A Nordest lo shock energetico spinge le energie alternative
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Ogni rivoluzione necessita di un innesco. E la transizione energetica, che nel medio termine dovrà portare a una progressiva riduzione delle energie da fonti fossili in favore di quelle rinnovabili, non fa eccezione.
Se infatti famiglie e nondimeno imprese, anche a Nordest, con le energie “alternative” hanno iniziato a prender confidenza ormai da anni, è in questi ultimi mesi che si è assistito a un’accelerazione evidente, scatenata dallo choc dei prezzi energetici, una fiammata all’insù iniziata nel terzo trimestre dell’anno scorso, che si è poi aggravata quest’anno con l’attacco russo all’Ucraina.
I prezzi di gas ed elettricità hanno accelerato i programmi d’investimento delle imprese in materia energetica, complice anche progressiva riduzione dei costi degli impianti, che nel caso del fotovoltaico nell’arco degli ultimi anni si sono contratti di ben l’88% (dati Irena).
Che gli investimenti delle imprese per rendere più efficiente e sostenibile la gestione dell’energia siano in forte sviluppo lo dice anche un rapporto dell’Istat (riferito all’anno 2018) che rileva, tra le cause di questa spinta, le politiche pubbliche di incentivazione portate avanti negli ultimi anni. Secondo Istat il 40,1% delle imprese, 4 su 10, ha provveduto a installare macchinari, impianti e/o apparecchi efficienti e il 32,2% lo ha fatto senza usufruire di incentivi.
Tra gli investimenti finalizzati al risparmio di energia, 13 imprese su 100 hanno scelto l’isolamento termico degli edifici e/o la realizzazione di edifici a basso consumo energetico, 7 su 100 la produzione di energia da fonte rinnovabile elettrica, 4 su 100 da fonte termica, appena 3 su 100 la realizzazione di impianti di cogenerazione, trigenerazione e/o per il recupero di calore.
A livello geografico, il Nordest si piazza subito dopo il Mezzogiorno con il 7,8% delle imprese che investono in interventi energetici.
Il dato è però fermo al 2018, anno dal quale, grazie al mix degli incentivi e alla rincorsa di questi ultimi mesi la percentuale è certamente schizzata in alto.
Ne è convinto il vicepresidente di Confindustria Vicenza, Armido Marana: «Gli investimenti in macchine meno energivore, in motori a basso consumo, in illuminazione a led e in impianti fotovoltaici, che via via stanno andando a coprire i tetti dei nostri capannoni, è iniziata tempo fa e ha visto una discreta accelerazione in questi ultimi anni».
Fino a che punto, Confindustria Vicenza potrà stimarlo a valle del sondaggio lanciato proprio in questi giorni tra le sue imprese per capire «a che punto sono in termini di sostenibilità ambientale, sociale e di governance».
Per Michelangelo Agrusti, presidente di Confindustria Alto Adriatico, quello della transizione energetica è il tema dei temi. Spinto da quello che definisce “fattore B”: bollette salate come mai prima che hanno indotto le imprese a una nuova consapevolezza sulla necessità d’investire in prima persona.
«Quanto a noi - fa sapere Agrusti - stiamo elaborando una serie di progetti di comunità energetiche, che abbracciano tutte le chance di autoproduzione di energia, in singole aziende o in compound industriali. Lo studio è in fase avanzata - continua Agrusti - e ci porterà in tempi rapidi ad alcune sperimentazioni».
D’altro canto, le imprese si stanno muovendo autonomamente. I tetti letteralmente foderati di pannelli si moltiplicano. Iniziative utili, fondamentali, «che però non potranno mai garantire al 100% il fabbisogno energetico di certe nostre realtà (in particolare quelle più energivore), ci sarà sempre bisogno d’altro» ammonisce Agrusti che non manca occasione per ribadire il suo sì al nucleare.
Agli investimenti delle singole imprese vanno affiancati quelli pubblici, di sistema. «La previsione a livello nazionale è di mettere a terra, da qui al 2030, impianti per le energie rinnovabili con una capacità di 6 Gwh l’anno» spiega Marco Bruseschi, delegato in Confindustria Udine all’energia e alle fonti rinnovabili.
«Presente soprattutto al Sud, il fotovoltaico va portato in modo più capillare al Nord, lì dove le imprese consumano più energia, abbattendo così i costi di trasporto».
Costi accessori che potrebbero essere poco meno che azzerati con la costituzione di comunità energetiche industriali. Bruseschi ne parla con cognizione, da presidente del coordinamento di tutti i consorzi di Confindustria. «Consentiranno alle imprese che si mettono insieme di autoconsumare in loco l’energia prodotta senza l’intervento del distributore». Questo è il futuro.
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