Alternanza scuola lavoro, Veneto al top in Italia

Ben 17,3% delle imprese ospita studenti in alternanza scuola lavoro. Tra le province primo e secondo posto sono occupati da Vicenza (19,3%) e Belluno (19,1%). Seguono Vercelli (19,0%), Pordenone (18,5%), Como e Treviso (entrambe con il 18,4%)

VENEZIA - “Una cosa è certa, nell’impegno a riallineare un sistema formativo disallineato e rafforzare il sistema dell’alternanza scuola lavoro, il Veneto è leader in Italia”.

Commenta così Agostino Bonomo presidente di Confartigianato Imprese Veneto i dati dell’osservatorio di Confartigianato Imprese Veneto su alternanza scuola lavoro che vedono la nostra regione primeggiare nella disponibilità del mondo delle imprese a dialogare con il sistema formativo per garantire ai giovani opportunità concrete per essere protagonisti attivi nella progettazione del loro futuro, perché "è questo il vero fattore abilitante, l’unico capace di guidare una crescita sostenibile per i nostri territori: perché senza investimenti sulla formazione nessun discorso basato sulla crescita può reggersi”.

In Veneto, nel 2017, la propensione delle imprese con dipendenti ad ospitare studenti in alternanza scuola lavoro è stata del 17,3% (In Italia la quota si ferma all’11,9%).

A livello settoriale mostrano propensione maggiore le imprese del Manifatturiero (14,8%) seguite dai Servizi (11,8%) e delle Costruzioni (8,1%).

“E’ a livello provinciale che le statistiche venete toccano i massimi -commenta Bonomo-. Primo e secondo posto sono occupati da Vicenza (19,3%) e Belluno (19,1%). Seguono Vercelli (19,0%), Pordenone (18,5%), Como e Treviso (entrambe con il 18,4%), Lecco (18,3%), Biella (17,9%) e Varese e Mantova (entrambe con il 17,7%). Nelle prime 10 posizioni ben tre sono occupate da nostri territori. Il Veneto è portato a un dialogo naturale tra scuola e lavoro. La Regione del Veneto, infatti, quindici anni fa è stata la prima in Italia a codificare l’alternanza scuola-lavoro come elemento strutturale dell’offerta formativa nel “sistema educativo”, provando a introdurla anche nei licei e negli istituti tecnici e professionali, ben prima che diventasse un obbligo nazionale. L’alternanza scuola lavoro costituisce un’opportunità straordinaria per trasformare il modo tradizionale di fare scuola integrando in compiti di realtà sapere e fare”.

Rispetto a quanto accade negli altri Paesi europei, la strada da fare rimane molta.

“Due sono in particolare le criticità che emergono dalla comparazione con altri sistemi nazionali -prosegue-: in primo luogo si osserva che in Italia solo il 4,1% dei giovani under 30 studia o è in formazione e contemporaneamente lavora, quota che è quasi un quarto del 14,6% rilevato nell’Unione europea. Nel confronto tra i principali paesi europei si raggiunge la quota massima del 22,4% in Germania, un Paese che ha un modello di lunga tradizione di formazione duale che integra il percorso formativo scolastico con quello svolto in impresa”.

“In molti hanno parlato di modello tedesco, richiamandosi ad esso come ad un mantra ma se c’è una cosa che abbiamo imparato è che l’emulazione cieca dei modelli non conduce molto lontano. Per questo abbiamo deciso di tracciare la nostra strada. Si inserisce in questo scenario l’Accordo Interconfederale regionale «sulla promozione dell’alternanza scuola lavoro nelle imprese artigiane e nelle pmi del Veneto dello scorso 23 gennaio. Un’intesa che, ponendosi in linea di continuità con quella sull’apprendistato duale del primo settembre 2016, segna un nuovo protagonismo delle parti sociali regionali su temi, che seppure diversi da quelli che tradizionalmente hanno impegnato la contrattazione regionale, vengono riconosciuti come strategici per favorire le politiche di innovazione territoriale, l’aumento della produttività e della competitività del sistema produttivo veneto nel contesto della nuova geografia del lavoro. La bilateralità artigiana veneta –conclude Bonomo- riveste un ruolo fondamentale anche all’interno di questo Accordo, che, mettendo a disposizione del rafforzamento dell’alternanza scuola lavoro, risorse raccolte dalle imprese e dai lavoratori, allarga così il suo raggio d’azione dal welfare collettivo alle transizioni occupazionali dei giovani perché è da qui che parte la via per preparare i nostri giovani, attrezzandoli per contribuire alla crescita delle nostre imprese e dei nostri territori”.

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