Venezia morirà se non diventerà amica dei giovani
Per essere degni della grande rivoluzione della sopravvivenza degli anziani, è necessario costruire una società più tarata sulle esigenze dei giovani
Dal 1984 a oggi, i cambiamenti demografici vissuti dalla provincia di Venezia sono stati enormi, non tanto per la quantità di abitanti, che hanno sempre oscillato fra 800 e 850 mila, quanto per la loro composizione per età e nazionalità.
Il cambiamento più notevole è stato l’invecchiamento. Gli over 80 erano 18 mila nel 1984, sono 72 mila oggi e – stando alle previsioni dell’Istat – saranno 96 mila nel 2043. Anche il numero degli anziani più giovani, di età dai 60 ai 79, è fortemente aumentato, da 126 mila nel 1984 a 211 mila nel 2024: questa classe di età sarà quella più numerosa nel 2043 (238 mila), quando nel 1984 la classe più numerosa era quella dai 20 ai 39. Nel 1984 il 17 per cento dei veneziani aveva più di 60 anni, oggi sono il 34 per cento: fra vent’anni, dovrebbero essere il 42 per cento. Infine, sono aumentati, anche se in misura minore, gli adulti maturi, di età tra i 40 e i 59.
Per converso, i giovani hanno continuato a diminuire, tanto che nei quarant’anni di vita della Nuova Venezia, la classe di età 0-19 si è quasi dimezzata, passando da 230 mila a 134 mila. Sono diminuiti anche i giovani adulti (età 20-39), da 243 mila nel 1984 a 165 mila oggi. Nel 1984, il 57 per cento dei veneziani aveva meno di 40 anni, oggi solo il 36 per cento.
I mutamenti della distribuzione per età, nel breve giro di un quarantennio, hanno portato a svariate conseguenze. Ne sottolineiamo solo una: è cambiata l’età degli elettori.
Nel 1984, l’età media dell’elettore era di 45 anni, oggi è di 55, spingendo i partiti a rivedere l’offerta politica, sia nelle elezioni nazionali che in quelle locali. Ieri, si cercava il consenso parlando di lavoro e sviluppo, oggi tutti parlano di salute e sicurezza.
Enormi cambiamenti
Questi enormi cambiamenti nella composizione per età sono legati fondamentalmente a due grandi sconvolgimenti della demografia naturale: l’incremento della sopravvivenza degli anziani e il calo della natalità.
L’attesa di vita a 60 anni in Veneto è oggi di 26 anni, mentre nel 1984 era di 21 anni.
Per non scassare i conti dello Stato e per non essere costretti ad abbassare drasticamente gli importi erogati, ciò comporta l’aumento dell’età alla pensione, come previsto – del resto – dalla legge attuale.
Si potrebbe fare molto per rendere sopportabile il lavoro fra i 60 e i 70 anni, e anche oltre, come favorire forme miste di pensione e lavoro part-time, e liberando i lavoratori anziani dalle mansioni gravose.
Ma si tratterebbe di una vera e propria rivoluzione culturale, difficile da accettare per partiti e sindacati, che continuano a raccontare la favola della possibilità di lasciare, in toto, il lavoro a 60 anni. Come se fossimo ancora nel 1984.
La crisi delle culle
Da quarant’anni, in provincia di Venezia, come in Veneto e come in Italia, ogni anno nascono meno di 1,5 figli per donna, quando ne servirebbero due per garantire un ricambio completo delle generazioni senza ricorrere di continuo a immigrazioni.
Inoltre, è diminuito drasticamente anche il numero di nascite: in provincia di Venezia sono nati 6.670 bambini nel 1984, 7.378 nel 2004, 4.912 nel 2023. La propensione delle coppie ad avere figli è stata simile nei due anni, ma le nascite sono diminuite perché sono diminuite fortemente le persone in età fertile, e perché – in una società dove quasi tutti i bambini nascono all’interno di coppie conviventi – è diminuita anche la proporzione di giovani che vivono in coppia.
Questo calo delle nascite ha portato, e porterà ancor più nei prossimi anni, a un drastico calo di tutte le attività centrate sui bambini e sui giovani (scuole, squadre sportive…) e, in prospettiva, a un ulteriore diminuzione delle persone in età fertile, e quindi del numero di nati.
A meno, naturalmente, di saldi migratori fortemente positivi, di aumento della proporzione di giovani in coppia convivente, e all’incremento della fecondità delle coppie. Premessa per questo cambiamento è che Venezia diventi una provincia amichevole per i giovani e per i bambini. Difficile, ma indispensabile, se non vogliamo che l’invecchiamento diventi un processo irreversibile, con l’inevitabile e drastica riduzione delle prestazioni di welfare.
I nuovi italiani, giovani
Come suggerito dall’Istat nelle sue proiezioni, un forte contributo potrebbe arrivare anche dai giovani stranieri. Gli stranieri erano pochissimi nel 1984, l’11 per cento dei residenti in provincia di Venezia nel 2024, cui bisognerebbe aggiungere migliaia di nuovi italiani che, in questo quarantennio, hanno acquisito la cittadinanza. Se non ci fossero state immigrazioni, la popolazione veneziana sarebbe oggi molto meno numerosa, molto più vecchia, e le nascite sarebbero ancora di meno: nel 2023, il 21 per cento dei neonati veneziani aveva entrambi i genitori stranieri.
L’ultimo quarantennio della demografia della provincia di Venezia lancia un segnale forte e chiaro di richiesta di cambiamento: alla politica, alle forze sociali, all’opinione pubblica. Per essere degni della grande rivoluzione della sopravvivenza degli anziani, è necessario costruire una società più tarata sulle esigenze dei giovani, perché trovino il coraggio di formare nuove unioni, di avere figli, e perché nuove famiglie trovino conveniente e interessante trasferirsi all’ombra di San Marco.
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