Starlink, perché la sfida sui satelliti è così delicata e decisiva

Le opinioni della docente di astrofisica e imprenditrice Anna Gregorio e del cosmologo ed esperto di machine learning e big data Roberto Trotta: «Il piano italiano Iris2 sarà pronto nel 2030. Affidarsi a un privato non è sicuro»

Valeria Pace
Un satellite Starlink
Un satellite Starlink

Le infrastrutture di telecomunicazione sono da sempre considerate tra le più critiche. E con i venti di guerra che soffiano, la difesa della riservatezza delle comunicazioni di natura diplomatica e militare diventa ancor di più cruciale per la sicurezza nazionale. L’accesso a Internet inoltre è garantito da cavi sottomarini che potrebbero essere facilmente tranciati come atto ostile.

Per questo la premier Giorgia Meloni è interessata a rafforzare la sicurezza della connessione, e ritiene che una risposta potrebbe arrivare dal cielo, e dai satelliti di Elon Musk: la rete Starlink, monopolista della tecnologia ad ora.

Starlink è pure attualmente guardata come una risposta per le aree interne del Paese, quelle che con il Pnrr si dovrebbero connettere alla fibra ottica che permette internet superveloce. In molti posti del Paese i lavori sono destinati a sforare la data limite per i fondi del Recovery: il 2026. Internet satellitare così potrebbe entrare in competizione con i provider terrestri.

Gregorio: «Ora c’è solo Starlink. Iris2 attivo nel 2030»

Anna Gregorio, docente di astrofisica all’Università di Trieste e alla guida di una start up che si occupa di telecomunicazioni spaziali, Picosats, non ha dubbi: «L’Italia è una potenza nel settore dello Spazio, è stato il terzo Paese al mondo a lanciare un satellite, e ha una filiera completa. Potrebbe costruire da sola una costellazione completa, è uno dei pochi Paesi in grado di farlo. Certo, al momento è vero che non ci sono alternative vere a Starlink di Musk, è monopolista».

Anna Gregorio
Anna Gregorio

L’alternativa europea e pubblica è Iris2, a che punto è?

«Dovrebbe partire a brevissimo, ma prima del 2030 non sarà completa. Per costruire un satellite o una costellazione satellitare ci vuole tempo. Si prevede che raggiunga 290 satelliti nel 2030».

Investire in Starlink penalizza la filiera italiana?

«Proprio ieri c’è stato l’annuncio del presidente dell’Agenzia spaziale italiana (Asi) Teodoro Valente: entro l’estate sarà concluso lo studio di fattibilità per creare una costellazione italiana. Spero si vada nella direzione di dire che l’infrastruttura è strategica e va costruita. In questo secondo me è utile fare un paragone con il Gps. Il sistema di navigazione era in origine una tecnologia americana, militare, non civile. L’Europa però ha reagito e ha sviluppato Galileo, un sistema con performance migliori, ora i nostri navigatori conglobano dati da entrambe le tecnologie. Era fondamentale sviluppare un’infrastruttura europea indipendente. Vado spesso in barca e ricordo che ai tempi della guerra in ex Jugoslavia a volte il sistema non funzionava...».

L’European Space Agency (Esa) nel 2025 potrà contare su 7,7 miliardi. Il direttore Josef Aschbacher ha però detto che gli investimenti europei (0,06% del Pil) sono troppo bassi rispetto a quelli di Usa (0,26%), Russia (0,17%) o Cina (0,08%). L’Italia investe abbastanza?

«L’Italia è il terzo Paese europeo per investimenti verso Esa, segue Germania e Francia, a cui negli ultimi anni si è avvicinata tantissimo. Nel 2025 ci sarà una nuova ministeriale, vedremo che cosa deciderà di investire. Certo è che rispetto agli Usa in Europa la parte istituzionale – di budget civili e militari – è molto importante, non c’è un’economia business come negli Usa, che facilita i grandi investimenti. Il settore ora sta esplodendo».

Ci può dare dei numeri?

