Le parole per dire stop alla violenza di genere
Anche oggi si continua a lottare per avere “voce in capitolo”, che vuol dire articolare una parola che risuona, che sia riconosciuta dal corpo collettivo e che per questo può legittimamente ambire ad avere influenza sulle decisioni politiche
“Il male sta nelle parole” ammoniva Luigi Pirandello, alludendo alla potenza del linguaggio che può ferire, mistificare la realtà ma anche, se ben usato, contribuire a risanare legami “tossici”, ritessendo il dialogo. E’ venuto il momento di compiere una svolta, non solo sul piano della civiltà giuridica, ma anche della cultura e dell’etica, che possa creare una “rottura epistemica determinando il superamento delle “fratture” della memoria.
Con le parole si può rifare il percorso delle tante battaglie individuali e collettive combattute dalle donne verso un’emancipazione e una reale parità ancora tutta da costruire. Amore, istruzione, lavoro, tecnologia, zitella, sono tasselli di un mosaico che svelano e racchiudono mondi, esprimendo condizioni esistenziale, spesso marcate da etichette discriminatorie.
Il vocabolario serve a comporre una narrazione che ci appartiene tutti perché riguarda il progresso della civiltà universale. Sono passati più di due secoli dal discorso ufficiale che Carolina Arienti fece a Mantova (nel 1797) per condannare la discriminazione sistematica praticata ai danni del gentil sesso. A quell’epoca prendere la parola era diritto di pochi. Anche oggi si continua a lottare per avere “voce in capitolo”, che vuol dire articolare una parola che risuona, che sia riconosciuta dal corpo collettivo e che per questo può legittimamente ambire ad avere influenza sulle decisioni politiche.
Amore è la chiave lessicale paradigmatica di cui abbiamo perso il senso che riconduce alla libertà di agire, pensare, creare legami, ma che tradotta in una logica maschilista e patriarcale dura a morire, ha finito sovente col coincidere con la pratica del possesso che toglie il respiro e persino la vita.
“Era nel cuore di mia madre la verità perché non me ne sono accorto in tempo” il rammarico del grande pittore Giovanni Omiccioli e il nostro stesso rammarico, che riconduce alla radice del significato autentico dell’amore, che è dare senza avere nulla in cambio. Tra le rivoluzioni che l’amore comporta vorremmo si attuasse quella della gentilezza, fatta di gesti di amore filiale, di cui si avverte l’assenza nella quotidianità delle mura domestiche oltre che negli ambienti istituzionali.
Violenza è il secondo termine critico che racchiude tutto il carico di secoli di sopraffazioni. Dobbiamo fare con ostinazione rumore per sconfiggere il male, non per confondere il linguaggio nel caos che disorienta, ma per ritrovare il coraggio della denuncia, che ci permette di superare l’afonia, che è silenzio, sottomissione, emarginazione dalla vita pubblica per milioni di donne.
Non si può ritrovare il corpo nella società del virtuale che lo cancella quando fa più comodo, solo per esporlo al vilipendio, e al massacro. Abbiamo aspettato un infinto numero di anni perché venisse abrogata la norma del codice Rocco che annoverava lo stupro unicamente come reato contro la morale pubblica, riclassificandolo finalmente come reato contro la persona.
Non perdiamo l’occasione per andare avanti per varare una legge di contrasto alla violenza e alla discriminazione in tutte le forme in cui si manifesta, perché anche i numeri, in questa partita verso l’uguaglianza dei generi, hanno un senso proprio come accade alle parole. Di questo pavimento linguistico fatto di una molteplici di tasselli semantici, l’istruzione è il basamento, il primo antidoto alla violenza, perché consente di vedere l’altro/a che ci sta di fronte, ci induce ad essere veri, riscattando la nostra presenza nel sociale.
L’istruzione se ben indirizzata, non si alimenta del potere cieco, non nega l’alterità, si nutre della contraddizione per superarla, divenendo una potente leva di maturazione di quella consapevolezza che può portare a una riduzione del rischio. L’istruzione insieme all’adozione di percorsi educativi da adottare anche nelle scuole può far riguadagnare alla bellezza, altra parola oggi svilita dal fenomeno della mercificazione della sessualità, quella forza che ci conduce, come ci ha insegnato Platone, verso la porta del cielo, liberandoci dalla catena della sofferenza e dei femminicidi che insanguinano ogni giorno le cronache.
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