Bortolomiol: «Sostenibilità e valorizzazione del territorio, ecco il mio Prosecco Docg. E diciamo no al rosé»
Intervista alla nuova presidente del Consorzio, che in scia alla straordinaria vetrina Unesco lancia l’idea di una certificazione per i produttori
TREVISO. Sostenibilità, lotta alle imitazioni e valorizzazione del territorio e prodotto. Sono alcuni dei punti del programma che ha portato Elvira Bortolomiol, con un voto unanime, alla presidenza del Consorzio di Tutela del Conegliano Valdobbiadene Prosecco Docg, prima donna nel ruolo.
Un consorzio che raggruppa 192 case spumantistiche, 442 vinificatori e 3400 famiglie di viticoltori. Elvira Bortolomiol guida, insieme alle sorelle e con il ruolo di vicepresidente, l’omonima e storica azienda del territorio. Inizialmente responsabile del business development e del marketing dell’azienda di famiglia, oggi si occupa della gestione delle strategie commerciali e di comunicazione per la promozione del marchio. «La mia candidatura ha unito tutte le parti del Consorzio e con i vicepresidenti Cinzia Sommariva e Giuseppe Collatuzzo abbiamo costituito una squadra valida – ha proseguito – è un grande punto di partenza per me».
Presidente Bortolomiol, su quali punti si basa il suo programma?
«Vogliamo un rapporto più importante con i nostri viticoltori, lavorare con loro attraverso un protocollo di gestione sostenibile del vigneto e lavorare a progetti sempre più importanti sul tema della sostenibilità. In futuro puntiamo anche su una certificazione, per una viticoltura sempre più in equilibrio con l’ambiente. Sotto l’aspetto del marketing puntiamo a valorizzare tutto il lavoro fatto con la presidenza Nardi, con il riconoscimento Unesco. Far conoscere il valore del nostro territorio e della nostra bottiglia, sempre più nei mercati nazionali e internazionali».
Come cambia la comunicazione dei vostri vini?
«L’aspetto del turismo sarà sempre più importante, dovremo far vivere esperienze all’interno delle nostre colline, grazie ad iniziative anche in collaborazione con i programmi del comitato Unesco. Non bisogna parlare solo di prodotto, ma dobbiamo essere in grado di comunicare il nostro territorio, valori, tradizione, la bellezza delle colline e delle rive. Tutte caratteristiche che valorizziamo all’interno delle nostre bottiglie».
La pandemia ha penalizzato in particolare uno dei vostri canali più importanti di distribuzione, l’horeca. Come stanno andando le vendite nel 2021?
«In base alle prime stime sulle nostre certificazioni il mercato è in crescita. Purtroppo non sono ancora disponibili i dati ufficiali dell’osservatorio. Da quanto ci risulta il circuito horeca è ripartito. Siamo ottimisti, il mercato sarà in grado di assorbire tutta la nostra produzione, nonostante usciamo da un 2020 molto difficile a causa della pandemia».
Il Prosecco continua a essere imitato e vittima di falsi in tutto il mondo. Qual è il suo impegno?
«Il Prosecco ha un grande successo nei mercati internazionali e fa nascere le imitazioni, come per altri prodotti del made in Italy. La tutela deve essere massima sul nome Prosecco, le imitazioni danneggiano tutte le denominazioni, serve una forza compatta a livello internazionale con Unione europea a difesa del nostro vino. Una condivisione politica con i tre Consorzi del sistema Processo: un tema da affrontare tutti insieme per ricondurre valore al nostro prodotto».
Qual è la vostra posizione sulla richiesta croata per il Prosek?
«Si tratta di un’azione ancora più grave dell’imitazione di un nostro prodotto. C’è bisogno di una grande azione con il governo italiano e l’Unione europea, noi faremo la nostra parte nella lotta a questa richiesta di denominazione. Ci stiamo già muovendo con il ministero».
Il Prosecco Rosé sta riscuotendo successo nei mercati nazionali e internazionali. Una scelta che può interessare anche il vostro Consorzio?
«In questo momento il Rosé non è sul tavolo dei nostri lavori, non è attualmente nelle nostre progettualità».
Il prezzo delle vostre bottiglie è adeguato a remunerare il lavoro?
«La denominazione ha fatto molto per posizionare sul mercato il nostro vino, che ha un valore riconosciuto, con prezzi medi in aumento. La selezione e la qualità, il grande lavoro che viene fatto in vigna è stato riconosciuto, ma c’è ancora del lavoro da fare. Dobbiamo proseguire su questa strada per far conoscere il nostro particolare terroir e il nostro spumante, che riesce ad accompagnare i gusti e le cucine di molte parti nel mondo, diventando un prodotto universale».
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