Non solo pandoro, i dolci di Natale

Dal mandorlato e il torrone al marzapane, fino al Giotto e alla pinza: il Nord Est ha molto da gustare

Lucia Aviani
Il panettone e il pandoro, dolci tradizionali delle feste
Il panettone e il pandoro, dolci tradizionali delle feste

In principio fu il Nadalin, a tutti gli effetti il papà del celeberrimo pandoro veronese. Le sue origini, remotissime, risalgono al XIII secolo, ovvero a circa 600 anni prima della nascita ufficiale – su intuizione di Domenico Melegatti – del “pane d’oro”: le radici della tradizione dolciaria natalizia scaligera affondano dunque nel Medioevo, quando per celebrare l’inizio della signoria della famiglia della Scala venne creata una delizia molto simile, per ricetta, al pandoro, ma meno burrosa e soffice. Più compatto e zuccheroso, il Nadalin è basso, non “verticale”, e per quanto spesso si presenti come una stella o una cupola non è vincolato al rigore della forma.

Il pasticcere Melegatti

E fu proprio elaborando il Nadalin che nel 1868 il pasticcere Melegatti, appunto, diede vita a quello che sarebbe diventato il simbolo nazionale (insieme al “pan de Toni” milanese, il panettone) del Natale all’italiana: il suo era un dolce alto, morbidissimo, leggero. La prelibatezza si diffuse in fretta, in molti iniziarono a contendersene la paternità: nel 1984, così, mastro Domenico Melegatti la brevettò con il nome oggi da tutti conosciuto, probabilmente ispirato al “pan de oro” tipico della Repubblica di Venezia.

Marzapane a Venezia

E proprio a Venezia, per quanto nell’immaginario collettivo l’associazione sia ormai con le regioni del sud del Paese, va ricondotta la genesi del marzapane, altra golosità che compare sulle tavolate delle feste: il “Marci panis”, ovvero il pane di (San) Marco, veniva commercializzato in pezzi (pani, appunto) contrassegnati dal Leone della Serenissima.

Il torrone nel veronese

Il mandorlato
Il mandorlato

Non c’è Natale senza torrone, e torniamo così nel Veronese, a Cologna Veneta per la precisione, patria di un celebratissimo mandorlato: l’impasto di mandorle, albume d’uovo, zucchero e miele è specialità dicembrina diffusa fin dai tempi in cui la cittadina faceva parte del Dogado della Serenissima. Le fonti ne documentano la presenza – anche come dono tipico del periodo delle feste – già dal 1500, tanto a Venezia quanto a Vicenza. La grande produzione di mandorlato iniziò nel 1852, con la fondazione della prima fabbrica dedicata (tuttora attiva) da parte dello speziale Italo Marani: fu l’inizio di un’esperienza imprenditoriale che si sviluppò, parallelamente, sul fronte industriale e su quello artigianale, quasi casalingo.

La Pagnotta del Doge

Alla provincia di Rovigo, per la precisione a Villadose, rimanda invece la Pagnotta del Doge, che veniva inserita nei menù dei banchetti del doge Valier, ultimo nobile veneziano a soggiornare nella cittadina. Originariamente era farcita e addolcita con miele, fichi, uova, burro e noci, prodotti derivati dalla poca terra coltivabile nella Villadose (Villa del doge) dell’epoca, attorniata da paludi.

Uno dei dolci tipici, la tradizionale pinza triestina Foto Bruni
Uno dei dolci tipici, la tradizionale pinza triestina Foto Bruni

Pinza all’Epifania

L’Epifania, poi, è giornata di pinza, o pinsa (o ancora “torta nicolotta” ): è consuetudine veneziana servire, il 6 gennaio, un dolce realizzato con il pane raffermo (riutilizzando magari quello avanzato dalle tavole delle festività) o con farina di mais e con abbondante frutta secca. L’abbinamento consigliato è con un bicchiere di vino dolce. La pinza esiste anche a Trieste, ma in versione diversa e soprattutto pasquale, non natalizia: parliamo di focaccia, priva di ripieno.

Il Giotto dei detenuti di Padova

Il Giotto dei detenuti di Padova
Il Giotto dei detenuti di Padova

E anche se il panettone non ha genesi veneta, bensì lombarda, chiudiamo la panoramica con un prodotto divenuto celebre in tutta Italia, tanto da essere stato apprezzato perfino da papa Francesco e citato dal New York Times: parliamo di “Giotto”, il panettone preparato dai detenuti del carcere di Padova, dove ormai da lungo tempo è attivo un laboratorio di pasticceria che alla nobile finalità sociale – per la rieducazione e l’avvicinamento al lavoro delle persone rinchiuse nella casa circondariale – unisce l’eccellenza nella qualità (riconosciuta anche da Il Gambero Rosso). Il panettone che vi viene realizzato è giudicato uno dei migliori in Italia. Una ventina le persone che lavorano alla sua produzione, altrettante quelle incaricate del confezionamento. 

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