BpVi, dall'inchiesta di Prato i primi riscontri

Nelle mail e comunicazioni interne della banca sequestrate ci sarebbero le prove dell'esistenza di una direttiva per mettere alle strette chi aveva un fido e convincerlo a comprare azioni. La percentuale era pari al 10% del prestito

PRATO. Emergono i primi riscontri nell'inchiesta sui funzionari della Banca popolare di Vicenza indagati per estorsione nei confronti dei clienti della banca. Dopo le perquisizioni  del 10 dicembre nelle filiali toscane e gli interrogatori degli undici funzionari che sono stati iscritti al registro degli indagati, gli inquirenti hanno analizzato il contenuto delle mail contenute nel server della banca sequestrato dalla guardia di finanza. E, secondo Il Tirreno, starebbero uscendo i primi riscontri che confermerebbero l'ipotesi accusatoria.

Si parla di "indicazioni arrivate dalla sede centrale ai singoli funzionari e direttori di filiale sulle modalità con le quali vendere azioni BpVi ai clienti, in particolare a quelli che avevano un fido con la banca". "Se c'è stata un'estorsione, come sospettano il procuratore capo Giuseppe Nicolosi e il sostituto Laura Canovai, - spiega il giornale del Gruppo Espresso - questa si sarebbe concretizzata nel minacciare, più o meno velatamente, di togliere o ridurre il fido al cliente se questo non avesse accettato di acquistare azioni della banca. In alcuni casi sarebbe emersa la richiesta, fatta dai funzionari ai clienti, di acquistare almeno il 10% del valore del fido in azioni". Lo confermano fonti investigative.

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