Femminicidio di Giulia, Gaya Spolverato: «La violenza è ovunque, va estirpata»

La professoressa delegata alle Pari opportunità dell’ateneo patavino: «Abbiamo potenziano la nostra azione di contrasto alla violenza di genere con corsi di formazione e l’apertura di uno sportello anti molestie»

Rocco Currado
La professoressa Gaya Spolverato
La professoressa Gaya Spolverato

Dal dolore alla reazione. L'Università di Padova in prima fila per combattere la violenza di genere, tra prevenzione e cura. Lo racconta la professoressa Gaya Spolverato, delegata dalla rettrice alle Politiche per le pari opportunità, a un anno dalla morte di Giulia.

Dottoressa Spolverato, come ricorda quei giorni così dolorosi per la comunità dell'università?

«Sicuramente più che in ogni altro terribile caso di cronaca, ci siamo resi conto che la violenza di genere è qualcosa che tocca davvero tutti noi. L'impressione che la violenza potesse entrare ovunque, anche nelle mura della nostra università, ci ha toccati profondamente. Ricordo il subbuglio, tutti volevano improvvisamente fare qualcosa. Perché pochi si erano occupati del tema prima di allora».

Qual è l’eredità più importante che ha lasciato Giulia?

«Dalle tante idee di quei giorni siamo riusciti a potenziare la nostra azione di contrasto alla violenza di genere. Abbiamo consolidato le attività già in corso, cercando di lavorare in tre direzioni: gli studenti, il personale, ma anche uscire dalle mura dell'università, andare a parlare nelle scuole e rafforzare la rete con le realtà del territorio. Stiamo riscrivendo il Gender Equality Plan che già avevamo e verrà rinnovato per il triennio 2025-27. È un documento che definisce la strategia dell’ateneo per promuovere l’uguaglianza di genere. Abbiamo fatto partire il corso online "Equità e inclusione", che ha riscontrato grandissimo interesse nella comunità accademica. Ma il progetto più importante è quello chiamato “Unire”, finanziato con 250 mila euro, che prevede tra le altre cose interventi di formazione a cascata, a partire dalle figure apicali, e l’apertura di uno sportello anti molestie».

Nota più consapevolezza verso questi temi?

«Credevo che con il tempo si sarebbe raffreddato l'interesse e così non è stato. Se ne continua a parlare molto più di un tempo, c’è più consapevolezza».

Il femminicidio, lo sappiamo, è solo la punta dell’iceberg.

«C'è tutto un prima da non sottovalutare. In maniera estremamente lucida, quando è stata uccisa Giulia io dissi: “Non vi rendete conto che questo è solo uno degli outcome di una disuguaglianza di genere patologica”. È nostra responsabilità lavorare su questa. Non a caso, il nostro Gender Equality Plan ha solo al quinto punto il contrasto della violenza di genere comprese le molestie. Le altre aree di intervento riguardano l’equilibrio vita privata e vita lavorativa, l’equilibrio di genere nelle posizioni di vertice, l’uguaglianza di genere nel reclutamento e nelle progressioni di carriera, l’integrazione della dimensione di genere nella ricerca e nei programmi degli insegnamenti».

L’Università di Padova ha una rettrice donna, lei è primaria facente funzione. Ma il soffitto di cristallo esiste.

«Questo è un tema che deve essere affrontato, bisogna scalfire certi comportamenti che storicamente sono considerati normali ma normali non sono. Io sono solo un esempio. Mi piacerebbe che una primaria quarantenne facesse meno scalpore, che fosse la normalità. Perché significherebbe abbattere una serie di barriere che le nostre studentesse vivono quotidianamente nelle professioni».

Con i suoi colleghi state analizzando anche le conseguenze fisiologiche e patologiche delle violenze, perché?

«Indagare il fenomeno a 360 gradi è fondamentale. Fare cultura sugli effetti biologici e molecolari della violenza contro le donne ci permette di analizzare questo atroce fenomeno da un altro punto di vista e creare così letteratura scientifica che possa permetterci di gestire meglio queste pazienti e gli effetti a lungo termine della violenza subita dal partner. Sono aspetti che non possono essere trascurati. Se non lo fa l'università, chi lo deve fare?».

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