Autostrade, il Nord Est al centro del risiko di Stato

Sei concessionari diversi per gestire meno di 1.200 chilometri di autostrada. Un ricco ginepraio su cui a breve si scateneranno diversi appetiti, dato che stanno per andare a scadenza due delle tratte più redditizie: l’A4 Brescia-Padova, che ha chiuso il 2022 con 445 milioni di valore della produzione e 242 milioni di margine operativo lordo, e l’A22 del Brennero che nello stesso periodo ha registrato un fatturato pari a 584 milioni con un margine di 142 milioni.
I governatori leghisti di Veneto e Friuli Venezia Giulia, Luca Zaia e Massimiliano Fedriga, sono al lavoro da tempo per realizzare attorno a Cav e Autostrade Alto Adriatico un polo del Nord Est che colleghi Brescia a Trieste.
Un disegno, quello del federalismo delle infrastrutture, in cui ora si è inserito un nuovo soggetto. Il Consiglio dei ministri nei giorni scorsi ha infatti approvato il “Decreto Salvini” che ha dato vita ad Autostrade dello Stato, società interamente controllata dal ministero dell’Economia, a cui saranno «trasferite le funzioni e le attività attribuite ad Anas con riferimento alle autostrade statali a pedaggio» e che «ha per oggetto sociale l’espletamento delle attività di gestione e di costruzione delle autostrade statali in regime di concessione». Si occuperà quindi di fare gli investimenti sulla rete e gestire le tratte autostradali a pedaggio «in regime di concessione mediante affidamenti in house».
«Fondamentalmente è un ritorno al passato, ad una ristatalizzazione delle autostrade», spiega Paolo Costa, già ministro dei Lavori pubblici del governo Prodi dal ’96 al ’98, poi sindaco di Venezia e presidente della Commissione Trasporti del Parlamento europeo. Autore, insieme a Carlo Azeglio Ciampi, della direttiva che prevede che gli investimenti non ammortati dal concessionario cessante gli siano rimborsati dal concessionario che subentra a seguito di gara. Una direttiva che, per la verità, è sempre rimasta lettera morta. «All’epoca liberalizzammo il sistema», sottolinea Costa, «oggi sembra che si voglia invece andare verso una ristatalizzazione. Il problema è che questa impostazione comporta che le preoccupazioni di gestione inevitabilmente prevalgano su quelle di programmazione».
La data da cerchiare in rosso è il 31 dicembre 2026. Quel giorno scadrà la concessione di A4 Holding sull’autostrada Brescia-Padova. Ma è probabile che già quest’anno il ministero delle Infrastrutture deciderà se bandire una gara o affidare la gestione in house. Per questo le manovre intorno a una delle arterie più ricche d’Italia sono iniziate da tempo.
Da una parte c’è la Regione Veneto che, approfittando della trasformazione di Cav in un concessionario stradale a tutto tondo, vuole realizzare la holding del Nord Est, dall’altra ci sono gli spagnoli di Abertis (il cui principale azionista è Mundys della galassia Benetton) che non vogliono mollare la presa proponendo investimenti miliardari per realizzare la quarta corsia. «Lavoriamo per portare a casa un progetto su cui siamo impegnati dal 2018», spiega Elisa De Berti, vicepresidente della Regione Veneto con delega a Infrastrutture e Trasporti, «abbiamo anche già chiesto che a Cav venga rinnovata la concessione dal 2032 al 2060 e ora, con un socio interamente pubblico come Autostrade dello Stato che rileverà il 50% attualmente detenuto da Anas, ha le carte in regola per l’affidamento della Brescia-Padova».
Una visione poco condivisa da Flavio Tosi, deputato di Forza Italia che conosce bene la materia per essere stato a lungo presidente proprio dell’A4 Brescia-Padova.
«L’obiettivo del governo è cambiare radicalmente l’impostazione attuale», spiega l’ex sindaco di Verona, «lo stato acquisirà le tratte che andranno via via in scadenza incassando i pedaggi e trasferendo ai concessionari una quota parte come canone per la gestione (manutenzione e investimenti) con una tariffa unica nazionale. Il problema è capire cosa ne verrà fatto della plusvalenza: se servirà per investimenti sul territorio, come sarebbe giusto, oppure se sarà utilizzata per costruire il Ponte sullo Stretto di Messina. In questo secondo caso sarebbe uno spreco di risorse».
Resta da capire se Autostrade dello Stato sarà utilizzato come partner della Regione per favorire la realizzazione del federalismo delle infrastrutture su cui puntano Zaia e Fedriga, oppure se giocherà in solitaria centralizzando tutto in una sorta di autonomia a rovescio. «È chiaro che uno strumento del genere avrebbe le carte in regola per subentrare nella Brescia-Padova senza il coinvolgimento della Regione Veneto», aggiunge Tosi.
Una partita diversa si giocherà invece sull’autostrada A22 del Brennero, una delle arterie più importanti per l’economia italiana. La proroga della concessione scade a fine anno e l’intento è quello di accelerare la pubblicazione del bando per la concessione valida per i prossimi cinquant'anni, sul quale la società godrà del diritto di prelazione.
Restano sul tappeto alcune questioni, la prima è la quantificazione dei cosiddetti extraprofitti, che secondo quanto risulta sono stati valutati dal ministero nell’ordine dei 440 milioni. Lo Stato ritiene che la società non abbia effettuato investimenti dal 2014 a causa della scadenza del piano d’investimento e che, quindi, gli utili debbano essere restituiti. La seconda riguarda il piano di investimenti, da farsi in project financing, per un ammontare totale 7,2 miliardi, che il ministero delle Infrastrutture aveva valutato fattibile.
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