Il Papa con lo stile dei francescani: l’addio all’oro e la croce povera

La scelta dell’utilitaria, dove viaggiava accanto all’autista, i pranzi a Santa Marta insieme agli altri commensali

Angela Domicoli
Papa Francesco paga il conto alla reception della Domus Paolo VI
Papa Francesco paga il conto alla reception della Domus Paolo VI

Un papa che dalla finestra dell’Angelus augurava «buon pranzo» non c’era mai stato. Un saluto semplice che però preannunciava una vera e propria rivoluzione nelle abitudini del Vaticano. Lo stile di Francesco, all’insegna della semplicità e del contatto diretto con la gente, è stato una degli aspetti più innovativi del suo pontificato.

La rottura del «muro»

Se man mano, nei decenni, i pontefici avevano sfrondato insegne e abitudini da re, il 13 marzo del 2013 era però arrivato un papa che faceva cose mai viste. Cose quasi di tutti i giorni, terrene e comuni. Inedite per un pontefice, ma non per un pontefice di nome Francesco.

Per esempio: andare a saldare di persona il conto all’albergo dove aveva alloggiato prima di entrare in conclave. Oppure scegliere di restare a Santa Marta, l’albergo interno alle mura vaticane, piuttosto che prendere possesso delle stanze papali al Palazzo apostolico.

Infine rinunciare all’oro e indossare una croce pettorale fatta con il meno prezioso argento. Gesti e simboli che dicono tanto su un pontificato che sarebbe stato ricco nella sua essenzialità. In realtà Bergoglio portò a Roma la sua attitudine e il suo modo di vivere che non aveva mai del tutto modificato in Argentina, neanche divenendo vescovo di Buenos Aires e poi cardinale.

Le abitudini

La sua predilezione per il bus con il quale raggiungeva le «villas», le povere periferie della capitale argentina, è testimoniata anche da fotografie. Come anche i suoi incontri informali e le amicizie che non ha mai reciso, neanche trasferendosi nel 2013 dall’altra parte del mondo.

E se l’autobus o la metro a Roma non sono potuti più essere, almeno per ragioni di sicurezza, il suo mezzo di trasporto, la scelta del Papa argentino cadde sulle utilitarie, a bordo delle quali ha viaggiato sempre al fianco dell’autista. I pasti li consumava a Santa Marta, nella tavola da pranzo con altri ospiti dell’albergo. Non sono poi mancate le uscite a sorpresa per comprare scarpe, occhiali e addirittura dischi musicali.

È stato uno stile molto personale e ogni papa ha il suo. Ma rispetto ad alcune scelte fatte da Francesco forse difficilmente si potrà tornare indietro. Per esempio l’utilizzo di Castel Gandolfo: l’idea che un successore possa tornare a trascorrere le sue vacanze nella villa pontificia sul lago ai Castelli romani potrebbe essere addirittura impraticabile dal momento che tutte le stanze, comprese quelle del Papa, sono ormai aperte alla visita al pubblico.

C’è stato poi il rapporto con la gente e le sue telefonate: con la parrocchia di Gaza, per esempio, ha voluto tenere un filo diretto, senza filtri, telefonando tutti i pomeriggi per essere aggiornato sulla situazione ma soprattutto per fare sentire alle famiglie sotto le bombe la sua vicinanza.

Ma sono tante le persone che ricevevano la chiamata personale di Francesco: il giovane rimasto vedovo perché la moglie era morta nel parto gemellare oppure il parroco napoletano che si è inventato i «rave» cristiani, il gelataio di Roseto che gli mandava i dolci, o la mamma affidataria di Torino che ha accolto nella sua casa due ragazzi con alcune disabilità.

Infine il linguaggio semplice, colloquiale, ricco di neologismi, da «nostalgioso» a «balconear» per arrivare dritto al cuore della gente. Come quando invitò i giovani, nella visita a Genova del 2017, ad andare a «missionare». Oppure un altro verbo, «schiaffare», riferito ad una natura che non ne può più degli abusi dell’uomo e, a suo modo, si ribella.

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