«Iniezioni letali»: il podcast sul caso Cappuzzo
Quattro puntate per ricostruire con tre importanti testimoni dell’epoca l’uccisione di Elena Fioroni per mano del marito, a Padova nel 2006
Parlare, condividere, provare a capire e a spiegare sentimenti, comportamenti, fatti, tentando così di cambiare la cultura che sta dietro a quello che in una parola chiamiamo femminicidio. È questo lo scopo del 25 novembre, la giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne. Non dimenticare, andare oltre la cronaca per comprendere se poteva essere fatto qualcosa in più per aiutare, per tendere una mano, per salvare vite.
Ecco perché nasce “Iniezioni letali - Il caso Cappuzzo”, il podcast che racconta l’omicidio, avvenuto a Padova nel 2006, di Elena Fioroni per mano del marito, Gian Luca Cappuzzo. Una giovane donna, madre di due bambini di 4 e 3 anni, viene trovata morta nella vasca da bagno. All’apparenza sembra un suicidio ma la verità verrà presto a galla.
Anche se allora non si parlava ancora di femminicidio, sono passati quasi vent’anni, questo caso di cronaca nera investì mediaticamente la città del Santo con una forza dirompente. Il motivo? Sicuramente la modalità di esecuzione, la donna infatti venne prima narcotizzata con l’etere e poi avvelenata con due iniezioni letali di benzodiazepine e di uretano. Oltre a questo, è proprio l’identikit dei due protagonisti, Elena e Gian Luca, a rendere questa vicenda ancora più assurda.
Lei, laureata in psicologia e madre a tempo pieno. Lui, medico specializzando all’Ospedale di Padova. In entrambi i casi alle spalle c’erano famiglie facoltose. Il padre di Elena, mancato nel 1997, aveva lasciato una cospicua eredità e un’azienda agricola alla famiglia. La donna però non voleva saperne di portare avanti quella attività e aveva chiesto che le venisse liquidata la sua parte: un milione e duecentocinquanta mila euro, si disse a processo.
Il padre di Gian Luca, invece, era stato il primario di diagnostica all’ospedale di Noale, nel veneziano, da lì il sogno di diventare a sua volta medico per seguirne le orme. Tuttavia, la realizzazione economica non c’era ancora, lo stipendio da specializzando era infatti intorno ai 900 euro al mese. Era Elena dunque che faceva la differenza in termini di entrate familiari.
La giovane coppia frequentava quella che, banalmente, potrebbe essere definita la “Padova bene”: uscite con gli amici, vacanze, in generale una vita agiata, in cui c’era spazio anche per investimenti azzardati, proposti da Gian Luca, e sovvenzionati da Elena. Poi, il sogno di mettere su famiglia, sogno che diventò realtà nel 2002 quando nacque il loro primo figlio Francesco, seguito da Giada l’anno seguente. La ciliegina sulla torta fu poi l’acquisto di una villetta a Voltabarozzo, alle porte di Padova. Tutto, insomma, sembrava perfetto.
Eppure, qualcosa andò storto, qualcosa si inceppò. Elena cominciò a non stare bene, la nascita ravvicinata dei due figli la fece cadere in una brutta depressione. Il malessere che stava vivendo la portò, nell’arco di un paio di anni, a ripensare anche alla sua relazione personale, capì che il rapporto con il marito non era più sano e arrivò alla fine a una decisione, lasciare Gian Luca. Da lì fu un’escalation.
L’uomo non accettava l’idea di perdere la moglie, non sopportava che tutto quello che avevano costruito insieme andasse distrutto. Inoltre, non aveva intenzione di rinunciare alla bella vita alla quale era ormai abituato. Una volta portata avanti la separazione, infatti, lui non avrebbe più avuto accesso alle finanze della moglie. Diventò morbosamente geloso, ossessivo, bugiardo. Ingaggiò un investigatore privato perché si era messo in testa che tra la moglie e il maestro di sci, conosciuto in vacanza, ci fosse una relazione. Quando però, le prove che si aspettava non arrivarono, andò fuori di testa. Così come andò in escandescenze quando ipotizzò, senza averne il ben che minimo motivo, che Elena avesse un flirt con lo psicologo che la seguiva. Ancora, inventò di avere un male incurabile, per tentare la carta della pietà, ma anche in questo caso fallì miseramente perché Elena capì presto che si trattava di un’assurda invenzione.
E alla fine il coup de théâtre. La convinse, con una scusa, a salire in macchina con lui e la condusse in un posto appartato. Lì, tirò fuori una pistola e la minacciò. Disse che l’avrebbe uccisa, e, poi avrebbe ucciso sé stesso, se avesse portato avanti l’idea di lasciarlo.
La misura era piena. Elena, lì per lì, cercò di rassicurare Gian Luca, lo convinse a calmarsi, gli disse che tutto si sarebbe sistemato. Ma la rottura era inevitabile a quel punto. Elena raccontò l’episodio al suo avvocato ma decise di non sporgere denuncia contro il marito, per non, testuali parole, “rovinarlo”.
Purtroppo, Gian Luca non si fermò, e non venne fermato. Arrivò ad uccidere la moglie, la mamma dei loro bambini.
Perché questo progetto
Ho deciso di raccontare questa storia partendo dalle carte del processo, dai fatti così come sono stati riportati in tribunale. Ma il valore aggiunto di questo racconto sono senza ombra di dubbio le testimonianze di tre persone vicine ad Elena e a Gian Luca. Per primo Gian Andrea Cappuzzo, il fratello minore dell’assassino, che ringrazio ancora, anche pubblicamente dalle pagine di questo giornale, per aver accettato di raccontare, di riesaminare, di riaprire una ferita ancora dolorosa e tentare, dopo tanto tempo e dopo la dipartita di Gian Luca avvenuta a febbraio di quest’anno, di mettersi alle spalle il passato.
Prezioso e commovente è stato anche il contributo di Elena Majoni, una delle migliori amiche della vittima, di più, una sorella. La Majoni, parlando con il cuore in mano, è riuscita a restituirci un ricordo autentico, luminoso ed eterno della giovane donna.
Infine, nel podcast, c’è spazio anche per Massimo Giliberto, lo psicologo che aveva in cura Elena e che la seguì in maniera continuativa fino alla sua scomparsa. Questi testimoni ci aiutano a ricostruire la storia di Elena e Gian Luca, ci consentono di mettere insieme i pezzi e alla fine di fare delle riflessioni importanti. Cosa poteva essere fatto per cambiare l’epilogo di questa storia?
“Iniezioni letali - Il caso Cappuzzo” lo trovate anche qui
e sulle principali piattaforme dedicate.
Riproduzione riservata © il Nord Est