Arvedi dice addio a Trieste

TRIESTE - «Prendo atto delle decisioni delle Istituzioni regionali del Friuli Venezia Giulia e del Comune di Trieste riferite alla chiusura dell'area di produzione 'a caldo' della Ferriera di Servola (Trieste) e confido in proposte di soluzione corrette, che tengano conto della situazione reale e dei posti di lavoro».
Così in una nota diffusa questa mattina, 5 settembre, Giovanni Arvedi, fondatore e presidente dell'omonimo gruppo siderurgico con base a Cremona, che quattro anni fa ha rilevato lo stabilimento triestino dà il suo addio alla città.
«La vicenda Servola - prosegue il presidente di Siderurgica Triestina - purtroppo, è stata per me un'esperienza amara, unica e molto sofferta, mai vissuta prima in sessant'anni di lavoro nel nostro Paese».

«Primo ed unico caso in Italia - ricorda Arvedi nella - abbiamo totalmente risanato un'area dichiarata SIN (sito inquinato di interesse nazionale) e, grazie ai nostri significativi investimenti per l'adeguamento e l'ammodernamento tecnico e strutturale degli impianti previsti dall'Accordo di Programma, oggi la Ferriera produce rispettando tutti i valori e parametri fissati dall'AIA, come recentemente riconosciuto con atto formale dalla Regione».
In una lettera a pagamento pubblicata oggi sul Piccolo, Arvedi manifesta la volontà di sospendere al più presto la produzione e rivendica quanto fatto in questi quattro anni di polemiche attorno allo stabilimento.
«La produzione dell'area a caldo - scrive nella missiva - dovrà fermarsi nel più breve tempo possibile».
«Rispondo una volta per tutte - aggiunge il presidente - alle annose, scoraggianti, tendenziose, distorte informazioni che sono state diffuse e prendo atto delle decisioni assunte a carico della Ferriera del nostro onesto lavoro a seguito delle volontà espresse dalle Istituzioni».
Arvedi si definisce poi «imprenditore cristiano» e ricorda di essere approdato a Trieste su richiesta del governo, assumendosi l'impegno e il dovere di «ridare vita alla Ferriera».
«Ringrazio tutti coloro che hanno creduto nel nostro impegno e auguro a Servola e a Trieste ogni bene».
Sono certo che mio nipote Mario (Caldonazzo, vicepresidente di Finarvedi), chiuderà questa triste vicenda nel segno dell'onestà, correttezza e professionalità».
Secondo l'allarme lanciato in questi giorni dai sindacati, nel caso l'area a caldo della Ferriera venisse riconvertita, sarebbero circa 500 i posti di lavoro a rischio.
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