Zone rosse, le regole non sono uguali per tutti: la mappa a Nord Est

Udine e Trieste hanno deciso di adottare il provvedimento, valutazioni in corso a Padova e Treviso. Le modalità di intervento rimangono oggetto di dibattito, così come le implicazioni giuridiche

Edoardo di Salvo
Una pattuglia di sera a Monfalcone
Una pattuglia di sera a Monfalcone

Se è abbastanza chiaro quale sia l’obiettivo delle zone rosse («garantire «quell’ordinato vivere civile che rappresenta il naturale obiettivo di uno Stato di diritto» si legge nella direttiva che le prevede), lo sono meno le modalità di applicazione e i criteri di scelta sul dove adottarle e dove no.

Le zone rosse sono state istituite in alcuni centri urbani nei giorni scorsi dai prefetti su diretta richiesta del ministro degli Interni Matteo Piantedosi. A Nord Est hanno optato per questa soluzione Udine e Trieste, mentre altre valutazioni sono in corso a Padova e Treviso, teatro della rissa dello scorso 12 dicembre a seguito della quale ha perso la vita un ragazzo di 22 anni.

Si tratta di zone dalle quali le forze dell’ordine potranno allontanare chi, con atteggiamenti aggressivi o molesti, possa rappresentare un concreto pericolo per la sicurezza pubblica. Proprio questa è la novità principale. 

Cosa sono

Sono delle aree individuate in ciascuna città dai comitati per la pubblica sicurezza (quindi da prefetti, questori, sindaco e vertici delle forze dell’ordine), considerate particolarmente a rischio, che potranno essere interdette a soggetti giudicati pericolosi o con precedenti penali. Le modalità operative variano da città a città.

Generalmente si tratta delle aree del centro, dei luoghi della movida o delle zone dove di frequente in passato si sono verificati episodi di microcriminalità (furti, rapine), violenza (risse, aggressioni), vandalismo, abuso di alcol e degrado.

Cosa cambia

Quest’ordinanza amplia il margine di intervento delle forze dell’ordine. Anche in questo caso le modalità variano di città in città. In alcuni casi – come a Trieste – è istituito un vero e proprio divieto di stazionamento per persone pericolose o con precedenti, in altri le forze dell’ordine potranno valutare singolarmente, e allontanare di volta in volta chi mette in atto comportamenti minacciosi o aggressivi. Questo è il caso di Udine.

Tale decisione spetta alle forze dell’ordine impegnate sul territorio. A questi si aggiunge chi ha precedenti per droga, furto, rapina, danneggiamento, detenzione di armi. Chi viola il provvedimento si espone a un illecito penale.

Le città a Nord Est

Istituire le zone rosse non è un obbligo. Con una lettera, il ministro degli Interni Piantedosi ha invitato i prefetti a valutarne l’istituzione, inizialmente per Capodanno ma poi estesa per qualche mese.

Al momento, le zone rosse sono state già in vigore a Trieste, mentre sono state annunciate ma non ancora partite a Udine. Non saranno adottate a Pordenone mentre a Treviso, dopo essere state escluse in un primo momento, sono in corso delle valutazioni. Nessuna decisione definitiva nemmeno a Padova, Venezia e Belluno. 

I precedenti

Non si tratta di una novità assoluta. Le zone rosse erano state introdotte nell’autunno del 2024 a Firenze e Bologna dove complessivamente, in 3 mesi, 105 persone sono state destinatarie di provvedimenti di allontanamento, su 14 mila controllate.

Le implicazioni giuridiche

Nella direttiva il ministero dell’Interno fa riferimento alla sentenza 47/2024 della Corte Costituzionale, che ha dichiarato infondate le questioni di legittimità costituzionale poste dal tribunale di Firenze per quanto riguarda il provvedimento noto come Daspo Urbano.

Va aggiunto che un’altra sentenza, la n. 26/1961, aveva dichiarato illegittimo l’articolo 2 del Testo Unico sulla Pubblica Sicurezza, nella parte in cui assegna ai prefetti il potere di «emettere ordinanze senza il rispetto dei principi dell'ordinamento giuridico». In sostanza, secondo l’interpretazione della Corte di allora, un provvedimento prefettizio non può essere in contrasto con le leggi dello Stato.

In molti, inoltre, hanno sollevato perplessità sulla legittimità costituzionale del testo, e della possibile violazione degli articoli 13 e 16 della Carta, sulla libertà personale e sulla libera circolazione. 

 

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