BpVi, l’inchiesta dei pm a una svolta: presto i sequestri
VICENZA. «Saranno verosimilmente adottate misure cautelari reali». Cioè altri sequestri. Il procuratore capo di Vicenza Antonino Cappelleri chiude con questa frase il capitolo della sua relazione, inviata al procuratore generale della Corte di Appello di Venezia e dedicata all’inchiesta sul crac di Banca Popolare di Vicenza.
Sei parole con cui Cappelleri di fatto preannuncia che la Procura è pronta a procedere con il sequestro di parte del patrimonio della banca (in veste di persona giuridica) e degli altri nove indagati che rappresentavano gli ex vertici dell’istituto di credito.
Un passaggio sul quale i pubblici ministeri Luigi Salvadori e Gianni Pipeschi (titolari dell’inchiesta sulla Popolare) per altro starebbero già lavorando da tempo per quantificare le somme da sottoporre al sequestro.
«Il patrimonio della Banca popolare – scrive il procuratore capo nella sua relazione – è stato artatamente sopravvalutato, attribuendo alle quote del proprio capitale un valore esoso rispetto a quello obiettivo». L’inchiesta sull’istituto di credito di via Battaglione Framarin è iniziata nella primavera 2015 dopo la verifica su BpVi eseguita da Bankitalia su richiesta della Banca centrale europea.
«La Popolare – continua Cappelleri – ha dato un serrato impulso alla diffusione delle quote, vendute anche attraverso una divulgazione non sincera dell’affidabilità degli acquisti e collocate presso una grande platea di investitori e risparmiatori.
E quando costoro, posti sull’avviso dai sentori di crisi della banca, hanno chiesto di poter ritornare le quote – spesso acquistate con tale patto – l’istituto ha attuato molteplici ostruzionismi, tranne che nei confronti di taluni soggetti più graditi».
Nel frattempo il procedimento penale che era stato aperto a Udine è stato trasmesso per competenza territoriale a Vicenza. A ordire le presunte truffe sull’acquisto di azioni in cui oltre un centinaio di clienti delle sedi friulane della BpVi avrebbero perso tutto, o parte dei loro risparmi, sarebbero stati gli «organi centrali».
È a monte, quindi, nel quartier generale dell’istituto di credito che fu di Gianni Zonin, che si deve indagare e processare i responsabili. Ecco perché gli atti cui da quasi un anno la Procura e la sezione di Polizia giudiziaria della Guardia di finanza di Udine stavano lavorando, a fronte della marea di denunce presentate da correntisti ritrovatisi dall’oggi al domani con carta straccia in mano, si trovano negli uffici della Procura di Vicenza. Una questione di competenza territoriale.
A ottobre era stato il procuratore capo di Udine, Antonio De Nicolo, a spiegare la ratio dell’operazione. «Le iniziative di presunto raggiro dei clienti – aveva detto De Nicolo – non erano assunte motu proprio dai direttori e dai funzionari delle filiali friulane che li consigliavano, ma derivavano dalle istruzioni degli organi centrali della banca. I concorrenti nei reati, quindi, vanno individuati nella catena di comando».
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