La figlia non riconosciuta dall'ex batterista dei Pooh fa annullare il testamento
La sentenza del Tribunale di Roma mette la parola fine ad anni di battaglie della padovana Francesca Michelon: il padre è il musicista Stefano D’Orazio, morto nel 2020. Testamento annullato e vedova condannata a risarcire la donna

«Stefano D’Orazio è mio padre». Francesca Michelon, padovana di Cittadella, per anni è andata ripetendolo ai quattro venti, compreso nelle aule di giustizia. Dopo più di un decennio di battaglie legali, ci ha pensato nei giorni scorsi la sentenza di primo grado del Tribunale di Roma, immediatamente esecutiva, a mettere la parola fine (per ora) alla vicenda che vede protagonisti da un lato la Michelon, dall’altro l’ex batterista dei Pooh, morto nel 2020 per le complicazioni del Covid.
Per i giudici capitolini, il test del Dna è chiaro e «accerta la paternità» di D’Orazio nei confronti di Michelon. E quindi cosa succede ora? Essendo il musicista deceduto, si rivoluzione l’asse ereditario, andando ad annullare il testamento che D’Orazio aveva fatto solo in favore della moglie Tiziana Giardoni. Non solo: sarà proprio la vedova del batterista a dover risarcire la padovana con 60 mila euro, come deciso dal Tribunale, per danni esistenziali.

La causa di riconoscimento della paternità, iniziata nel 2014, si era poi interrotta con la morte di Stefano D’Orazio ed era ripresa nel 2022 contro la vedova poiché la legge prevede che le cause di accertamento di paternità possano essere riassunte nei confronti degli eredi. E in questo caso la moglie dell’ex Pooh risulta erede universale non essendoci altri figli.
Ma come si è arrivati alla sentenza? Facciamo un passo indietro.
La rivelazione della madre
Stefano D’Orazio non aveva mai confermato né smentito di essere il padre di Francesca, nata dalla breve relazione con la jesolana Oriana Bolletta, a sua volta sposata con il vicentino Diego Michelon, tecnico della band. Apparentemente, dunque, il batterista dei Pooh non aveva figli, non essendone nati da alcuna relazione che aveva avuto.
Ma la realtà fatta emergere in Tribunale è stata un’altra, grazie alla perizia medico-legale disposta dai giudici su alcuni reperti biologici conservati in strutture ospedaliere dove era stato ricoverato l’ex musicista.
Sarebbe stata la madre di Michelon, come raccontato dalla stessa giovane donna in passato, a confessarle che il padre non era l’uomo che l’aveva riconosciuta e dunque le aveva dato il cognome, ma il batterista dei Pooh.
Le aveva detto che lei e il padre, che allora lavorava con i Pooh come tecnico del suono, si erano separati per circa un anno in seguito ad una crisi sentimentale e lei, in quei mesi, aveva avuto una relazione con il componente del gruppo musicale. D’Orazio, informato che lei era rimasta incinta, aveva troncato quel rapporto. Poi Oriana si era riappacificata con il marito e i due erano tornati assieme, ma alla figlia non avevano mai raccontato quello che era accaduto, se non dopo che lei aveva compiuto 20 anni.
La battaglia di Francesca
Da queste parole era iniziata la battaglia nelle aule dei Tribunali, tra giustizia civile e giustizia penale, passando da quello di Marsala (competente per territorio su Pantelleria, dove era residente D’Orazio) a quello di Venezia.
Nel 2013 il Tribunale di Venezia aveva emesso la sentenza di disconoscimento di paternità di Diego Michelon nei confronti di Francesca. In questo modo la giovane donna aveva potuto avviare la causa per il riconoscimento della paternità di Stefano D’Orazio davanti al Tribunale siciliano, con relativa maxi richiesta di mantenimento retroattivo.
Ma la sentenza di disconoscimento era stata revocata cinque anni dopo dallo stesso Tribunale di Venezia. La giudice aveva ritenuto che la decisione dell’epoca si basasse sulle dichiarazioni false di Diego e Francesca Michelon, oltre che della madre Oriana Bolletta. La revoca della sentenza di disconoscimento aveva portato alla chiusura del procedimento avviato da Michelon davanti al tribunale di Marsala.
I procedimenti penali
Nel frattempo, Francesca e Diego Michelon, oltre che Oriana Bolletta, erano stati accusati di falso e assolti una prima volta dal giudice penale del Tribunale di Venezia perché il fatto non sussiste. Secondo il pm, avrebbero rilasciato false dichiarazioni nella causa civile per il disconoscimento di paternità.
Ma la Cassazione aveva annullato, con rinvio del procedimento a un altro giudice di Venezia. E anche nel secondo caso si era arrivati all’assoluzione dal reato di falso per i tre. Reato che, secondo la Procura di Venezia, si sarebbe configurato quando Diego Michelon aveva dato inizio alla pratica di disconoscimento della paternità, dichiarando di aver saputo solo di recente di non essere il padre della giovane: la vecchia legge, infatti, permetteva di avviare la procedura solo entro 12 mesi dalla scoperta della “verità”. Per la Procura veneziana, però, Michelon avrebbe invece saputo da anni la verità sulla sua famiglia e aveva da tempo contatti con lo stesso D’Orazio, quindi i termini erano scaduti.
Agli atti anche una lettera del febbraio 2010 nella quale la giovane scrive a D’Orazio che «papà» (Michelon) le aveva detto che lui la stava cercando, ma di non sentirsi tranquilla per incontrarlo, temendo fosse una richiesta «di ordine patrimoniale e non per costruire un rapporto affettivo». Per la Procura, la prova che Diego Michelon sapesse da tempo la verità. Per la difesa «Francesca ha saputo dalla madre di essere figlia di D’Orazio dal 2006, ma il Michelon no.
Il test del Dna
Nella causa per il riconoscimento della paternità davanti al Tribunale di Marsala, Stefano D’Orazio si era sempre rifiutato di sottoporsi al test del Dna.
Poi il procedimento davanti al Tribunale di Roma, nel corso del quale i giudici hanno disposto la perizia medico-legale che ha permesso di comparare il profilo genetico dell’ex batterista dei Pooh con quello di Michelon.
La sentenza, dopo anni di battaglie, è arrivata mentre Michelon si trova in vacanza «dall’altra parte del mondo», come hanno riferito i legali. E sempre gli avvocati Francesca Urseolo, Francesco Stefanelli e Luca Pozzolini hanno precisato che la loro cliente, anche ora che è ufficialmente figlia di D’Orazio, «non vuole approfittare di un cognome famoso».
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