Ossessione e solitudine, le coppie non reggono più

L’analisi della psicanalista Vera Slepoj, scomparsa a Padova il 21 giugno 2024: «Oggi pesa la fragilità dell’ambiente culturale in cui vivono. Mancano le risorse interiori, il nutrimento culturale a cui appigliarsi per valorizzare la coppia e dare un senso allo stare insieme»

Flashmob delle studentesse dell'Università La Sapienza di Roma, in memoria di Giulia Cecchettin
Flashmob delle studentesse dell'Università La Sapienza di Roma, in memoria di Giulia Cecchettin

Vera Slepoj, psicanalista e scrittrice padovana, è deceduta improvvisamente nella notte tra giovedì 20 e venerdì 21 giugno all'età di 70 anni. Il 12 maggio 2023, a sei mesi dalla morte di Giulia Cecchettin, aveva chiesto all’intero Paese di non dimenticare, di non rimuovere l’emozione che quell’orribile assassinio aveva provocato nell’animo di ognuno di noi.

A fine maggio, quel ricordo è stato riattivato dalla cronaca, dall’ennesimo femminicidio consumato a Nord Est: quello di Sara Buratin, uccisa a Bovolenta di Padova il 27 febbraio 2024. Qui riproponiamo l’intervista realizzata in quella occasione con Lorenza Raffaello, il 31 maggio 2024.

Vera Slepoj, foto Bianchi
Vera Slepoj, foto Bianchi

Dottoressa, ancora una giovane donna uccisa dal suo uomo, dopo Giulia, Vanessa, Sara. C’è un fil rouge che collega tutti questi omicidi?

«Ogni femminicidio è diverso, le cause e le condizioni sono diverse, ma se dovessimo trovare un comune denominatore è l’ossessione provata dall’omicida nei confronti della sua vittima. Anche in questo caso, il compagno di Giada era preoccupato di perdere il figlio nel caso si fossero separati».

Come possiamo definire l’ossessione?

«L’ossessione è la rivolta della razionalità, il pensiero ossessivo procede in modo ininterrotto senza spazi razionali, è un pensiero continuo e costante che non prevede la valutazione di un’esame della realtà, tu sei dentro un pensiero che domina le tue notti e la tua mente. Dobbiamo però pensare anche a quanto sia difficile la gestione dei sentimenti: alle donne oggi viene chiesto di dover valutare il rischio sentimentale, mentre gli uomini prendono sempre più sul serio i sentimenti».

L’ossessione in certi casi però è destinata a trasformarsi in furia omicida?

«La base per arrivare ad uccidere non ti dà alternative. Per uccidere ci vuole una rabbia, una violenza, una struttura mentale molto precisa. La costruzione razionale che prevede la morte dell’altro ha una base ossessivo maniacale. Sono individui che pensano: “ti uccido perché mi fai soffrire, per poter stare meglio”. Sono ragionamenti molto complessi, come diventa complesso cogliere i segnali all’interno della coppia».

Giada e Andrea erano una coppia in crisi con un bambino piccolo, questo ha contribuito al realizzarsi del tragico epilogo?

«Se una coppia comincia a sfaldarsi, il figlio comincia a diventare un elemento ossessivo, come è accaduto in questo caso. Ci troviamo di fronte alla mancanza di gestione emotiva. Siamo incapaci di accettare che il femminicidio non è un problema di rapporto di potere uomo-donna ma è incapacità di gestire un equilibrio adulto, un senso di responsabilità della relazione».

Sono cambiate le coppie?

«Oggi le coppie sono isolate, sono sole. In passato la logica che costruiva la relazione nel passato era il desiderio di tenere in piedi una scelta, quella di stare insieme. Oggi pesa la fragilità dell’ambiente culturale in cui vivono: tante piccole case nuove, con giardinetto davanti, l’aperitivo, il sabato giro del paese, la domenica il pranzo da qualche parte e null’altro: emerge una stanchezza della vita che questa famiglie conducono. Mancano le risorse interiori, il nutrimento culturale a cui appigliarsi per valorizzare la coppia e dare un senso allo stare insieme».

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