, in cui il sistema immunitario si rivolta in maniera aberrante contro gli organi di un individuo. Il lupus, l’artrite reumatoide, la sclerosi multipla, il diabete giovanile e molte altre sono malattie problematiche per la loro evoluzione e difficili da mantenere sotto controllo con i farmaci attualmente disponibili.

La nuova terapia ora sviluppata è ispirata alla rivoluzionaria terapia per i tumori basata sull’infusione di cellule Car-T e utilizzata, con risultati straordinari, nei pazienti con leucemie e linfomi dovuti alla trasformazione maligna dei linfociti B, le cellule che producono gli anticorpi.

Dai pazienti con queste malattie vengono prelevati i linfociti T, in grado di uccidere altre cellule, e al loro interno viene inserito, utilizzando un vettore virale, un recettore sintetico (il Car-T) che le re-indirizza a riconoscere e distruggere i cugini linfociti B diventati maligni. Introdotta una decina di anni fa, la terapia con Car-T ha avuto un successo straordinario, curando ormai centinaia di pazienti in tutto il mondo da tumori che non avevano alcuna speranza di remissione.

Lo stesso approccio basato sulla distruzione delle cellule che producono gli anticorpi è stato ora utilizzato per curare le malattie autoimmuni. Già a dicembre 2023 un team di ricercatori in Germania aveva riportato una serie di risultati spettacolari in 15 pazienti con il lupus e altre malattie analoghe. A metà del 2024, poi, il team di Huji Xu, a Shangai, ha addirittura ingegnerizzato i linfociti T di un donatore, eliminando anche i geni che porterebbero al rigetto di queste cellule una volta trapiantate.

Quest’ultimo risultato è valso a Xu l’inclusione tra i 10 scienziati più influenti del 2024, visto che l’uso di linfociti da donatori per curare le malattie autoimmuni potrebbe aprire le porte a terapie di facile produzione e somministrazione, senza il bisogno di ricorrere alla re-infusione di cellule ottenute dai pazienti stessi.

Entrambe le scoperte meritano una riflessione. Per anni ci siamo accaniti, da un lato, a disegnare un vaccino contro Hiv senza riuscirci, a causa delle caratteristiche particolari di questo virus, e dall’altro a bloccare il sistema immunitario impazzito nelle malattie autoimmuni. In entrambi i casi, i nuovi studi indicano che la soluzione potrebbe essere completamente diversa: un farmaco per la prevenzione di Hiv e una terapia a base di cellule infuse per le malattie autoimmuni.

È l’ennesima dimostrazione che molto spesso la soluzione dei problemi viene dal pensiero laterale, quello “out-of-the-box”, anziché dal perfezionamento di approcci convenzionali. —

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