Una targa come quella dei motorini per consentire ai natanti di navigare all’estero

A chiederlo è il mondo dei diportisti con barche entro i 10 metri che non sono immatricolate. Il documento di Confindustria Nautica (Dci) non è riconosciuto e nell’estate del 25 sarà impossibile navigare in Slovenia o Croazia a meno di nuove deroghe

Giulio Garau
Un'immagine della "Sacchetta" con tutte le imbarcazioni a Trieste Foto di Andrea Lasorte
Un'immagine della "Sacchetta" con tutte le imbarcazioni a Trieste Foto di Andrea Lasorte

Una targa, come quella che si usa per i motorini, o un contrassegno adesivo da applicare allo scafo, per tutti i natanti, le barche al di sotto dei dieci metri di lunghezza, per le quali non è prevista la costosa immatricolazione “ufficiale” con l’iscrizione al Rid (il registro delle imbarcazioni da diporto) gestito dalla Capitaneria di Porto. Una via d’uscita “semplificata” per poter navigare all’estero, visto il divieto della Slovenia e il fatto che, dopo l’eccezione della Croazia della scorsa estate (a meno di una nuova deroga), nel 2025 sarà vietato “espatriare” via mare se non con un’imbarcazione targata.

L’esempio delle barche sui laghi

Avviene da decenni per i natanti che navigano sui grandi laghi del Nord Italia, anche con un contrassegno: c’è un libretto con i dati della barca, del proprietario e del motore per il quale è obbligatoria un’assicurazione. Basta una domanda in carta bollata da inviare agli enti collegati al magistrato delle acque. Ma per le barche in mare si potrebbe benissimo far riferimento alla motorizzazione civile (quella delle automobili) o perchè no (e sarebbe l’ideale) a un sotto-registro “semplificato” della Capitaneria di porto.

L’appello del mondo dei diportisti

E’ questa una delle soluzioni che chiedono a gran voce la gran parte dei diportisti, c’è un gran dibattito nei circoli nautici, nei club e nei marina di Trieste, Monfalcone e tutto il Nordest, e che sta trovando spazio anche in articoli e pareri su diverse riviste specialistiche (di vela e motore) di fronte all’inutilizzabilità all’estero per gli stessi natanti senza targa del famoso documento-modello Dci (attestazione dei dati tecnici dell’unità) da presentare assieme alla dichiarazione di possesso del natante.

Un documento rilasciato da Confindustria nautica con tanto di numero progressivo e che riporta pure la dicitura “Repubblica Italiana” con il relativo simbolo ufficiale. Ma che, essendo collegato a un’organizzazione privata che rappresenta le imprese, non è direttamente collegata allo Stato attraverso un ministero. E all’estero (non ci sono accordi bilaterali) non viene riconosciuto.

La Slovenia chiede una targa

Motovedetta slovena
Motovedetta slovena

La Slovenia, come confermano alcuni carteggi ufficiali, non lo riconosce. La Croazia per il 2024 ha fatto un “eccezione” per far arrivare anche i natanti sotto i 10 metri sulle sue coste. Ma è da tempo che chiede una targa per queste imbarcazioni e per la stagione estiva del 2025, da quanto risulta dai consiglieri del ministero che abbiamo consultato, c’è una seria riflessione in corso.

La Croazia dopo la deroga nel ‘24 sta valutando

Si stanno valutando i documenti italiani, ma c’è il dubbio su questo documento rilasciato da Confindustria nautica, non dallo Stato o da un ente collegato e per l’estate potrebbe scattare il divieto di navigazione. La decisione non è stata presa e potrebbe non esserci un bis della deroga in via eccezionale.

Italia caso unico

Il problema è che l’Italia (a parte la Francia che concede di navigare nelle sue acque a patto di avere un’assicurazione) è probabilmente l’unico paese al mondo ad avere una flotta assai corposa di imbarcazioni anche di rilievo (poco sotto i 10 metri) parificate alle biciclette senza alcun documento ufficiale per dimostrare il possesso dell’unità da diporto. Una questione rilevante in caso di incidenti in mare con feriti o danni ad altre barche o strutture portuali. Casi successi nella vicina Slovenia e Croazia con conseguente impossibilità a risalire all’imbarcazione coinvolta.

L’autocertificazione

Lo scorso maggio Il ministero del Made in Italy ha varato il “pacchetto nautica” dopo un confronto fra il ministro Adolfo Urso, quello delle Infsatrutture Matteo Salvini e Confindustria Nautica. Ed è stato pubblicato sulla Gazzetta ufficiale (anno 165-numero 110 del 13 maggio 2024, pagina 8).

