Francesco il viaggiatore: l’apostolo planetario ha visitato sessantasei Paesi

Sono 47 le visite ufficiali nel mondo e un tour intenso in Italia. La prima in Brasile, l’ultima in Corsica. Il record è di Wojtyla

Fabrizio Brancoli
Papa Francesco a Singapore
Papa Francesco a Singapore

La visione globale, il messaggio da diffondere in ogni angolo della Terra, sono cruciali per un pontefice.

Decollare da Roma verso i luoghi del mondo è la prima condizione per esercitare un pontificato dell’incontro e del conforto, alternando il contatto con i grandi poteri economici e politici con la vicinanza nei confronti degli ultimi, delle grandi povertà, delle socialità più drammatiche del nostro tempo. In ventuno anni Papa Francesco – 266º papa della Chiesa cattolica e ottavo sovrano dello Stato della Città del Vaticano – ha compiuto complessivamente 47 viaggi apostolici in 66 diverse nazioni e 40 visite pastorali in 49 differenti città o frazioni d’Italia.

La croce nella valigia, il Vangelo nel cuore e quel nome, il richiamo a un giovane antieroe della bontà venuto da Assisi, un nome così umile e così impegnativo, scelto come un manifesto d’intenti, anche nelle rotte planetarie.

Si chiamano “viaggi apostolici” perché Bergoglio è stato il successore dell’apostolo Pietro; per il diritto internazionale sono viaggi di cortesia diplomatici tra capi di Stato o rappresentanze locali dello Stato ospitante opportunamente delegate.

Il papa globetrotter, il papa dei record nella storia vaticana, è stato Giovanni Paolo II. Karol Józef Wojtyła da Wadowice ha visitato 127 paesi dalla sua elezione (ai quali ovviamente va aggiunta l’Italia); una performance da cittadino e pastore del mondo.

E se, naturalmente, alcune delle mete erano già state oggetto di visite da parte dei predecessori, per Giovanni Paolo II ci sono state diverse destinazioni mai affrontate da un Santo Padre in precedenza.

L’elenco delle visite di Francesco, anno dopo anno, dal 2003 al 2024, è interessante perché disegna le traiettorie di un papa globale. Chi copre i costi? Il volo, di fatto, è privato ed è coperto economicamente dal Vaticano. Ai tempi di Alitalia il volo papale aveva sempre lo stesso codice, indifferentemente dalla mèta: AZ4000.

Le testate giornalistiche che decidono di seguire il viaggio con uno o più inviati, tramite un’agenzia di viaggi vaticana e pagano un prezzo secondo gli standard della Iata.

I cronisti volano in Economy e, come noto, durante il volo ricevono la visita del Papa che si intrattiene con loro su temi di attualità e facendo anche semplice conversazione. Anni fa John Allen Jr, vaticanista per testate internazionali, ha spiegato che per un viaggio Roma-L’Avana-Washington (il vettore era, al tempo, Alitalia) il biglietto dei giornalisti era di 2.700 euro, mentre per la rotta Washington-New York-Filadelfia-Roma (American Airlines) servivano circa 2.000 euro, per un totale di 4.700 euro.

Moltiplichiamolo per una settantina di giornalisti, la media del seguito: era un aereo da 329mila euro, solo considerando i media. Ma a volare sono circa cento persone, quindi la somma sale ancora.

Rispetto al trattamento, per i voli che ospitavano Bergoglio si è scelta una moderazione autentica: niente lusso nei voli intercontinentali. La TWA ha allestito un museo a Kansas City, mostrando il letto speciale installato per il viaggio nel 1979 di Giovanni Paolo II.

Quanto alla “veste” dell’aereo, c’è cura dei dettagli: poggiatesta col simbolo del Vaticano, stemma del papato sulla carlinga e un quadro (la Madonna di Bonaria, protettrice dei navigatori e che ha dato il nome alla città di Buenos Aires) affisso a una delle pareti, oltre a un crocifisso.

A volare con il Papa sono solitamente il Segretario di Stato, un paio di cardinali/arcivescovi, una decina di preti, una ventina di altre persone tra laici e guardie svizzere. Alcuni anni fa “Ulisse”, che al tempo era la rivista di bordo di Alitalia, ha raccontato un volo particolare con papa Montini in Giordania, a bordo di un DC8. «L’autorizzazione all’atterraggio la diede direttamente re Hussein dalla torre di controllo».

Da quel giorno è nata una prassi suggestiva: ogni volta che l’aereo papale entra in un nuovo spazio aereo il pontefice, o con la sua stessa voce o attraverso quella del comandante, saluta il capo di Stato e la popolazione della nazione alla quale appartiene quello spicchio sorvolato, e impartisce una benedizione. Infine, anche il volo papale a quello che oggi si definirebbe un back-up: un piano B. C’è un aereo di riserva sempre pronto, per risolvere eventuali problemi del velivolo ufficiale.

Papa Francesco veniva “dalla fine del mondo” e quel mondo l’ha sorvolato e percorso, in cielo e in terra, tra sorrisi e profondità, con la preghiera e l’esempio. Oggi che decolli e atterraggi sono finiti, il suo sguardo resta, bonario e sofferente, come se fosse dietro a un oblò, per accompagnare il respiro dell’umanità.

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