Ascesa e declino del ragioniere di Matera
Per molti è ancora "il ragioniere di Matera", anche se nel 2008 aveva ricevuto le chiavi della città Montebelluna, terra dello scarpone da sci e dello sport system. Lui, per anni, si è simpaticamente definito un "terrone" al Nord con un sospetto accento piemontese che ha ingannato i più.
Interista - con Veneto Banca sponsor della Juventus - ironico, amante delle cravatte napoletane e delle canzoni sanremesi degli anni ’70, nonno per due volte, Vincenzo Consoli è stato per lungo tempo per tutti i suoi dipendenti "un uomo illuminato e low profile". Al punto che, grazie a un improvvisato Comitato "Amici di Veneto Banca" era nata ad aprile 2014 persino una petizione perché rimanesse amministratore delegato della Popolare di Montebelluna. Ma, proprio in quella primavera del 2014 veniva ufficialmente depositata l’unica lista esterna per il rinnovo del Cda di Veneto Banca per il triennio 2014-17, secondo i criteri di "discontinuità" richiesti da Bankitalia. Nero su bianco: 11 nomi, sintesi e frutto della campagna-lampo portata avanti dall’industriale trevigiano Alessandro Vardanega che, poi andrà assumere il ruolo di vicepresidente con l’economista Francesco Favotto ai vertici dell’Istituto che rinuncerà al ruolo di ad.
Per Consoli quello fu l'inizio del declino. La sua assenza in lista lo portò a un nuovo ruolo: quello di direttore generale dell’Istituto. Un’insolita marcia indietro per colui che fu uno dei più influenti manager di Montebelluna, soprattutto nei rapporti con l’imprenditoria. Ma forse è proprio questo, il perché della non ricandidatura (che era comunque possibile per statuto): in quella che potrebbe essere stata vista da Bankitalia, come un’eccessiva personificazione del singolo con l’Istituto-banca collegiale.
Tutto ebbe origine dalla Banca Popolare di Asolo e Montebelluna, dove Consoli - cresciuto nel Credito Italiano - iniziò a lavorare nel 1989 per diventarne dirigente nel 1997 e amministratore delegato nel 2008. Sue le operazioni Intra, Carifac, Banca Apulia e Bim, ancora alla ricerca di offerte per l’alienazione. E infatti, il gruppo Veneto Banca, ancora oggi, è l'esito di una dozzina di acquisizioni: "Noi siamo una banca di campagna" affermava prima di portare la Popolare a dodicesima realtà bancaria italiana per masse amministrate.
Fu sempre lui, Consoli a lottare per "l’autonomia" dell’Istituto contro le ipotesi di fusione con la Popolare vicentina e le avance gettate a distanza di un ottantina di chilometri da Gianni Zonin.
Altri tempi davvero. Il 17 febbraio del 2015 la finanza entrava in Veneto Banca con la prima ispezione. Ipotesi di accusa: decurtato il patrimonio di Vigilanza. Vincenzo Consoli finiva indagato con l'ex presidente Flavio Trinca. Dopo tre giorni il manager offre le sue dimissioni al Cda: "Prima l'interesse dell'azienda" dice. Ma gli amministratori gli chiedono di restare.
Da lì iniziano il silenzio, la rabbia, le accuse ai media. La difesa di quello che è stato nel passato. Ma le ispezioni e gli atti emergono. Emergono le storie dei risparmiatori e pian piano l'azione dai quasi 40 euro arriva a un pugno di mosche.
Dopo 27 anni in Veneto Banca (entrato nel 1989 come capo area ne diventa direttore nel 1997 e poi ad), il 30 luglio 2015 Consoli lascia la sua creatura e si dimette da quella che era ancora la Banca Popolare di Montebelluna. Parte la rescissione consensuale del contratto e nello stesso Cda Veneto Banca avvia il processo di trasformazione in Spa. A distanza di un anno Consoli viene arrestato.
@eleonoravallin
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