Sì, anche tu alimenti il patriarcato: i gesti quotidiani di cui (forse) non siamo consapevoli

È quando a un colloquio di lavoro dicono a lei «sei così giovane» ma non a lui. Quando si chiede a un uomo cosa ne pensi dopo che una donna ha proposto una soluzione

Federica Manzon
A due giorni dalla Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne, a Milano è apparsa una nuova opera della street artist Laika dal titolo 'Smash the patriarchy'. L'immagine raffigura Giulia Cecchettin e Gisele Pelicot
A due giorni dalla Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne, a Milano è apparsa una nuova opera della street artist Laika dal titolo 'Smash the patriarchy'. L'immagine raffigura Giulia Cecchettin e Gisele Pelicot

Su un muro che costeggia una via del centro di Milano la street artist Laika ha disegnato due donne: una sfoggia un basco nero e un sorriso pieno di fiducia, l’altra una giacca rosa acceso e occhiali da sole. Sono Giulia Cecchettin e Gisele Pelicot, il pugno alzato della rivolta e sopra di loro la scritta «Smash the patriarchy».

Ma cos’è questo patriarcato da distruggere? Una parola tabù, una parola desueta che evoca famiglie numerose e lavoro nei campi, miseria sociale e culturale, ragazze chiuse in casa e mani alzate con facilità su corpi sottomessi e docili. Parola sorpassata, estinta, perfino un po’ retorica secondo alcuni.

Suvvia siamo seri – dicono – siamo pur sempre nel 2024, guarda quanta strada hanno fatto le donne, c’è quasi da averne paura! Infatti, c’è quasi da averne paura, della sfrontata libertà delle ragazze, della loro indipendenza, dell’intelligenza che hanno sempre avuto, ma che da qualche decennio perfino rivendicano.

E allora, è forse che vero che il patriarcato si è estinto? Non tanto nelle sue forme giuridiche (il delitto d’onore, il matrimonio riparatore, il diritto di disporre del proprio corpo), ma nelle sue più insidiose forme sensibili, quelle della cultura, del senso comune, del comportamento socialmente accettato o incoraggiato. Quando possiamo parlare di patriarcato?

Incominciamo dall’inizio.

Quando a scuola le maestre escono dall’aula e chiedono alle bambine di controllare la classe perché sono più giudiziose, mentre i bambini sono così scavezzacolli, sorridono indulgenti. Quando le ragazzine escono le prime volte con le amiche nei pomeriggi in città e imparano che saranno giudicate da come si vestono, e se indossano una gonna appena più corta attireranno fischi, commenti, battutacce – e di che ti lamenti, dicono ridendo, non ti piacciono i complimenti?

Continua nella vita adulta.

Quando a un colloquio di lavoro dicono «sei così giovane» alla donna, ma non all’uomo con dieci anni di meno, e poi le chiedono se non ha mica intenzione di avere dei figli? Quando a una richiesta di aumento, o scatto di carriera o di contratto decente alle donne sorridono con indulgenza, ma cosa chiedi sciocchina.

Quando un uomo guadagna più di una donna per lo stesso lavoro, a volte molto più. Quando si chiede a un uomo cosa ne pensa, dopo che una donna ha proposto una soluzione a un problema. Quando dicono: «Che bravo tuo marito che aiuta in casa, dà una mano con i figli, anche se lavora».

Quando una donna viene chiamata “tesoro” o “mia cara” sul luogo di lavoro o da chi nemmeno conosce.

Quando dare un incarico dirigenziale a una donna viene visto come segno di progresso, di visione illuminata.

Quando dietro le porte chiuse delle riunioni si dice: «Ci tocca invitare anche una donna, altrimenti sai che polemica».

Quando a eventi pubblici le donne sono chiamate per nome gli uomini per cognome.

Quando le donne vincono premi, posti di lavoro, borse di ricerca e dietro le quinte si mormora che quei riconoscimenti sono ovvi, d’altra parte oggi vanno di moda le donne.

Quando la recensione di un libro su Kafka la firma un uomo, e di una saga familiare la firma una donna.

Quando i tavoli delle cene si dividono in lato femminile e lato maschile, così ci si capisce e si chiacchiera meglio.

Quando una donna attraversa un sottopassaggio della metropolitana la sera e sa che meglio stringere in mano le chiavi di casa o un oggetto acuminato, fingersi al telefono, non incrociare lo sguardo.

Quando una madre sorride orgogliosa del figlio che ogni giorno cambia fidanzata, e si preoccupa della figlia che ha molti fidanzati, cosa penserà la gente?

Quando gli uomini decidono di chiudere i consultori. Quando «gli uomini sono creativi, le donne pratiche». Quando...

Quando le donne si vergognano per aver subito una violenza, quando gli uomini non si vergognano di averla praticata.

Quando la libertà delle donne mette paura.

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