Banche venete: la Bce detta i tempi a Intesa per la ristrutturazione

A luglio la trattativa sugli esodi ed entro giugno 2019 andrà completata la fusione

PADOVA - Al 30 giugno 2019 Intesa «dovrà integrare completamente le banche acquisite», i nomi «Popolare di Vicenza e Veneto Banca scompariranno».

«Al 30 giugno 2019 l'acquirente dovrà ridurre almeno 3.874 dipendenti, di cui almeno 850 nelle ex popolari prese in carico».

Ogni «ulteriore riduzione sarà in capo a Intesa».

Sempre al 30 giugno, «sarà ridotto anche il numero di filiali delle sold entities (gli istituti venduti) di 300 in Italia».

Anche qui la discrezionalità dell'aumento del numero sta in capo a Intesa.

È la traduzione letterale dall'inglese dell'Allegato B dal titolo «impegni relativi agli aiuti di stato»: un decalogo fornito dalle autorità europee che funge da elemento cardine degli accordi alla base del contratto di cessione tra Intesa e le banche in liquidazione.

Nel documento, si legge anche, l'Europa concede solo 6 mesi (fino al 26 dicembre 2017) per la vendita delle partecipate non acquisite da Intesa. Significa anche la quotata Bim.

Se così non sarà, «scatterà la liquidazione». Non sono previsti infatti «altri aiuti di stato», spiega l'Ue nel documento.

Mercoledì 28 giugno si è svolto il primo incontro tra i vertici di Ca' De Sass e i sindacati di Intesa.

Oggi è in programma un vis à vis con le Rsa di Bpvi e Veneto Banca.

Dall'incontro a Milano sembra confermato il numero di 600 sportelli a chiusura entro giugno 2019 (più di quanti ne ha chiesti l'Ue).

La serrata scatterà sulle agenzie meno produttive, quindi più costose, e in base alle sovrapposizioni.

Stando alle nostre autorevoli fonti, Stefano Barrese alla guida della divisione Banca dei territori di Intesa e con mandato ad interim per la gestione della nuova direzione regionale che ha assorbito le ex Bpvi e Veneto Banca, ha già davanti la mappa degli sportelli comune per comune.

Secondo i dati forniti dalle banche, in Veneto ci sono oggi 702 filiali bancarie: 378 sono di Cariveneto, comprese quelle di Venezia che però non sono nel perimetro della divisione regionale, 190 sono di ex Bpvi e 134 Veneto Banca.

La provincia più inflazionata è Padova con 144 agenzie, segue Vicenza a 140, quindi Treviso 137.

Solo 35 in tutto a Belluno, 45 a Rovigo, 75 a Verona, 126 a Venezia. In 24 mesi, ma forse già all'inizio del 2019, si saprà provincia per provincia e regione per regione, la destinazione delle filiali rimaste post ristrutturazione.

Quelle in Veneto saranno assorbite dalla divisione Cariveneto che - al momento - non è per nulla coinvolta dall'operazione ex popolari. Quelle al Sud andranno con il Banco di Napoli, la Cr Firenze assorbirà gli sportelli in Toscana e così via.

Essendo infatti le due banche venete soggetti con ramificazioni e presenze nazionali, serviva di necessità una struttura "altra", da Cariveneto, per la loro gestione. Ieri il chief operating officer di Intesa Sanpaolo, Eliano Omar Lodesani, ha incontrato i componenti delle segreterie di coordinamento dei sindacati per illustrare l'operazione e le ricadute occupazionali, ribadendo il «no» ai licenziamenti e il «sì» a uscite volontarie attraverso un rifinanziamento del fondo esuberi a carico dello Stato.

Confermati anche i numeri: 3.900 esuberi complessivi di cui poco meno di 1.100 riguarderanno le banche venete e la restante parte di Intesa.

Come si vede, sono dati allineati alle condizioni europee. Già dalla prossima settimana dovrebbero partire le lettere per l'avvio della procedura. Nelle banche venete «i sindacati erano contrari alla banca nuova, perché avrebbe portato ad esuberi.

Adesso sono più contenti» replica l'ex presidente di Bpvi Gianni Mion. «Non lo so, ma mi sembrano contenti anche di questo», risponde ai cronisti. Il piano di fusione tra le venete, bocciato dalla Ue, prevedeva 3.900 esuberi (di cui 1.400 legati alle cessioni), gli stessi di Intesa.Tra l'altro, sempre dal contratto di cessione, si apprende che «Intesa si impegna a mettere a disposizione delle banche in liquidazione, in regime di distacco, personale già alle dipendenze delle banche in liquidazione e trasferito a Intesa per la corretta prosecuzione della procedura».

Intesa sarà anche «servicer» della bad bank, ovvero il soggetto che si occuperà del recupero crediti.

Tra le clausole del contratto c'è anche un prestito di 5,4 miliardi che Intesa concede alle banche in liquidazione per coprire lo sbilancio tra attività e passività post cessione. Un prestito a 5 anni all'1% di tasso rimborsato con il ricavato dell'attività di incasso delle sofferenze.

Nel territorio sale intanto la preoccupazione. Ieri alcuni giudici del Tribunale di Venezia hanno interrotto i procedimenti in attesa della conversione del decreto in legge. Gli avvocati stanno valutando di impugnare il decreto legge per «incostituzionalità».

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