Barene, habitat naturali in pericolo: un nuovo protocollo per la salvaguardia della laguna di Venezia

Onde prodotte dalle imbarcazioni, scavo di canali, alterazione nei flussi di sedimenti in entrata e in uscita dalla laguna: questi i principali fattori che mettono a rischio questo habitat naturale. Il progetto «Life Vimine» in laguna nord riparte dalla primavera con pescatori locali. Il nostro video reportage

Eugenio Pendolini

Le barene in laguna sono a rischio, lo dice la scienza. Onde prodotte dalle imbarcazioni, scavo di canali, alterazione nei flussi di sedimenti in entrata e in uscita dalla laguna: questi i principali fattori che mettono a rischio un habitat naturale che, in fondo, rende unica Venezia.

Rappresenta dunque una vera e propria boccata di ossigeno il nuovo protocollo d’intesa (siglato tra Provveditorato, Regione, Comune, Consorzio di bonifica acqua risorgive e università di Padova) per ridare vita a partire dalla primavera del 2025 al progetto Life Vimine. Uno stanziamento da centinaia di migliaia di euro, che si aggiunge alle cospicue risorse già messe in campo nella prima fase del progetto fino al 2017, per salvare un ecosistema faunistico e vegetale a rischio estinzione. «In primavera partiremo con una nuova fase di lavori», conferma Alberto Barausse, professore associato di ecologia al dipartimento di biologia dell’università di Padova e coordinatore scientifico di Life Vimine.

L’ambito territoriale individuato per sperimentare le tecnologie di ingegneria naturalistica riguarda il comprensorio delle isole di Burano, Mazzorbo, Torcello, e la Palude dei Laghi. In quel tratto, le barene naturali sono le più conservate della laguna di Venezia: grazie all’acqua dolce che sfocia dal fiume Dese conservano un valore naturalistico incommensurabile. Per proteggere i quasi cento ettari di barene sono state utilizzate, nel corso della sperimentazione tra il 2013 e il 2017, di Vimine 4 mila fascine prodotte con legno locale, infissi 11 mila pali in laguna, rimossi 60 metri cubi di rifiuti. Dal 2017 in poi, decine e decine di altri interventi sono stati messi in campo da Provveditorato e Regione.

Cosa rende speciale il progetto

Diverse le particolarità che rendono unico il progetto Life Vimine. In primis, la realizzazione di piccoli e numerosi interventi diffusi di ingegneria naturalistica per proteggere i margini delle barene, utilizzando materiale biodegradabile e con basso impatto visivo e ambientale. L’approccio del progetto è infatti quello di prevenire l’erosione bloccandola sul nascere. Gli interventi includono la posa di fascinate, pennelli, barriere frangionda di materiale biodegradabile (rami e pali di legno, reti e corde vegetali) e piccoli riporti di sedimento per limitare i processi di degradazione. Il sedimento prelevato, manualmente o con piccole pompe, dalle velme vicine è inoltre utilizzato per ricostruire la morfologia di tratti di barene in forte erosione.

Altra caratteristica del progetto è il coinvolgimento delle comunità del territorio.

«Gli interventi impiegheranno pescatori locali che rappresentano manodopera qualificata e garantiranno così uno strumento di integrazione al reddito», aggiunge Barausse, «il settore infatti ora si trova in difficoltà per via dell’emergenza granchio blu e della noce di mare, specie altrettanto rischiosa proveniente dal Mar Nero».

Per il futuro, poi, Vimine punterà a coinvolgere anche investitori privati. «Immaginiamo uno scenario in cui apriremo a sponsorizzazioni private», conclude Barausse, «con l’obiettivo di ottenere più fondi. Siamo già stati contattati da diversi soggetti interessati. La pianificazione degli interventi sarà pubblica, così come pubbliche saranno eventuali sponsorizzazioni così da evitare il rischio “greenwashing”». Guai, insomma, a chi intende ripulirsi il nome con interventi di salvaguardia: la priorità andrà sempre e comunque alla tutela delle barene.

