Bpvi, l'assemblea boccia l'azione di responsabilità
Il via ai lavori arriva alle 9 precise del mattino del 26 marzo, la vigilia di Pasqua. A distanza di 20 giorni, si apre così l'assemblea ordinaria della Popolare di Vicenza per l'approvazione del bilancio 2015 (votato a maggioranza, 89,52% favorevoli, 6,20% contrari, 4,27% astenuti) e della relazione di remunerazione. Assenti solo 4 componenti del Cda (Stella, Pansa, Cappelli, Monorchio). Ma oggi sono in sala tutti gli altri che avevano disertato l'assise il 5 marzo scorso, e il collegio sindacale. In sala oltre 1.300 soci, con le deleghe si arriva 3.199 a tarda mattinata, pari al 10,96% del capitale della nuova Banca formato Spa.
L'assemblea si apre con qualche fischio per l'ad Francesco Iorio e il presidente Stefano Dolcetta. All'ad il compito della lettura della relazione di gestione di bilancio che ha chiuso con una perdita di 1,4 miliardi di euro.
Al voto l'azione di responsabilità
L'assemblea è la prima che si svolge senza il voto capitario, dopo l'addio alla forma cooperativa decisa nell'assemblea dello scorso 5 marzo. Due i punti all'ordine del giorno: i conti della passata gestione e la relazione dei remunerazione. Ma l'avvocato Renato Bertelle, tra i primi a parlare al microfono in qualità di socio dopo la richiesta a voce di alcuni azionisti, deposita istanza con sette punti precisi e argomentati sui danni subiti dalla banca per avviare l'azione di responsabilità e portarla al voto oggi in assemblea. Ma l'assise respinge al mittente la delibera che era stata approvata: al punto azione di responsabilità votano 2.872 azionisti per 9 milioni di azioni: 1.346 favorevoli pari al 38%, contrari in 169 pari al 18,6% ma ci sono 1357 astenuti, il 43,29%.
Bertelle aveva parlato di "danni e illeciti perpetrati negli anni precedenti ma scoperti nel 2015". "Parlo di 1,8 miliardi di danni nei confronti di amministratori e collegio sindacale, presenti e non. La banca sa che deve risarcire ma voi dovete farvi avanti e denunciare il vecchio consiglio di amministrazione, Kpmg che anche quest’anno approva il bilancio ma approvava anche negli anni precedenti". Al suo fianco anche Giuliano Xausa, segretario generale Fabi: “Nel 2014 abbiamo pagato 4,6 milioni di euro al Cda e 4,9 milioni sono stati erogati al management, mentre la Banca chiudeva in perdita – 758 milioni e Samuele Sorato diceva: il nostro gruppo si conferma tra le migliori banche europee con un’eccedenza di capitale. Abbiamo chiuso anche il 2015 in perdita e non vedo nessun taglio agli stipendi dei manager né del Cda. Chiediamo a chi ci ha portato fin qui di restituire quello che hanno ricevuto, in caso contrario si vada a recuperarlo. Per la dignità di 1500 dipendenti”.
Un percorso faticoso
“Il 2015 è stato un anno importante di significativa revisione per fattori endogeni ed esogeni alla Banca - ha esordito Dolcetta nella sua relazione iniziale -: sono profondamente cambiate le regole e anche gli scenari. Ci siamo ri-focalizzati sulla banca retail per tornare ai valori della nostra storia e per un attenzione al territorio, alle sue imprese e famiglie. Il piano industriale - ha proseguito - ci consentirà di tornare protagonisti nel territorio e nelle aree di riferimento".
"Il bilancio 2015 è l’effetto dell’attività di ricognizione effettuata - precisa il presidente - con integrale svalutazione degli avviamenti dalle passate acquisizioni. Il rilancio del gruppo sarà dato da un mix di fattori: trasparenza della guida, professionalità dei dipendenti, impegno e responsabile contributo del territrorio, fiducia di azionisti e clienti, chiarezza degli obiettivi. Questo il percorso che con fatica abbiamo intrapreso".
Francesco Iorio ricorda che “il bilancio si chiude con una perdita importante principalmente riconducibile a 4 fenomeni: il capitale finanziato per 1,1 miliardi, il costo del credito che è passato da 900 milioni a 1,5 miliardi (dove 450 milioni sono relativi al 1,1 miliardi di capitale finanziato) più 335 milioni di svalutazioni avviamenti e 513 milioni di accantonamenti anche per i reclami di soci e clienti".