E’ stato ideato il famoso Dci, un’autocertificazione con l’attestazione dei dati tecnici dell’unità obbligatoria da unire alla “dichiarazione di possesso” del natante, rilasciata da Confindustria nautica, appunto, con numero progressivo. Individuati per occuparsi della registrazione non (ahimè) le Capitanerie, ma lo spportello telematico automobilistico(Sta), l’Aci e le agenzie private di pratiche auto-moto e quelle nautiche.

Una via burocratica comunque complicata o impossibile per molti dei vecchi natanti con gli scafi pre-marchiatura CE che attesta che il prodotto è stato valutato dal produttore e che si ritiene rispetti i requisiti previsti dall'Ue in materia di sicurezza, salute e tutela dell'ambiente.

I dubbi sul Dci subito dopo il varo

Già l’estate scorsa sono stati avanzati dagli esperti (nautici e giuristi marittimi) molti dubbi sulla validità del documento visti poi i mancati accordi bilaterali. E a dare la mazzata ufficiale ad alcuni diportisti che hanno provato a sbarcare con il natante in Slovenia sono state le autorità marittime locali.

La Slovenia non lo riconosce

La risposta (dopo opportune sollecitazioni e richieste attraverso canali ufficiali) giunta dalla Sezione del traffico portuale della Repubblica slovena-Amministrazione marittima: «Il documento non è una prova di iscrizione di un’imbarcazione nel Registro dei natanti, dimostra solo i dati relativi al proprietario e quelli tecnici dell’imbarcazione. E come tale non consente la navigazione nel mare e nelle acque territoriali slovene».

Le eccezioni in Slovenia

Quali imbarcazioni possono entrare in Slovenia? «Quelle immatricolate. L’immatricolazione del Registro delle imbarcazioni da Diporto (Rid) è riconosciuta come appropriata. Inoltre l’imbarcazione deve avere tutte le attrezzature prescritte per l’area di navigazione e una copertura assicurativa valida nel mare territoriale sloveno». Ci sono eccezioni? Si: «Un tender appartenente a una nave, un’imbarcazione sportiva a remi, kayak o simili, un’imbarcazione più corta di 3 metri eccetto che la potenza del motore non sia superiore a 3,7 kw». Questa la risposta ufficiale dell’amministrazione marittima della Slovenia.

La Croazia sta valutando

Motovedetta della Capitaneria croata
Motovedetta della Capitaneria croata

Dalla Croazia il ministero deve ancora esprimersi, ma potrebbe esserci forse solo una nuova “eccezione” per l’estate 2025. Ma l’amministrazione marittima si erta già espressa per la necessita da parte delle imbarcazioni di avere una targa. E c’è il nodo che il nuovo documento italiano con l’autocertificazione è registrato da un soggetto privato, non da un ente governativo.

Le alternative più costose

L’alternativa? Un armatore di un natante potrebbe decidere di immatricolare la sua barca in Capitaneria al Rid, con tanto di verifiche Rina e una spesa di centinaia e centinaia di euro con esiti però non certi, soprattutto se la barca è vetusta viste le possibili richieste di adeguamento di sicurezza che porterebbero spese enormi e ingiustificate. Oppure, è ci hanno pensato già in tanti, l’escamotage della bandiera estera.

La “fuga” degli armatori all’estero

Lo hanno fatto anche molti armatori di barche immatricolate con la targa e che hanno deciso, per sfuggire alle vessazioni burocratiche italiane che gravano sulle imbarcazioni, di “dismettere” la bandiera italiana e passare ad altra europea (Polacca o altre). Molti forse anche per sfuggire al controllo del fisco. Una tendenza che è diventata una marea enorme. Lo ha documentato pure il Sole 24Ore in un’indagine firmata da Raoul de Forcade lo scorso 24 ottobre: “In crescita le barche che abbandonano la bandiera italiana: +256% in tre anni. Così l’erario perde circa 200 milioni di Iva”.

 

Bandiera polacca o slovena

Alla fuga (venuti meno i vantaggi delle bandiere belga e olandese molti diportisti italiani si impegnano ora per immatricolare la barca con bandiera polacca o slovena) contribuiscono anche i controlli continui da parte dell’Autorità marittima, talvolta eccessivi, i costi per i controlli e di revisione delle dotazioni di sicurezza che stanno scoraggiando una buona parte di armatori con gravi conseguenze per la sicurezza in mare.

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