Non c’è più il bandito di una volta: cosa ci fa Renato Vallanzasca a Padova
Il Bel Renè ha 74 anni ed è stato in carcere 52 anni: ora soffre di demenza ed è stato trasferito in una Rsa di Rubano. «Non evaderà più ve lo assicuro» dice il suo avvocato

Il re della mala milanese, Renato Vallanzasca, 74 anni, è arrivato negli scorsi giorni all’Opsa di Sarmeola di Rubano in provincia di Padova. Nonostante un’iniziale preoccupazione da parte di alcuni professionisti dell’Rsa diocesana, nella struttura padovana sconterà in regime domiciliare il resto della pena per sei omicidi, numerose rapine e sequestri per i quali è stato condannato: quattro ergastoli e 295 anni di reclusione, di cui ha ne già scontati 52.
«Dipanati gli aspetti burocratici, che hanno richiesto molto più tempo del previsto, si è riusciti a concludere l’iter con il trasferimento di Vallanzasca nella casa di riposo di Sarmeola, dove riceverà cure dignitose per le condizioni di malattia in cui si trova», spiega uno dei legali del boss della Comasina, l’avvocato Corrado Limentani.
Di quel boss, terrore della Milano degli anni Settanta, resterebbe ormai ben poco, ridotto a un fantasma del suo passato delittuoso per via di una forma avanzata di demenza. A stabilirlo, lo scorso settembre, è stato un team di medici, psicologi e psichiatri, sia del carcere di Bollate sia dell’Asl lombarda, e infine dell’Unità valutativa (UVMD) dell’Opsa. Che le sue condizioni neurologiche fossero in peggioramento era già noto: a giugno, infatti, il Tribunale di Sorveglianza di Milano gli aveva concesso 12 ore settimanali per recarsi in una comunità esterna alla struttura detentiva. «Si può quindi escludere l’ennesimo tentativo di evasione da parte di Vallanzasca», sostiene il legale.
Memorabile è, infatti, la fuga dall’ospedale Bassi di Milano nel 1976, dove era stato trasferito da San Vittore dopo aver contratto volontariamente l’epatite. Per ammalarsi, si era iniettato urina nelle vene e, approfittando della sorveglianza più lasca dell’ambiente ospedaliero, era riuscito a evadere.
«Rapido declino delle capacità cognitive»

«Il mio cliente, negli ultimi anni, sta vivendo un rapido declino delle capacità cognitive», spiega l’avvocato Limentani. «Ho avuto l’occasione di incontrarlo dieci giorni fa – prosegue – e l’ho visto molto provato». Stando al racconto del legale, Vallanzasca non avrebbe nemmeno chiaro il motivo del trasferimento, così come i possibili benefici, tanto sono gravi le sue condizioni.
«Penso che all’Opsa si troverà bene, ormai si è abituato agli ambienti ospedalieri», osserva Limentani, chiarendo: «Negli ultimi mesi Vallanzasca ha avuto anche un decadimento motorio e capitava spesso che fosse ricoverato nell’infermeria del carcere per contusioni. L’ospitalità all’Opsa è stata tutt’altro che scontata. A Milano abbiamo trovato molte porte chiuse».
L’arrivo di Vallanzasca è avvenuto in segreto la settimana scorsa, «per tutelare i 600 ospiti dell’Opsa e i loro familiari», spiega la casa di cura in una nota. In seguito all’annuncio dell’arrivo di uno dei criminali più efferati della storia italiana, c’è stata solo un’iniziale preoccupazione da parte di alcuni professionisti della struttura. Vallanzasca comunque affronterà un «percorso terapeutico e di assistenza centrati sui suoi bisogni, al pari degli altri ospiti».