Il costo della grandeur di Zonin
Iorio evidenzia un "buon andamento del business e della gestione ordinaria, nonostante il margine di interesse abbia avuto una riduzione di 7,4 milioni con un incremento del 12,7% dei costi, dove incidono i 60 milioni che la banca ha dovuto versare per il salvataggio delle 4 banche fallite a novembre e oneri straordinari per incentivi all’esordo del vecchio manager per 10 milioni".
Importante la partita rettifiche sui crediti: 1,333 miliardi (nel 2014 erano 868 milioni), lo stock dei deteriorati passa quindi da 4,2 miliardi a 5,320 miliardi. "La banca oggi ha un ammontare di crediti deteriorati netti importante" diec Iorio ma sale la copertura da 37,9 a 42,4%. Per le sofferenze da 54 a 59%.
Il bilancio sconta 171 milioni di svalutazioni su attività disponibili per la vendita e partecipazioni: 39 milioni solo sulle partecipazioni tra cui fondo Optimum 1 e 2 e Athena e rettifiche sugli avviamenti per 334 milioni: 11 milioni per ex sportelli Ubi, 114 milioni acquisito di altri sportelli a ingrandimento della rete totale, 110 milioni per avviamento Banca Nuova. E' il prezzo della "grandeur" di Zonin e del suo sogno "grande banca".
La raccolta infine sconta una riduzione di 8,4 miliardi: -27,8% la caduta: "1,8 miliardi sono andati in transazione di volumi dalla cassa di compensazione alla Bce - evidenzia Iorio - senza questo ammontare sono -7 miliardi: 2,7 miliardi sono riconducibili a poche controparti istituzionali (grandi aziende italiane o privati facoltosi spaventati)" dice Iorio precisando: “non è un fenomeno preoccupante”. Ma anche la clientela ha ridotto gli importi complessivi da 17,7 miliardi a 13,7 miliardi: "I nuovi clienti hanno portato in cassa 3,7 milioni ma altri hanno portato via 7,4 miliardi di cui 1,1 miliardi che sono azzeramenti di conti correnti, mentre per 6,3 miliardi i clienti hanno mantenuto gli investimenti ma dimezzzato del 50% la disponibilità in conto corrente".
Il rischio Unicredit
"La capitalizzazione è necessaria - chiude Iorio -: solo 1,1 miliardi è sono riconducibili al capitale finanziato che è stato completamente ridotto e cancellato dalla Bce: abbiamo subito uno shock patrimoniale".
Ma c'è un rischio, quello che Unicredit non applichi in toto il suo ruolo di Consorzio di garanzia. L'ha evidenziato Il Fatto Quotidiano spiegando, citando fonti finanziarie, che l’ad di Unicerdit Federico Ghizzoni avrebbe chiesto aiuto a Cassa depositi e Fondazioni per l’aumento di capitale di Popolare Vicenza. UniCredit aveva preso questo impegno per Bpvi prima del 22 novembre, prima cioè che il sistema bancario italiano fosse travolto dalla crisi reputazionale provocata dal salvataggio di Banca Marche, Etruria, Carife e Carichieti.
Oggi, scrive il Fatto, l'eventualità che gran parte dell'aumento di capitale di Vicenza resti inoptato è concreta. Ghizzoni, dunque, riporta il quotidiano, "si è affrettato a far sapere al governo che, arrivati al dunque, se le adesioni all'offerta pubblica fossero troppo basse, UniCredit farebbe in modo da bloccare l'operazione".
"Credo che Unicredit terrà fede a quello che è stato concordato - risponde Iorio ai soci - sappiamo tutti che le condizioni di mercato sono tutt’altro che favorevoli all’aumento, servirà l’elmetto per convincere gli investitori. Mi auguro che gli attuali soci facessero il 45% a loro riservato, 475 milioni di aumento che ridurrebbe il rischi e darebbe al mercato un segnalo fortissimo che questo territorio ci crede ancora".
L'appuntamento ora è il 4 giugno 2016 con l'assemblea di rinnovo del Cda della banca. Iorio, intanto, ha confermato che i tavoli di conciliazione tra la Banca Popolare di Vicenza e le associazioni di consumatori partiranno dopo l'aumento di capitale e la quotazione in Borsa. "Avete il mio impegno morale".
@eleonoravallin
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