Agrusti: «Confindustria Nordest è un piano strategico, giova al territorio e alla rappresentanza»
Il progetto di aggregazione interregionale degli industriali visto dal presidente di Confindustria Alto Adriatico, che liquida le polemiche. «L’unione in Fvg c’è già e il leader è Bono»
UDINE. «La Confindustria Fvg esiste già e il suo presidente è Giuseppe Bono». Discutere di statuti «non mi appassiona, è un esercizio inutile». Meglio guardare al progetto federativo interregionale «che è un piano strategico» per il territorio. Questa la vision di Michelangelo Agrusti, presidente di Confindustria Alto Adriatico, che consiglia il Malox come rimedio ai “mal di pancia” di chi è restio al progetto.
Presidente Agrusti, perché un’alleanza confindustriale a Nordest prima di aver costituito una Confindustria Unica in Fvg?
«La Confindustria del Friuli Venezia Giulia esiste già sulla base di accordi stipulati a Palazzo Torriani, Ed è la Confindustria dove si realizza l’unità, quella utile, a cui abbiamo delegato le funzioni “nobili”, i rapporti con la politica, con le istituzioni, le questioni macroeconomiche, mentre alle territoriali resta il compito di mantenere le relazioni con gli associati. Confindustria Fvg è già unita sulla base di una regionalizzazione che ha messo, al primo posto. la funzionalità di una organizzazione su base regionale che avoca a sé tutte le funzioni elevate, e il suo presidente è Giuseppe Bono. Al protocollo di fusione totale, peraltro così problematico dall’essere diventato un tormentone, aveva messo fine una delibera di Confindustria Udine».
E i percorsi di fusione tra le territoriali?
«C’è stato un processo di aggregazione che ha portato ad avere due territoriali: Confindustria Alto Adriatico (nata dalla fusione di Pordenone, Trieste e Gorizia, ndr) e Udine. Il secondo processo aggregativo è quello compiuto a livello regionale. Le territoriali, secondo la nostra visione, devono continuare ad esistere perché rispondono meglio alle esigenze degli imprenditori di avere un rapporto semplice e immediato con la governance. Dopodiché noi siamo impegnati a fare le cose e non a discutere di statuti, che è un esercizio lezioso inutile e stancante».
Forse il percorso non è così chiaro se anche il presidente Fvg Fedriga ha detto che “l’interlocuzione all’interno della Regione sia fondamentale prima di rivolgersi ad altri territori”.
«Confindustria parla di Confindustria ed esaurisce il dibattito al suo interno. L’interlocuzione a livello regionale resta in capo a Confindustria Fvg, come Confindustria Veneto discuterà con la Regione Veneto. Il patto federativo del Nordest è una cosa straordinariamente importante, un obiettivo che avevo intravisto già molti anni fa, tanto che Unindustria Pordenone ha costruito negli anni relazioni speciali con molte associazioni del Veneto nell’ambito dei rapporti nati nel Club dei 15. Detto questo non credo ci sia alcun vulnus in questa storia perché la relazione che costruisce un campo di gioco su cui sperimentare una aggregazione interregionale è un fatto innovativo che proponiamo, nel momento in cui avrà successo, al sistema confindustriale. È una cosa che aiuta il sistema. Dentro questo campo di gioco sarà più facile organizzare non solo i servizi, ma le cose che stanno dentro e fuori da Confindustria, l’alta formazione tecnica, l’università, fino ad arrivare al Politecnico del Nordest, le infrastrutture, la portualità... Mettere insieme tutto questo in un territorio omogeneo darà la possibilità di avviare ragionamenti sulle filiere, sulla supply chain, sulle grandi industrie che diventano promotori di sviluppo. Questo è un piano strategico non un piano di riforma di statuti».
Un passo indietro. Dopo l’accordo di ottobre sulla regionalizzazione, che portava con sé la proroga dei presidenti, che è accaduto?
«Le valutazioni sullo statuto non mi appassionano, e sono temi che si discutono all’interno di Confindustria e non sui giornali».
Il percorso interregionale affida ora a Bono il compito di andare avanti con un orizzonte temporale di due anni. Sufficienti?
«In questi tempi due anni sono un’era geologica. Una volta si diceva che chi si ferma è perduto, oggi chi non fa nulla rischia di rendere irrilevante Confindustria. Vanno trovati nuovi modelli organizzativi e nuove modalità di azione interessandosi anche della società nella quale vive l’industria. In sostanza va replicato il “modello Pordenone”».
Reazioni tiepide da Emilia Romagna e Trentino AA al progetto della Confindustria del Nordest.
«Il Trentino ribadisce la propria specialità dimenticando che anche il Fvg è una Regione a statuto speciale e che il Veneto aspira ad una sua autonomia. Veneto e Fvg erano più mature per iniziare questo percorso e con l’Emilia Romagna, che è parte del Nordest e che esprime un contenuto industriale rilevantissimo, l’interlocuzione è molto forte. Per cui, noi siamo pronti, gli altri arriveranno».
Pure in Veneto, però, qualche mal di pancia c’è...
«Per il mal di pancia c’è, in Fvg, il rimedio: la Biofarma produce il Malox».
Percorso avviato, dunque?
«Certo. Un percorso che mette l’asticella in alto, come hanno spiegato Giuseppe Bono ed Enrico Carraro, due leader forti che rappresentano imprese fortissime e il territorio. D’altronde, come diceva il mio amico Toros, le idee camminano sulle gambe degli uomini e delle donne. Ho conosciuto una splendida presidente di Confindustria Vicenza che sicuramente farà parlare di sé anche in questa vicenda, non dimenticando Maria Cristina Piovesana, vicepresidente di Confindustria nazionale».
Diciamolo: una corazzata del Nordest sarebbe in grado di determinare il prossimo presidente di Confindustria nazionale...
«Noi siamo abituati a lavorare con il presidente che c’è e Bonomi è un presidente capace che ha visione di futuro con il quale lavoriamo molto bene».
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