Banzato: «C’è carenza di rottame ferroso. Stop alle esportazioni verso la Turchia»
La domanda è debole in tutti i settori, dall’automotive alla meccanica fino all’edilizia. Ma al di là della difficile congiuntura attuale, i temi strategici per il settore siderurgico sono i rottami ferrosi e l’energia elettrica. Esattamente in quest’ordine.

Il presidente di Acciaierie Venete e past president di Federacciai conferma che il finale d’anno per il mercato d’acciaio non porterà nessuna ripresa. La domanda è debole in tutti i settori, dall’automotive alla meccanica fino all’edilizia. Ma al di là della difficile congiuntura attuale, i temi strategici per il settore siderurgico sono i rottami ferrosi e l’energia elettrica. Esattamente in quest’ordine.
Presidente, perché i rottami sono strategicamente ancora più rilevanti dell’energia?
«Perché per l’elettrosiderurgia italiana, e quindi anche per Acciaierie Venete, i rottami ferrosi sono il fattore di costo più rilevante, che incide per circa il 50% del totale. Come evidenziato correttamente dal presidente di Federacciai Antonio Gozzi nella sua relazione, la questione della disponibilità e del prezzo di questa materia prima sempre più importante per gli obiettivi di decarbonizzazione della siderurgia europea, pone un punto interrogativo sulle nostre possibilità di sviluppo e di competitività sul mercato».
Mediamente quanto ne importa Acciaierie Venete?
«Intorno al 20% l’anno del nostro fabbisogno, principalmente da Paesi europei. Ma la disponibilità di materiale calerà. Innanzitutto per l’inevitabile aumento della domanda di rottami che sarà indotta dalla necessaria riconversione della siderurgia continentale da ciclo integrale a quella a forni elettrici. Per esempio, verranno a mancare i flussi dal Regno Unito, che ha già approvato piani di riconversione finanziati da governo e che metterà uno stop all’esportazione di rottami. Inoltre nei prossimi anni in Europa probabilmente calerà la quantità di rottami da riciclo, che in Europa saranno immessi nel ciclo produttivo dell’acciaio a causa del rallentamento di consumi che producono rottami. E i prezzi inevitabilmente aumenteranno».
Quindi?
«Quindi è fondamentale che a livello Ue si ponga uno stop all’esportazione di questo materiale strategico verso Paesi extra Ue. Su questo il nostro settore sta lavorando per sensibilizzare i rappresentanti politici sia nazionali sia europei. La Turchia è la principale destinazione dell’export, perché come l’Italia ha una forte vocazione elettrosiderurgica: acquista un materiale per noi strategico per produrre acciaio che poi vende in Europa. Non possiamo farcelo portare via da Paesi che sono nettamente meno impegnati di noi nel rispetto delle regole per gli impegni di decarbonizzazione».
Come sta andando il prezzo del rottame?
«Il calo della produzione di acciaio sta comportando nell’attuale congiuntura un calo della domanda, che in parte si riflette sul prezzo. Ma non nella maniera che ci si poteva aspettare. Nei prossimi mesi non si prevede che si discosterà molto dagli attuali valori».
Il prezzo dell’energia elettrica può invece finalmente calare?
«Guardiamo con favore all’Energy Release, che dal 2025 andrà ad alleviare il costo relativo a circa un terzo dei nostri consumi elettrici che ci attribuiremo con le relative aste. Per tre anni questa quota sarà valutata a 65 euro al MWh, la differenza rispetto al Pun (che per l’Italia supera i 100 euro) ci sarà ritornata dal Gse (Gestore Servizi Energetici, ndr). E, molto importante, questo comprenderà le garanzie di origine green delle fonti di produzione, con un risparmio quindi anche sui relativi certificati».
Acciaierie Venete ha recentemente presentato il Piano di Decarbonizzazione 2030-2050, che prevede tra le varie linee anche di incrementare l'uso di fonti di energia rinnovabile, idrogeno verde e biometano. E sul nucleare, che ovviamente non dipende da voi, cosa pensate?
«Le rinnovabili sono vitali per la riduzione di emissioni. Però, vista l’intermittenza di queste fonti, per assicurare stabilità serve anche il nucleare. Guardiamo quindi con favore al possibile accordo in discussione con la Francia verso il 2030 per l’importazione di energia dell’atomo, ma in prospettiva anche al futuro della tecnologia dei minireattori, che non sono fantascienza. Un mini impianto di questo tipo potrebbe verosimilmente soddisfare tre volte il nostro fabbisogno di elettricità».
La congiuntura di mercato sappiamo essere generalmente molto rallentata. Come sta andando per Acciaiere Venete?
«Il momento è complesso, con un calo della produzione in linea con i dati aziendali. La parte finale dell’anno sarà complicata, con mercati tutti più o meno rallentati. E con le difficoltà della Germania che pesano moltissimo. Fortunatamente noi abbiamo una buona diversificazione in vari settori industriali».
Cosa si aspetta per i prossimi anni?
«Fare previsioni è difficilissimo in generale, a maggior ragione in un periodo di grande incertezza come quello attuale. Sono tantissimi i fattori in gioco. Ma tengo a sottolineare che la strada della decarbonizzazione dell'acciaio in Italia e in Europa è tracciata. È inevitabile. E su questo stiamo investendo con il nostro Piano di Decarbonizzazione. Il cui primo obiettivo è la riduzione delle emissioni dirette di Scopo 1 e di quelle indirette da energia importata di Scopo 2 del 54% entro il 2030, con l’obiettivo di approvvigionarsi al 100% da energia elettrica rinnovabile».
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