«Fino al 2010 c’erano meno di 100 satelliti attivi, nel 2019 2 mila, poi nel 2021 ci sono stati 8 mila lanci di satelliti, molti legati a SpaceX di Musk. In termini di valore economico, nel 2020 a livello globale la Space Economy era valutata in 330 miliardi di dollari, nel 2024 vale 560 miliardi, ma è stimato che nel 2035 arrivi a 1.800 miliardi. Il suo valore potrebbe più che triplicare in 10 anni. È in rapida espansione, ma forse più dal punto di vista commerciale che istituzionale, a cui in Europa siamo ancora molto legati. Picosats ora sta iniziando a sviluppare prodotti commerciali, ma sono stati sviluppati con le agenzie spaziali, che danno un supporto non solo economico ma anche tecnologico».

Prossimo step per Picosats?

«Abbiamo appena finito di integrare un primo prototipo di sistema 5G su un satellite Esa costruito da un consorzio di aziende italiane, Picosats ha fatto i sistemi radio. Sarà mandato in orbita nei primi mesi dell’anno. È pronto ed è a Torino che aspetta il lancio».

 

Trotta: «Dati al sicuro? Attenzione a Musk»

«Questa infrastruttura è in mano a un’azienda privata, controllata da un individuo mercuriale, Elon Musk, peraltro molto vicino al presidente eletto degli Usa, il quale ha una maniera non convenzionale di rapportarsi non solo con i nemici ma anche con gli amici. Basti pensare a quanto ha detto sulla Groenlandia...». Parte da questa considerazione il ragionamento di Roberto Trotta, cosmologo alla Scuola internazionale superiore di studi avanzati (Sissa) di Trieste e docente di Astrostatistica all’Imperial College di Londra, un esperto di machine learning e big data.

Roberto Trotta
Roberto Trotta

La premier ha detto: «L’alternativa a Starlink è non avere la protezione dei dati» dato che Musk ha il monopolio della tecnologia. Starlink è più sicuro?

«I dati su Starlink sono crittografati. Da molti anni gli Usa classificano la crittografia come materia di sicurezza nazionale, secretata e sotto stretto controllo per l’esportazione, proprio come il nucleare. Dunque su questo sistema di crittografia non si sa nulla, nemmeno se effettivamente è più efficace. Il vantaggio che offre Starlink di solito preso in considerazione è che consente la connettività ovunque. Ma il fatto che sia in mano a un privato deve entrare nel dibattito. Potrebbe decidere di spegnerlo da un giorno all’altro, proprio come ha fatto durante la guerra in Ucraina a seguito di decisioni che non condivideva. Nella peggiore delle ipotesi il governo italiano potrebbe trovarsi sotto pressione, o addirittura sotto ricatto. Bisogna tenere a mente poi un altro elemento...».

Cioè?

«Il ruolo politico di Musk, la sua vicinanza a Trump. Bisogna ricordarsi che il rischio è mettere informazioni chiave per la nostra sicurezza nazionale sotto il controllo di persone che hanno interessi strategici divergenti dai nostri e non hanno problemi a usare qualunque leva per seguire i propri scopi. E non basta la relazione speciale: a Nigel Farage, il politico britannico architetto della Brexit è bastato un tweet fuori posto per essere defenestrato da Musk».

Internet via satellite è comunque il futuro?

«Non è chiarissimo quanto sia sostenibile: potrebbe anche essere che entro pochi anni il cielo sia così saturo da rendere frequenti le collisioni satellitari. Questo potrebbe implicare che il sistema non sia più affidabile. Insomma, potrà avere fragilità che adesso non sono evidenti ma che sono prevedibili... Un altro esempio sono i sabotaggi. Ci sono stati test missilistici cinesi e russi che hanno mirato a distruggere satelliti in orbita. Ce l’hanno fatta e hanno riempito i cieli di detriti. E i detriti stessi possono danneggiare l’efficacia del sistema».

Ci sono tecnologie alternative per la protezione dei dati sensibili? Ad esempio la crittografia quantistica allo studio anche per il porto di Trieste...

«È una tecnologia non matura per essere sul mercato e richiede un’infrastruttura pesante: la fibra ottica. Alternative al momento non esistono. Uno dei grandi temi di ricerca su cui l’Ue sta spingendo è quello del quantum computing, che sarebbe in grado di decodificare la maggior parte dei sistemi crittografici in uso al momento. Ma siamo ancora al livello della ricerca in questo ambito». —

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