Non serve a nulla manifestare il 25 novembre se ci dimentichiamo tutto il 26
La cultura che ci circonda vede la violenza come un argomento tabù, troppo cruenta per essere spiegata ai propri figli. Figuriamoci a scuola. Ma allora, da dove dobbiamo partire per cambiare le cose?
Ogni anno vengono ripetute le stesse frasi: «Il 25 Novembre non deve essere l'unico giorno in cui si parla della violenza contro le donne». «Bisogna trattare l'argomento in maniera più approfondita», e ci si promette che l'anno successivo sarà diverso, che la sensibilizzazione sull'argomento verrà portata avanti in maniera seria, interessante e corretta.
Solo promesse
Ogni anno, però, queste promesse vengono meno: basti pensare alla situazione scolastica in cui, per quanto non lo si voglia ammettere, viene speso solo qualche minuto per parlarne. Vengono elencate le tragedie che si sono accumulate durante l'anno, utilizzando frasi fatte vuote di significato. Le poche attività proposte, di cui ci si dimentica spesso qualche giorno dopo, vengono indirizzate verso le ragazze, quasi come fosse un argomento che riguarda marginalmente la loro controparte maschile.
Questo porta a un trattamento superficiale del tema che si limita a dare informazioni su nomi e cognomi di cui si sa poco e nulla, mettendo in secondo piano una riflessione più empatica ed emotiva, che è la base per riuscire a migliorare la situazione attuale.
Una certa resistenza
Va detto che è il contesto in cui viviamo: si può sempre notare una certa resistenza riguardo al parlare della violenza di genere. Da molti viene ancora ritenuta inesistente, viene negata la sua origine nella visione conservatrice della donna nella società, e viene ribadito come il problema si estenda anche agli uomini. Le statistiche parlano chiaro: il problema riguarda in percentuale preoccupante la popolazione femminile.
Ciò indica il bisogno di un'indagine alla radice del problema, che molte volte viene ignorata per comodità e per non rischiare di mettere in dubbio i propri valori. La giornata contro la violenza sulle donne viene quindi vista da molte, troppe persone come eccessiva. La sua mera esistenza viene presa come un affronto a causa di una mancata educazione sull'affettività e contro gli stereotipi in primo luogo nelle famiglie.
La cultura che ci circonda vede la violenza come un argomento tabù, troppo cruenta per essere spiegata ai propri figli. Ciononostante chiunque può venire a conoscenza della drammatica cronaca, e una mancata educazione sul perché avvengono e perché sono sbagliate comporta la possibilità di ulteriore disinformazione e ignoranza al riguardo.
Se, quindi, né le scuole, né le famiglie sono in grado di spiegare in maniera profonda e sensibile le problematiche, chi può farlo per loro senza una riforma nel modo di pensare delle persone?
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