Ti picchio, ti amo: la violenza (non riconosciuta) tra gli adolescenti
Secondo il report di Fondazione Libellula, i ragazzi non riconoscono la gelosia e la romanticizzano: per il 25% di loro è normale spiare il cellulare e diffondere dettagli privati. Qui i dati
“Se non ti segue, non ti ama”. “Se non è geloso, non è innamorato”. “Se non ti bacia senza preavviso, non è veramente interessato”.
La violenza, quella silente e strisciante di tutti i giorni, è nascosta nei gesti considerati quotidiani, prima degli adulti e poi degli adolescenti. Si nasconde dietro un’alzata di spalle o un “che sarà mai”. Una situazione allarmante raccontata dall'indagine di Fondazione Libellula, la “Survey Teen”: una fotografia della comprensione e dell'esperienza della violenza di genere di 1.592 giovani tra i 14 e i 19 anni.
Le relazioni tra adolescenti
Per quattro adolescenti su dieci lo stalking non è violenza. Per uno su quattro è normale diventare violenti se si scopre un tradimento, per questo ci si lascia geolocalizzare: il controllo è una forma d'amore. E poi c'è il consenso anzi, non c'è: le ragazze dicono "no" ma intendono "sì". Sarà normale? No, non lo è.
Insomma, la violenza nelle relazioni adolescenziali in Italia emerge come un fenomeno pervasivo e preoccupante. Libellula stima che un adolescente su dieci ha subito pugni, schiaffi o colpi nelle prime esperienze sentimentali. Ancora più allarmante, uno su cinque non riconosce gli abusi all’interno delle relazioni, e per uno su due la gelosia non è considerata una forma di violenza. Quello che delimita i confini di questa indagine è il dato più significativo tra tutti: una diffusa inconsapevolezza tra gli adolescenti rispetto a cosa costituisca abuso o consenso. Tra il 20 e il 25% degli intervistati, ad esempio, non considera violenza toccare o baciare qualcuno senza il suo consenso o raccontare dettagli intimi di coppia senza il permesso del partner.
La ricerca
La ricerca, giunta al suo secondo anno, ha visto un notevole aumento della partecipazione rispetto al 2023, segno – sottolinea la Fondazione Libellula– che i giovani sono pronti a confrontarsi sul tema se trovano ascolto.
Capire il campione che ha partecipato alla Survey Teen vuol dire anche capire, in maniera verticale e profonda, la necessità di una cultura scolastica. A rispondere alle domande sono stati 1.592 giovani tra i 14 e i 19 anni. Sono ragazze (48%), ragazzi (48%) e persone non binarie. Giovani che denunciano i rischi dei social network, ritenuti “più pericolosi dei mezzi di trasporto pubblici” soprattutto per le ragazze (71% contro il 57% dei ragazzi) ma anche la scuola: uno spazio che non è percepito come sicuro, per questo 3 su 4 credono che proprio in classe si debba parlare di violenza di genere e cultura del consenso.
La gelosia non è amore
Uno dei punti cardine su cui insiste la ricerca è la romanticizzazione della gelosia, spesso scambiato per amore: il 40% dei giovani intervistati controlla il telefono o i profili social del partner e pretende l’accesso alle sue password. Per la stessa percentuale, non si tratta di violenza inviare ripetuti messaggi o telefonare insistentemente.
“Questi dati sono ripetitori della cosiddetta rape culture – si legge sul report - una pseudocultura che minimizza gli effetti dello stupro abbracciando l’idea che l’uomo sia strutturalmente un predatore e la donna una preda sessuale”. Infatti, costringere qualcuno ad avere rapporti sessuali va bene per il 14% dei ragazzi e per il 2% delle ragazze. A fare da megafono a questa sottocultura è spesso “la musica trap: lo stupro viene promosso all’interno di un’estetica della violenza che alimenta il modello del maschio tossico e della ragazza bitch, oggetto sessuale usa-e-getta, senza diritti e col dovere di soddisfare il maschio alfa”, si legge ancora.
La violenza a casa
E poi c’è lei, la violenza a specchio. I comportamenti peggiori degli adulti sembrano replicati e peggio, normalizzati tra i giovanissimi che sono testimoni anche di violenza in famiglia (più di uno su 6). Per questo i concetti consenso e abuso restano un’area grigia, mentre la cultura dello stupro e quella del possesso si diffondono. “Ti tira i capelli? È perché gli piaci”.
Secondo Fondazione Libellula, questa normalizzazione del controllo è il risultato di una cultura patriarcale intrisa di stereotipi e mascolinità tossica.
Stereotipi che colpiscono entrambi i generi: un terzo degli adolescenti maschi ritiene che sia normale per un ragazzo interessarsi maggiormente al sesso e che le ragazze, anche quando rifiutano, spesso intendano dire sì. La metà degli intervistati crede ancora che una donna abbia bisogno di protezione da parte di un uomo.
Il "teen dating violence" e i numeri della violenza
Ancora numeri per capire il fenomeno. Più di un adolescente su tre ha subito forme di violenza, incluse molestie verbali o commenti indesiderati sul corpo. Le ragazze sono maggiormente esposte: una su quattro ha ricevuto richieste sessuali non desiderate, contro un ragazzo su dieci. Molti giovani non denunciano episodi di violenza, citando la vergogna, la paura di ritorsioni o la percezione che si trattasse di “gesti d’amore”.
Solo una piccola parte si rivolge a forze dell’ordine o centri specializzati, preferendo confidenze con coetanei o familiari.
Luoghi di rischio e ruolo della scuola
La strada si conferma il luogo più pericoloso per entrambi i sessi, ma non manca il bullismo nelle scuole, soprattutto tra i ragazzi, dove il dialogo con gli insegnanti risulta carente. Anche i social network rappresentano un rischio crescente, specialmente per le ragazze: il 71% si sente in pericolo online, contro il 57% dei ragazzi. Sebbene questi dati possano indicare una maggiore consapevolezza digitale, la protezione offerta dalle piattaforme resta insufficiente.
L'importanza dell'educazione affettiva
Fondazione Libellula ribadisce la necessità di educare i giovani all’affettività e al rispetto reciproco per spezzare la cultura del controllo e della violenza. Solo investendo su un cambiamento culturale e sociale si potrà affrontare la radice del problema e fornire ai giovani gli strumenti per riconoscere e prevenire la violenza nelle loro vite.
Siamo cresciute con il mito di Cenerentola e di Biancaneve, donne che vivono la loro vita aspettando un cenno, un saluto, di essere salvate da un uomo. Addirittura il “bacio del vero amore” per risvegliarsi dal torpore in cui la protagonista viene rispedita da un antagonista che, guarda un po’, di solito è sempre una donna.
La lotta alla violenza è una questione culturale. E la cultura cresce e si sviluppa nelle coscienze fin dalla più giovane età. Forse fin dai cartoni animati.
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