Alverà: «L’idrogeno verde è il nostro futuro, le reti di Snam lo trasporteranno ovunque»

L’ad del gruppo di infrastrutture energetiche sicuro sul ruolo trainante che Italia ed Europa assumeranno nella lotta ai cambiamenti climatici
Luigi Dell’olio

«L’Italia è messa meglio di altri Paesi europei nel processo di transizione ecologica perché ha una produzione importante da fonti rinnovabili, dispone di una infrastruttura per il trasporto di energia tra le più capillari in Europa e può contare su aziende energetiche di rilievo globale. È importante che questa posizione venga ulteriormente rafforzata negli anni a venire, accelerando gli investimenti, perché può assicurare non solo una risposta adeguata a una sfida epocale come i cambiamenti climatici, ma anche sviluppo e occupazione».

Guarda con ottimismo al futuro Marco Alverà, amministratore delegato di Snam da cinque anni. Nato a New York, resta legato alle origini della sua famiglia veneziana.

Iniziamo dallo scenario. A che punto è la transizione ecologica dell'Italia, anche nel confronto internazionale?

«Il nostro Paese ha le carte in regola per centrare l’obiettivo di un’economia a zero emissioni nette entro il 2050 fissato dall’Unione europea. Siamo posizionati meglio rispetto ad altri Paesi, anche europei, che sono più indietro sulle rinnovabili o che sono molto più dipendenti dal carbone e che non dispongono della nostra infrastruttura di trasporto di energia. La sfida è realizzare gli investimenti e garantire la transizione ecologica senza compromettere la competitività del sistema Paese, creando occasioni di sviluppo economico. Il Pnrr, che destina oltre il 30% delle risorse alla transizione ecologica, è un’opportunità per imprimere una accelerazione importante».

Quali sono i punti di forza e quelli di debolezza del nostro Paese?

«Vedo più punti di forza che di debolezza. In ambito energetico, l’Italia ha aziende leader al mondo e un vantaggio tecnologico e di competenze rispetto ad altri Paesi. Abbiamo inoltre una posizione geografica che può renderci protagonisti della transizione energetica, e in particolare nello sviluppo dell’idrogeno, grazie al nostro ruolo di ponte infrastrutturale tra l’Europa e il Nord Africa e l’area mediterranea».

Quando si parla di energia green si identifica un settore molto variegato. Perché Snam ha deciso di puntare soprattutto sull'idrogeno?

«Perché è il vettore chiave per decarbonizzare settori ad alta intensità energetica, dai trasporti pesanti, ferroviari e via mare ad alcune industrie come la siderurgia, la chimica, il vetro e il cemento. Questo è molto importante per un Paese industriale come il nostro. Grazie all’idrogeno verde potremo portare l’energia del sole dentro le fabbriche e nei serbatoi di camion, treni e navi. Le reti del gas, di cui Snam è leader globale, avranno un ruolo cruciale nel trasportare l’idrogeno su lunghe distanze, dai punti di maggiore produzione a quelli di consumo industriale. Stiamo investendo per rendere le nostre infrastrutture pronte ad accogliere sempre più idrogeno per abilitare questa trasformazione».

Alla Soft Power Conference svoltasi recentemente a Venezia ha citato l’idrogeno come esempio di “diplomazia del clima”. Cosa intende?

«L’idrogeno può consentire all’Europa di esercitare il proprio “soft power” a livello globale assumendo la leadership nella lotta ai cambiamenti climatici. La “diplomazia del clima” sarà essenziale per raggiungere l’obiettivo delle zero emissioni nette. L’Unione europea pesa solo per l’8% delle emissioni globali di CO2 ma può trascinare il resto del mondo e in particolare i Paesi a più elevate emissioni. L’ambiziosa strategia sull’idrogeno varata lo scorso anno dalla Commissione europea, seguita a distanza di alcuni mesi da quella italiana, è un ottimo punto di partenza, con l’Italia che può avere un ruolo importante grazie alla sua visione, al suo prestigio internazionale e alla sua posizione geografica di ponte tra Europa e Nord Africa e area Mediterranea».

Quanto e come Snam sta investendo nel Triveneto?

«Ogni anno investiamo circa 1,5 miliardi di euro in Italia e il Nordest è un’area fondamentale, anche per la sua posizione geografica. Nei prossimi mesi, all’interno della centrale di compressione di Istrana, installeremo la prima turbina ibrida gas-idrogeno per gestire miscele fino al 10%. È la prima al mondo con queste caratteristiche ed è stata progettata in Italia. L’impianto di compressione di Malborghetto nei prossimi anni sarà il primo in Italia a diventare dual-fuel, installando turbocompressori elettrici in sostituzione di quelli vecchi a gas per ridurre i consumi e le emissioni e, al tempo stesso, fornire flessibilità per il bilanciamento della rete elettrica. Stiamo continuando ad ammodernare la rete di trasporto, con la sostituzione del tratto Mestre-Trieste e di altre tubazioni di minore lunghezza. In Friuli-Venezia Giulia avvieremo il secondo hub del nostro centro nazionale di innovazione sull’idrogeno, dopo quello inaugurato a Modena. La sede, che nascerà a Trieste, sarà il punto di riferimento per atenei, istituti di ricerca e startup del territorio per i progetti legati all’idrogeno. Inoltre, tre anni fa abbiamo acquisito Ies Biogas, un’azienda di Pordenone attiva nello sviluppo di impianti di biogas e biometano, con l’obiettivo di farla crescere anche su scala internazionale. Infine, attraverso la nostra controllata Iniziative Biometano, abbiamo in corso progetti per impianti di biometano agricolo».

E poi c’è il vostro impegno per Venezia Capitale Mondiale della Sostenibilità.

«È un’iniziativa alla quale tengo molto dato che mi sento veneziano. Insieme al ministero per la Pubblica amministrazione, alla Regione Veneto, al Comune e a un’alleanza di istituzioni, imprese nazionali attive nel territorio, università regionali e Fondazione Cini stiamo dando vita a una Fondazione per fare di Venezia un simbolo mondiale della lotta al cambiamento climatico. L’obiettivo è trasformare la città nel laboratorio in cui si studiano le tecnologie e le metodologie per un 2050 a zero emissioni e per un nuovo paradigma di inclusione sociale».

L’ottimismo è un tratto diffuso tra manager e imprenditori, ma ci sono ragioni particolari che la spingono a vedere rosa?

«A livello internazionale c’è molto interesse verso l’Italia. Questa fiducia deriva sia dai significativi progressi nella lotta alla pandemia sia dalle importanti previsioni di crescita che dalle riforme in atto. A ciò si aggiunge il ruolo del Pnrr, che è il più rilevante in Europa. Viviamo una fase decisiva, che con il contributo di tutti può innescare un ciclo virtuoso di sviluppo di lungo periodo. E potremo accelerare la transizione energetica».

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