Recensioni fake ai locali, arriva la stretta anti concorrenza sleale
In Consiglio dei ministri il disegno che obbliga i clienti a pubblicare gli scontrini. I giudizi online arrivano a condizionare fino al 70% delle scelte dei ristoranti
Finti clienti che, per antipatia nei confronti del ristoratore, lasciano recensioni negative a locali nei quali non hanno mai messo piede. O, al contrario, si sperticano in complimenti, nel nome dell’amicizia che li lega al proprietario. E fosse solo questo. Perché esiste pure un vero e proprio business, e quindi ristoratori che acquistano pacchetti di recensioni, per attrarre potenziali clienti nel loro esercizio.
Un sottobosco noto e che continua ad ampliarsi, nel mondo dei giudizi online. E al quale il governo ha deciso di dare una stretta, con un disegno di legge inserito nella Legge annuale sulle piccole imprese, approdato lunedì 23 dicembre in Consiglio dei ministri per un primo esame.
L’obiettivo è quello di porre un freno alle recensioni fake, impedendo ai clienti di pubblicare i giudizi trascorsi più di 15 giorni dal pasto. E, soprattutto, obbligando chi scrive a identificarsi e dimostrare l’effettiva fruizione della prestazione. In poche parole, per pubblicare una recensione potrebbe essere necessario allegare lo scontrino.
«È un’ottima notizia. Fino ad oggi, inventare una cena e scrivere la relativa recensione è sempre stato molto semplice. D’ora in poi sarà necessario dimostrare di essere stati in quel ristorante, per dare un giudizio» dice Nicola Rossi, presidente veneto di Confesercenti.
Si pensi che, secondo una ricerca del ministero dello Sviluppo economico, le recensioni online arrivano a condizionare fino al 70% delle scelte dei locali; con un’incidenza che, stando alle valutazioni delle stesse associazioni del settore, si aggira tra il 6 e il 30% del fatturato totale.
«A me è capitato spesso di ritrovarmi recensioni nelle quali venivo accusato di servire pizze precotte e piatti surgelati: cosa assolutamente falsa, visto che ho 40 dipendenti, dei quali 20 soltanto in cucina» dice Emiliano Biraku, titolare della trattoria Ali d’oro, del ristorante terrazza Sommariva e del ristorante Gransapor, a Venezia.
Ma poi c’è anche chi, le recensioni, nemmeno le legge. Come Arrigo Cipriani, decano della ristorazione in laguna. «Per me, le nostre uniche guide sono i clienti: se tornano, vuol dire che hanno mangiato bene; se non tornano, vuol dire che hanno mangiato male» dice, «Per quanto mi riguarda, non leggo nemmeno la guida Michelin: nulla contro le “stelle”, beninteso, ma per me la ristorazione è un’altra cosa. E il successo dei miei ristoranti dimostra che si può vivere benissimo anche senza le recensioni su Tripadvisor».
Nel resto del mondo della ristorazione, però, non è così. E verificare i giudizi di un locale prima di sedersi a tavola è diventata una pratica ormai molto diffusa.
«Io ho la fortuna di lavorare a Venezia, dove i turisti, comunque, arrivano. Ma se avessi un locale in un posto meno centrale, sicuramente sarei molto più penalizzato dalle recensioni fasulle» dice Biraku, «Secondo me, si potrebbe ipotizzare anche di mettere in campo l’intelligenza artificiale, per verificare gli indirizzi Ip degli utenti che pubblicano le recensioni, per capire se sono delle persone reali e non aggregatori di giudizi fake. I colleghi che pagano per ottenere le recensioni fanno della concorrenza sleale».
Ed è esattamente così, anche se il governo adesso sembra avere trovato il modo per mettere un freno a questo fenomeno. La strada è stata imboccata, per capire dove porterà bisognerà attendere la prossima riunione del Consiglio dei ministri, nella quale dovrebbe finalmente essere sdoganata la nuova legge.
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