Caffè, l'espresso al bar verso 1,50 euro

In molti esercizi pubblici l’euro e venti era già la normalità, ma ora con il costo dell’energia alle stelle, i rincari della materia prima e della torrefazione, il costo della “tazzina” è destinato ad aumentare. Bianchin, Gruppo Italiano Torrefatori di Caffè: «Vi spiego le cause degli aumenti»

PADOVA. L’espresso al bar è uno dei piaceri a cui raramente rinunciamo. Ma il conto rischia di diventare salato.

A pesare sull’adeguamento al rialzo del costo del caffè consumato in un esercizio pubblio sono molteplici fattori. Già c’era stato un “ritocco” a fine lockdown, con il prezzo in lieve rialzo registrato in molti pubblici esercizi.

Poi si sono aggiunti i problemi dell’approvvigionamento di materia prima e le difficoltà della logistica che hanno fatto salire il costo dei chicchi d’importazione. Per sovrappiù ecco la stangata “elettrica”, i rincari della bolletta che – per primi –  hanno subito i torrefatori, e che a seguire stanno sostenendo anche gli esercizi pubblici.

Un lungo elenco di incrementi che non potrà che riverberarsi sulla amata tazzina di caffè consumata al bar.

«Non è facile comprendere lo stato di salute del comparto del caffè, in un inizio d’anno così carico di preoccupazioni. Ma il rincaro del costo della materia prima al grezzo, che si riversa sulla filiera delle 927 torrefazioni italiane e a cascata sui pubblici esercizi e consumatori, arrivando a sfiorare 1,50 euro a tazzina, ha delle cause ben definite»  spiega Alessandro Bianchin, ceo di Bin Caffè e presidente del Gruppo Italiano Torrefattori di Caffè.

Alessandro Bianchin
Alessandro Bianchin

Rispetto all’anno precedente nel 2021 abbiamo assistito ad un aumento sostanziale delle importazioni, che segnano un +5,5% per il caffè verde e +21,2% per il decaffeinizzato non torrefatto. Un giro d’affari di oltre 982 milioni di euro di import del caffè verde, rispetto ai 930 milioni di euro del 2020 (dati Istat).

In controtendenza l’export della materia prima, che nel 2021 si riduce del 3,8% per il green coffee e del 14,7% per la materia prima decaffeinizzata: da oltre 41 milioni cala a 38 milioni di euro.

«Il periodo del lockdown ha inevitabilmente rallentato l’approvvigionamento delle materie prime: molte torrefazioni hanno ridotto gli stock in magazzino durante il periodo di chiusure, per poi incrementarli con la ripresa post lockdown del 2021» ancora Bianchin.

Un effetto elastico che avrebbe portato alle attuali difficoltà nei porti di imbarco, luogo in cui si è verificato il congestionamento del traffico e soprattutto complessità nel reperimento di container adatti al trasporto della materia prima. L’approvvigionamento ora richiede tempi molto lunghi.

Ad aggiungersi alle complicazioni che pesano sugli oltre 10.553 addetti del settore (fonte Unioncamere-Infocamere) il cambiamento climatico, causa della forte irregolarità dei raccolti e la speculazione finanziaria internazionale, che come al solito si accoda alla crisi, operando in Borsa senza ritirare il fisico ma gestendo entrate e uscite con strategie di tipo speculativo. Le quotazioni del caffè nelle borse di Londra e New York registrano infatti, da oltre un anno, un trend rialzista dell’80% per il caffè Arabica e del 70% per la Robusta.

«La fase di difficoltà ha però i mesi contati: il caffè italiano è riconosciuto nel mondo e ha voglia di ripartire, ma è importante che le aziende cambino o integrino i propri modelli di business - ribadisce Bianchin - Non lasceremo scadere la qualità per abbattere i costi anzi, il futuro richiede una selezione sempre più accurata della materia prima anche nel canale home».

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