Addio alle tasse di Monti: la nautica torna volano di crescita

Oltre 23 mila posti barca a Nordest, 16 mila in Friuli Venezia Giulia e i restanti in Veneto ma per il rilancio vero servono norme certe e meno cavilli. Innovazione: si fa largo il noleggio a lungo termine come per le auto

VENEZIA. Dopo il crollo registrato nel post Lehman Brothers e le tasse del governo Monti, il settore della nautica da diporto tenta una difficile ripartenza. In Italia ci sono oltre 158 mila posti barca censiti, tra le diverse tipologie di approdo. In Veneto, al 31 dicembre 2016 i posti barca erano 2.246 nei porti turistici, 3.783 negli approdi e 510 nei punti di ormeggio. Mentre in Friuli Venezia Giulia le postazioni erano 6.183 posti nei porti turistici, 5.480 negli approdi e 5.121 nei punti di ormeggio. Questi i dati del ministero dei Trasporti sul diportismo.

La crisi è alle spalle
Riguardo alla distribuzione dei posti barca fra le singole tipologie di infrastrutture (marina/porti turistici, darsene o punti di ormeggio) si può notare come quelli di maggiore qualità (porti turistici) siano concentrati in Liguria (oltre 16%), Friuli Venezia Giulia (12%) e Sardegna (12%), mentre i punti di ormeggio sono situati prevalentemente in Sicilia (24%), Sardegna (21%) e Veneto (13%). «Negli ultimi due anni la situazione dei porti turistici nel quadrante dell’Alto Adriatico è tutto sommato positiva, il sentimento dei gestori esprime soddisfazione, il periodo negativo dovrebbe essere alle spalle», commenta Giorgio Ribaudo, esperto di nautica di Horwath HTL Italia e professore all’Università di Bologna. La concorrenza con le coste della Croazia si sente meno, anche lì i prezzi sono cresciuti. «Dopo gli interventi del governo Monti si è manifestata un’avversione allo stazionamento in Italia, specie a Nordest - continua Gribaudo – a seguito anche dei maggiori controlli delle autorità e della tassa sopra i 10 metri, poi scomparsa, si è creata disaffezione. Solo l’annuncio ha spostato migliaia di imbarcazioni oltre confine».


Finita l’era delle lista d’attesa
Sui conti dei porti si fa sentire anche una programmazione errata, figlia degli anni 90 e inizio 2000. «Sono stati pensati e realizzati in situazioni di mercato differenti, con budget commerciali molto ambiziosi e piani di finanziamento ottenuti facilmente dalle banche - prosegue Ribaudo - anche con tassi di riempimento alti, i conti fanno fatica a tornare». Oggi a Nordest non ci sono liste di attesa lunghe per accedere ai porti, come negli anni 90. Poche le zone “superaffollate” in Italia: costiera amalfitana, Eolie, Liguria e Cinque Terre. «Dopo 10 anni difficili, ora il settore si sta riprendendo: il recupero è lento, oggi l’intero settore della nautica è al 20% del periodo pre-crisi – dichiara Roberto Perocchio, presidente nazionale di Assomarinas e titolare di Marina del Cavallino –. Negli ultimi 3 anni assistiamo un ritorno in esercizio di imbarcazioni che erano state messe in rimessaggio. L’utente è prudente sull’acquisto di beni impegnativi». Se si parla di porti la situazione è ancora incerta.


40 nuovi porti turistici
«A livello nazionale si sono creati ultimamente 40 nuovi porti turistici, che si inseriscono in un mercato debole – prosegue Perocchio -. Abbiamo raccomandato agli enti locali di procedere con cautela alla concessione di nuove aree per porti, quelli nuovi sono ancora in avviamento, molti porti turistici sono in difficoltà». Migliore è l’andamento per i porti con imbarcazioni superiori ai 24 metri, come Venezia, che ha registrato un incremento più sostenuto della media nazionale. Per i livelli occupazionali, la trasformazione in Marina resort, in particolare in Veneto e Friuli, ha portato benefici. «Occorre però completare il percorso con la riforma delle concessioni demaniali, distinguendo la portualità degli stabilimenti balneari – spiega il presidente nazionale Assonat, Luciano Serra -. Le imprese non possono essere distrutte dalle scelte della politica, ci sono tante persone che ci lavorano: 80mila addetti in Italia, più l’indotto». «Oggi chi viene in un porto, oltre ai classici servizi, deve trovare altro: sale riservate, spazio per bambini, palestra – prosegue Serra -. ma i conti devono essere in equilibrio. C’è una concorrenza spietata: in Francia ma anche in Croazia».


Meno burocrazia, norme certe
Per sviluppare il settore le sigle chiedono uno snellimento burocratico e la certezza delle norme. «In questi anni le strutture di Veneto e Friuli Venezia Giulia hanno potenziato molto la promozione all’estero per recuperare clienti, il mercato nazionale e locale si è infatti ridotto, anche il crollo delle due ex popolari ha contribuito alla flessione - conclude Perocchio -. Nel frattempo il ricambio generazione è molto lento, l’età media è oggi a 45 anni: le nuove generazioni meno interessate al mezzo nautico». Nel 2008 si facevano 4.800 leasing nautici in Italia all’anno, nel 2015 sono crollati a 300, -90% del mercato nazionale. La crisi finanziaria ha costretto gli istituti di credito più grandi a creare degli uffici appositi per gestire le imbarcazioni di quanti non riuscivano a pagare le quote di prestiti e leasing. Le zone di rimessaggio, in particolare di Monfalcone e Trieste, erano piene di imbarcazioni. —
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