L’ex bandito è ricoverato in uno dei nuclei residenziali per persone con decadimento cognitivo in fase molto avanzata, e l’inserimento sta avvenendo con successo. Non sarebbero state predisposte particolari misure di sicurezza, mentre è probabile che la polizia giudiziaria controlli periodicamente la presenza del boss. Anche se, come dice il legale, «la preoccupazione maggiore è che si perda in un corridoio. O che, cadendo, si possa far male».
I prossimi giorni i protocolli di sicurezza dell’Opsa di Rubano saranno redatti ad hoc per lui. Si tratta della prima volta nella storia della struttura, fondata nel 1960, che un detenuto viene accolto tra le sue mura. Non c’è da aspettarsi nessuna cella speciale o servizi di sorveglianza straordinari, ma è invece quasi certo che sarà inserito tra gli altri pazienti. L’Opera della Provvidenza è specializzata nel trattamento di persone affette da Alzheimer e demenza di cui soffre Vallanzasca: un quadro clinico accertato dai medici dell’ospedale Bollate di Milano.
Lo spettro del boss
Non è che uno spettro del criminale che fu cinquant’anni fa». Da alcuni anni al settantaquattrenne era stato concesso di uscire dal carcere per recarsi – sotto scorta – in una comunità di tossicodipendenti una volta alla settimana. «Era un’esperienza utile perché l’ambiente detentivo si stava facendo pesante sulle sue condizioni di salute», racconta il legale, «ma con l’aggravarsi del quadro clinico, la comunità è risultata insufficiente per accogliere tutte le sue necessità. Vallanzasca non è più autosufficiente, e ha bisogno di cure ventiquattr’ore su ventiquattro».
Perché Padova
Nel Milanese, dove il detenuto è recluso da oltre mezzo secolo, le strutture non hanno offerto accoglienza al boss, più che altro per carenza di posti letto. Poi, per caso, è nata l’ipotesi dell’Opsa di Rubano. «Conosco Nicola Boscoletto, della cooperativa Giotto, e durante una chiacchierata mi ha detto che a Padova c’è questa struttura specializzata in pazienti affetti da Alzheimer e demenza. Una volta presentata la richiesta in tribunale, gli scorsi giorni è stata verificata l’idoneità della struttura dai carabinieri».
A rallentare le procedure burocratiche, oltre alla competenza territoriale delle Asl, si è ripercossa anche l’assenza di un famigliare di Vallanzasca disposto a firmare i documenti. I rapporti dell’ex boss con il fratello Roberto e i figli si sono incrinati nel tempo: non si sentirebbero da almeno dieci anni. A firmare i documenti alla fine sarà un amministratore di sostegno. Le porte dell’Opsa si apriranno a brevissimo. Giusto il tempo di compilare gli ultimi moduli, redigere i protocolli, e rimboccare le lenzuola al letto in cui il “terrore di Milano” trascorrerà il resto della pena: quattro ergastoli per omicidi, rapimenti, rapine ed evasioni.
Da ascoltare
Milano Crime: il podcast. Dalla banda Cavallero, al solista del mitra Luciano Lutring, da Vallanzasca, Turatello, Epaminonda alla stagione dei sequestri di persona. Rapine, conflitti a fuoco, feroci vendette . Il racconto della Milano criminale degli anni Settanta e Ottanta. Le storie dei gangster di una Milano Fuorilegge.
Acido. Carlo Verdelli Renato Vallanzasca da Milano, detto René, professione bandito, accoglie il giornalista Carlo Verdelli in un parlatoio del carcere-fortezza di Opera una mattina del febbraio 2015, qualche tempo dopo essersi fottuto l’ultima possibilità di una vecchiaia, almeno quella, diversa. Evasioni a parte, è in galera da quando non aveva ancora 27 anni. Il 4 maggio 2021 ne ha compiuti 71. Il conto è facile: a parte la gioventù bruciata, il resto della vita (quarant’anni e passa) l’ha consumato dentro.
La banda della Comasina. Negli anni settanta l'area nord di Milano è sconvolta dalle azioni di una banda criminale, i media la battezzano Banda della Comasina e a guidarla è Renato Vallanzasca.
Il film «Vallanzasca - Gli angeli del male»
E’ un film del 2010 diretto da Michele Placido, basato sulla vita del criminale milanese. La sceneggiatura, scritta da Placido insieme a Kim Rossi Stuart e altri collaboratori, è ispirata al libro autobiografico Il fiore del male. Bandito a Milano scritto da Vallanzasca stesso con l'aiuto del giornalista Carlo Bonini.
Il libro "Canti di guerra”
Il libro “Canti di guerra” di Stefano Nazzi è un’opera che ci trasporta nella Milano degli anni Settanta, in un’epoca oscura e molto diversa da quella odierna. Nei locali notturni si mescolano delinquenti, imprenditori e personaggi dello spettacolo, le bische sono nascoste dentro palazzi insospettabili. Ed è in questo contesto che si incrociano i destini di tre banditi che cambieranno le sorti della mala milanese: Francis Turatello, noto come “Faccia d’angelo”, insaziabile di potere; Renato Vallanzasca, il “bel René”, un rapinatore anarchico che ama essere sempre al centro dell’attenzione; e Angelo Epaminonda, detto “il Tebano”, un gangster feroce e spietato. Intorno a loro si muovono gli affiliati alla banda, i poliziotti e le vittime innocenti. La storia è intrisa di sangue, tradimenti e morte, ma anche di sodalizi, potere e amore. Stefano Nazzi ricostruisce quel mondo con una prosa intensa e incalzante, rivelando gli uomini dietro ai criminali e le ombre che li hanno resi tali. Nonostante siano passati oltre trent’anni dall’ultimo sparo, i loro canti di guerra riecheggiano ancora oggi.
Riproduzione riservata © il Nord Est