Un anno senza Giulia: gli otto giorni che hanno tenuto l’Italia con il fiato sospeso
Era l’11 novembre quando Giulia Cecchettin esce di casa per incontrare Filippo Turetta. Quella sera la ragazza non torna a casa: verrà uccisa dal suo ex fidanzato che, dopo aver abbandonato il corpo in una zona di montagna in Friuli, viene arrestato una settimana dopo in Germania
Domenica 12 novembre 2023. Su centinaia di telefonini c’è un messaggio WhatsApp che diventa virale. “Condividete per piacere. Se vedete in giro questa ragazza contattateci”. Ci sono tre foto di Giulia Cecchettin. Con una camicetta bianca, con una maglietta nera, un primo piano.
La ragazza viene descritta così: “Capelli castani lunghi, frangetta, 1,63 m, occhi scuri. Indossava gonna marrone, maglione azzurro. Ultime notizie dell’11.11.2023 alle 22.45. Possibili zone: Vigonovo, Mestre, Colli Euganei. Vista l’ultima volta insieme a questa persona”.
“Questa persona” è Filippo Turetta. C’è la foto del ragazzo. È con il passaparola, prima dell’arrivo delle tivù davanti alla casa della famiglia Cecchettin a Vigonovo, delle dirette no-stop, degli appelli televisivi, che i sentimenti di speranza e angoscia di papà Gino, della sorella Elena, del fratello Davide e di tutta la famiglia diventano collettivi. Giulia Cecchettin è scomparsa la sera dell’11 novembre del 2023.
Le ultime tappe
Quali siano state le tappe di quella giornata è agli atti del processo che si sta celebrando davanti alla Corte d’Assise di Venezia. Il pomeriggio trascorso dai due ex fidanzati al centro commerciale Nave de Vero di Marghera. Lei che cerca qualcosa da comprare in vista della cerimonia di laurea in Bioingegneria biomedica prevista il giovedì successivo all’Università di Padova, le 52 foto scattate alla ragazza da Turetta.
Non può sapere, Giulia, che Turetta ha nella sua Fiat Grande Punto nera due coltelli, nastro adesivo, sacchi neri. E poi: la prima aggressione nel parcheggio di Vigonovo, alle 23,15; la seconda aggressione nella V Strada della zona industriale di Fossò con Giulia Cecchettin che cerca di scappare e Filippo Turetta che la insegue, la accoltella, la uccide e la carica nel bagaglio, iniziando la sua fuga per mezza Europa.
Ma tutto questo lo si saprà dopo, con le indagini del Nucleo investigativo dei carabinieri di Venezia coordinato dalla procura di Venezia. Quando, la mattina di domenica 12 novembre, Gino Cecchettin si presenta alla caserma dei carabinieri di Vigonovo, a pochi passi da casa sua, per denunciare la scomparsa della figlia, nessuno ancora può immaginare - tranne Turetta - che cosa sia accaduto a Giulia.
La denuncia di Gino Cecchettin
Lo stesso giorno, dopo che i messaggi sulle ricerche diventano virali un uomo la cui terrazza si affaccia sul parcheggio dell’asilo di Vigonovo, mette in relazione l’aggressione cui ha assistito sabato sera – telefonando ai carabinieri che però erano impegnati in una rissa a Chioggia – con la scomparsa di Giulia. Lo dice al papà della studentessa che, nel libro “Cara Giulia”, ricostruisce così questo passaggio: “In quel momento non me lo sono voluto confessare, ma quando ci ho ripensato, mi è stato chiaro invece che avevo già capito: era successo qualcosa di molto grave”.
La ricerca della Fiat Grande Punto nera
Sono i giorni in cui, attraverso qualsiasi canale di comunicazione possibile, i familiari di Giulia e in particolare lo zio Andrea Camerotto, ripetono allo sfinimento numeri e lettere che ancora non riescono a togliersi dalla testa: FA 015 YE, la targa della Fiat Grande Punto nera ammaccata sul cofano che tutta Italia, in angoscia per le sorti della ragazza, sta cercando. Nicola Turetta ed Elisabetta Martini, i genitori di Filippo, si rivolgono al figlio: “Qualsiasi cosa sia accaduto, portala a casa”. Con il passare del tempo le speranze di trovare Giulia viva sono sempre più flebili. Giovedì 16, è il giorno della laurea, e Giulia non c’è. Non ci avrebbe mai rinunciato.
Il ritrovamento del corpo di Giulia
Il 17 la procura di Venezia fa sapere che Turetta è indagato per tentato omicidio e sequestro di persona: le telecamere del circuito di sorveglianza dell’azienda Dior hanno ripreso l’aggressione nella V strada della zona industriale di Fossò, ma dalle immagini non è possibile dire se, mentre viene caricata nel bagagliaio, la ragazza è ancora viva o già morta. Passano 24 ore e il corpo di Giulia verrà trovato il giorno dopo, dietro un anfratto roccioso lungo un sentiero vicino al lago di Barcis.
La fuga verso la Germania
Nelle stesse ore continua la fuga senza meta di Filippo in Germania. È partito con 200-300 euro in tasca prelevati a Torreglia qualche giorno prima di quel sabato 11 novembre. Una fuga attraverso Longarone, Cortina, Dobbiaco, Lienz. E poi Mallnitz, Spittal, Salisburgo e Monaco dove, domenica notte, per la prima volta si ferma a dormire in un parcheggio per alcune ore. E poi da Monaco a Berlino, la sera del lunedì 13.
Ci sta cinque giorni. In un negozio di Hermanplatz compra un coltello. “Volevo suicidarmi ma non ci sono riuscito”, dirà al pubblico ministero Andrea Petroni nell’interrogatorio al carcere di Montorio (Verona) dove è stato trasferito dopo che la polizia tedesca lo ha fermato, nella notte tra il 18 e il 19, lungo l’autostrada, di ritorno verso Monaco. L’auto ferma nella corsia di emergenza, lui stremato dalla fuga. “Volevo consegnarmi”.
L’arresto e gli interrogatori
Un interrogatorio con ammissioni e silenzi; bugie. Che deciderà di riempire e correggere, almeno in parte, con un memoriale consegnato ai giudici della Corte d’Assise di Venezia in cui racconta di aver pensato di uccidere Giulia, e di essersi preparato per questo.
Avevo pensato di ucciderla – è il senso della sua lettera - ma non aveva premeditato di farlo quella sera. E il sottile scarto di significato - ma rilevante ai fini della determinazione della pena - tra preordinazione e premeditazione del delitto. Un delitto pensato, non programmato.
Ho pensato di rapirla, e anche di toglierle la vita: ero confuso, io volevo stare ancora assieme a lei
ha detto in aula rispondendo alle domande del pm, lo scorso 25 ottobre. Se la giuria riterrà che c’è la piena premeditazione, come ritiene l’accusa, Filippo Turetta rischia l’ergastolo. Ma questo si saprà con la prossima sentenza.
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