Le barene di Venezia a rischio: nel video racconto i progetti per salvarle

La ricchezza della natura nel silenzio della laguna

Per chi non le frequenta quotidianamente, andare in laguna alla scoperta delle barene è come entrare in una dimensione parallela rispetto alla città con le sue meraviglie. Uno spazio del cuore per i veneziani. Natura nel suo senso più alto. E la mano dell’uomo, indispensabile e invasiva al tempo stesso. L’orizzonte sulla distesa piatta, immensa, della laguna è rotto da piccole bricole in legno e, sullo sfondo, da giganti porta container dirette al porto.

Il silenzio si interrompe solo per i cinguettii degli uccelli o per i piccoli motori affaticati dei barchini dei pescatori, con le loro canne riverse sull’acqua. E poi loro, le barene. Naturali, come in laguna nord. O artificiali, come in laguna centrale. Costruite dall’uomo perché quelle naturali a causa (anche) dell’uomo vengono erose. Il loro scopo è doppio: ecologico e utilitaristico. Il primo è facile da spiegare: le barene scompaiono a un ritmo inquietante. E con loro, un ambiente unico con una ricca biodiversità di piante che vivono in acqua salata (come la salicornia, lo sparto delle barene, varie specie di limonium), frequentato da varie specie di uccelli. Il loro compito è anche quello di sostenere attività umane come la pesca e l’itticoltura.

La motivazione utilitaristica, invece, risiede nello smaltimento di sedimenti e rifiuti, impiegati per creare la base melmosa della barena. Ecco perché non è raro imbattersi nel bel mezzo della laguna in tubi che, provenienti dai siti di stoccaggio dei sedimenti, emergono dall’acqua per “sparare” il fango dentro le recinzioni.

Succede, ad esempio, nel tratto di laguna centrale di valle Zappa. Qui è attivo il progetto Rest Coast (coordinato dal Corila, con Provveditorato, Ca’ Foscari e università di Padova) che punta a dimostrare come il ripristino degli ecosistemi costieri vulnerabili possa ridurre gli impatti dei cambiamenti climatici e aumentare la biodiversità.

Ed è qui che, sia nelle fredde giornate di nebbia che sotto la canicola estiva, dentro a stivaloni ermetici, intervengono i ricercatori dell’università di Padova come Paolo Comandini e Cristina Breggion. Già, anche le barene artificiali hanno bisogno di costanti cure e di massima attenzione. Si tratta pur sempre di un ambiente complesso. Lo si capisce guardandolo da vicino. Ciò che rende unica la barena è infatti l’azione della marea, che puntualmente la sommerge. Se i sedimenti utilizzati per la formazione di una barena si concentrano solo in un punto, lì l’acqua non arriverà mai. E la barena diventerà un’isola, troppo alta perché l’escursione di marea possa sommergerla. In questo modo ne risente la vegetazione tipica delle barene. Ma anche la stessa morfologia, con i suoi “ghebi”. Canali minori che attraversano le barene, mettendo in comunicazione le zone più interne alle vie d’acqua principali, il loro scopo è di drenare la mare e mitigare l’effetto erosivo.

Servono occhi attenti e monitoraggi costanti per evitare che ciò accada. Per evitare che uno degli habitat naturalistici più ricchi d’Italia, che circonda e protegge una città sull’acqua, scompaia per sempre. 

La scheda

Le barene sono porzioni di terra emersa che si trovano nella laguna, caratterizzate da un ecosistema unico e dalla presenza di vegetazione halofila, ovvero piante che tollerano l'alta salinità. Esse emergono durante la bassa marea e vengono periodicamente sommerse durante l'alta marea.

Importanza ecologica

Biodiversità: Le barene ospitano numerose specie di piante, uccelli, pesci e altri organismi, creando un habitat ricco e diversificato.

Filtraggio: Agiscono come filtri naturali, migliorando la qualità dell'acqua, trattenendo sedimenti e nutrienti.

Protezione costiera: Aiutano a proteggere le coste dalle onde e dall'erosione grazie alla loro struttura naturale.

Sfide ambientali

Erosione: Le barene sono soggette a fenomeni erosivi che ne riducono la superficie.

Inquinamento: L'inquinamento delle acque può danneggiare la flora e la fauna delle barene.

Cambiamenti climatici: L'innalzamento del livello del mare e altri effetti legati ai cambiamenti climatici minacciano l'esistenza delle barene.

Risorse utili

 

 

 

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