Il bottegaio deve diventare imprenditore: visione, orgoglio e futuro a Venezia

L’artigiano veneziano di oggi non può limitarsi solo a maneggiare il vetro, le pietre preziose o gli strumenti tradizionali. Deve comprendere il digitale come conosce i segreti del suo mestiere. Solo così potrà raggiungere un pubblico consapevole, educato al bello

Marco Jovon*

“Viva Venezia, viva San Marco e viva le glorie del nostro leon!” Chi non conosce le note e le parole di questa canzone, inno d’amore per la città lagunare? Ma oggi, che senso ha cantarla? E, soprattutto, che futuro può avere?

Venezia è figlia di Marco Polo e della Serenissima, un passato che ci rende orgogliosi, ma che spesso viviamo con un’agiatezza passiva, quasi svogliata. Troppo facilmente dimentichiamo la responsabilità che questa eredità comporta. Essere eredi non è solo un privilegio, è un impegno: il nostro passato non è un trofeo da esibire, ma una bussola per tracciare nuove rotte.

Lo sa bene chi, come me, si sveglia ogni mattina con “il sole in tasca”, con il desiderio di provare ad essere all’altezza di chi lo ha preceduto, come mio padre Bruno, e di portare avanti ciò che lui aveva cominciato. Ma come può una bottega di questo territorio proiettarsi verso il futuro?

Immaginate di poter scegliere i vostri clienti, di parlare direttamente a chi è entusiasta di scoprire la vera Venezia. Come cantava Enzo Jannacci, “ah, se me lo dicevi prima!” I milioni di turisti che ogni anno affollano la Laguna sono una risorsa preziosa, ma sta a noi trasformarli in ambasciatori del nostro “Genius Loci”. Solo trasmettendo l’anima di Venezia possiamo creare un circolo virtuoso, migliorando la città e il suo rapporto con chi la visita. Se non rispettiamo noi stessi e la nostra identità, come possiamo pretendere che lo facciano gli altri?

Il mondo è cambiato, e con esso il modo di comunicare. L’artigiano veneziano di oggi non può limitarsi solo a maneggiare il vetro, le pietre preziose o gli strumenti tradizionali. Deve padroneggiare Instagram con la stessa maestria con cui usa la lima o il cannello, comprendere il digitale come conosce i segreti del suo mestiere. Solo così potrà raggiungere un pubblico consapevole, educato al bello, che non cerca il solito souvenir a buon mercato, ma vuole vivere l’autentica esperienza veneziana, spritz compreso.

Questa non è un’opzione, è l’unica strada possibile. Essere imprenditori a Venezia non significa solo generare profitto, ma creare valore per la comunità. Quanto è gratificante andare a letto sapendo di aver reso la propria città un posto migliore? Quanto è bello sapere che un turista, tornando a casa – magari dall’altra parte del mondo – porterà con sé un pezzo autentico di Venezia?

Scegliere il Made in Italy, oggi, non è solo una questione estetica: è un atto etico. È costruire quel circolo virtuoso in cui tutti vincono, dove la bellezza genera rispetto, crescita e condivisione. Non è utopia, è una missione che ogni veneziano dovrebbe abbracciare.

Orgogliosi del nostro passato, dobbiamo avere il coraggio di evolverci, di innovare, di raccontare al mondo chi siamo. Perché là fuori c’è qualcuno che è appena arrivato in città e non vede l’ora di conoscerci. Il futuro di Venezia dipende dalla capacità di evolversi di chi qui vive e lavora.

*CEO di Eredi di Bruno Jovon

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