Ius vexationis, abbattiamo il diritto alla molestia
Viene sempre da chiedersi cosa plasmi simili abusatori: quali madri e padri, quali esperienze affettive, quali scuole, quali libri, quali canzoni o film ne abbiano modellato la struttura emotiva.
In un paese in cui la parola ius non riesce a fondersi con i termini scholae e soli, cioè scuola e suolo, pare invece esistere lo ius vexationis, il diritto alla molestia, dove le molestate sono persone di sesso femminile. Emblematico è il caso di Nicoleta Rotaru – uccisa ad Abano Terme, Padova - che ha potuto collezionare per anni offese, minacce, soprusi dal compagno senza che si sia scatenata la bufera reattiva delle istituzioni, nemmeno alla sua morte.
Perché in Italia devi essere una povera pugile che si prende un colpo al naso in pochi secondi per sentire un coro di solidarietà. Altrimenti solo qualche citazione, qualche servizio televisivo, qualche celebrazione. Gocce che evaporano nella quotidianità di una pressione molesta su centinaia di migliaia di donne che, non di rado, anzi con buona frequenza, sfocia in terribili omicidi.
Sono, in sé, numeri inquietanti che affondano le radici in un’area ancor più vasta di vexationes che nessuna pare in grado di fermare.
Viene sempre da chiedersi cosa plasmi simili abusatori: quali madri e padri, quali esperienze affettive, quali scuole, quali libri, quali canzoni o film ne abbiano modellato la struttura emotiva. Qualcuno sostiene che sia una parte di quelli che hanno mal interpretato le Scritture, narrazioni plurisecolari, convincendosi che la donna sia davvero un sottoprodotto del corpo maschile. La famigerata costola! Hanno letto male, come sempre bisogna saper leggere o, addirittura leggere. Non c’è nelle Scritture alcuna superiorità all’origine tra uomo e donna ( e nemmeno tra uomo e uomo).
La vita ci offre la possibilità di una relazione che può rivelarsi strepitosa, se hai capito qualcosa dell’esistere, o tossica se ti stai nutrendo solo di te stesso.
Forse un giorno studieremo con metodo le cause di tanta arretratezza umana e civile. La gaussiana, la curva, che ne rappresenta la manifestazione si estende dai “buoni”, quelli che fanno battute da bar su ogni donna, sino ai talebani che oggi proibiscono alle loro donne persino l’uso della voce in pubblico.
Ma per tenere la curva sotto controllo è necessario, tra le tante cose, che i vexatores siano affrontati da un adeguato schieramento istituzionale e che si ammetta che la vastità del fenomeno necessita di forze e investimenti emergenziali.
Perché se il tuo vexator può, impunemente, maltrattarti al di là delle segnalazioni, se non si riesce a garantire una distanza di sicurezza, se la malcapitata non viene protetta da una barriera civile ( che devono essere anche i vicini di casa), saremo costantemente da capo. Ed è quello che accade.
E una barriera civile è anche una stampa tenace che tenga alta l’attenzione su questi fatti. Raccontandoli, mostrandone gli sviluppi: tanto le abilità dell’intervento istituzionale quanto la loro distratta assenza, come ha mostrato il caso di Nicoleta Rotaru, di cui possiamo ben vergognarci.
Personalmente credo sia meglio far rumore e correre il rischio di imprecisioni, data la posta in gioco. Guai a ostacolare lo sforzo di denunciare e anche di sondare la rete che alimenta questi comportamenti.
Altrimenti ci si potrà salvare solamente nel caso i vexatores venissero muniti, per avvicinarsi alle loro vittime, non di braccialetti elettronici ma di barconi.
Perché il barcone compare sempre nei radar del dibattito e dell’interesse politico.
Non certo in quello delle donne…
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