Camilla Benedetti: «L’Italia deve fare sistema in Europa per restare competitiva»

La vicepresidente del gruppo Danieli e Riccardo Illy, numero uno Polo del Gusto si confrontano sulle prospettive del Made in Italy, ospiti del Mib di Trieste assieme a Luca Farina, Ceo di Orion

Piercarlo Fiumanò
Camilla Benedetti
Camilla Benedetti

«Se l’Italia vuole restare competitiva deve fare sistema con l’Europa». Camilla Benedetti, presidente di Abs Bertoli Safau e vicepresidente del colosso della siderurgia Danieli, all’indomani della prima assemblea di Confindustria che ha individuato nel Green Deal europeo e nella questione energetica un freno per le imprese italiane, parla di fronte a 160 discendenti di emigrati italiani provenienti da diciassette Paesi riuniti dal Mib, la Business school di Trieste.

 «Abbiamo scelto di avere una dimensione internazionale in un sistema integrato e connesso da Buttrio al resto del mondo – dice Benedetti -. Le nostre attività estere fanno parte di un’unica visione strategica in qualsiasi parte del mondo grazie all’internazionalizzazione. Per crescere su scala globale, come è riuscito a fare il gruppo Danieli, bisogna essere capaci di creare relazioni, connessioni e ricchezza culturale».

Ma esiste ancora un vantaggio competitivo del Made in Italy nel mondo? Camilla Benedetti affronta il tema con il presidente del Polo del Gusto, Riccardo Illy e con Luca Farina, capo di Orion, industria meccanica triestina che produce mega-valvole anche per il settore petrolchimico, abituato a girare il mondo dall’Europa all’Estremo Oriente. Per Benedetti, innovazione tecnologica e transizione energetica sono leve indispensabili per un Paese che vuole tornare a essere competitivo.

La top manager spiega poi le varie «metamorfosi» della Danieli, cresciuta nei decenni sotto la guida del padre Gianpietro Benedetti, scomparso nell’aprile scorso, artefice dell’espansione della multinazionale dell’acciaio grazie anche alla diversificazione produttiva e competitività sui costi: dalla produzione di impianti chiavi in mano negli anni Novanta alle prime acquisizioni in Usa, Europa ed Estremo Oriente, fino al consolidamento di un primato tecnologico riconosciuto nel mondo: «La globalizzazione ci ha dato l’opportunità di essere presenti su molti mercati: Usa, Giappone, India, Cina. Oggi abbiamo le spalle solide per continuare a investire nella transizione energetica come stiamo facendo nella controllata Abs dove produciamo acciaio green di qualità».

In uno scenario geopolitico instabile e rischioso, con una guerra nel cuore d’Europa, la grande industria europea deve però affrontare anche la crisi dell’auto tedesca e un ritorno di protezionismo su scala globale, mentre si infiamma la disfida fra Stati Uniti e Cina: «Un segnale importante su quale direzione prenderà l’economia globale arriverà dalle elezioni americane nella contesa fra Trump e Kamala Harris».

Benedetti cita il rapporto Draghi sulla competitività europea: «In questa partita, che si preannuncia difficile, l’Europa deve riconquistare la sua leadership per partecipare alle scelte che influenzano il mondo». «In Italia abbiamo molte piccole e medie imprese dinamiche, ma pochi grandi gruppi internazionali come Danieli», ricorda il direttore scientifico del Mib Andrea Tracogna.

Riccardo Illy
Riccardo Illy

«Il sistema globale si sta trasformando in un sistema tripolare complesso e difficile che rappresenta un freno per l’economia globale» spiega il presidente del Polo del Gusto, Riccardo Illy che descrive un mondo diviso fra democrazie occidentali, autocrazie come Cina e Russia, e Paesi non allineati. La fine della globalizzazione, che ha prodotto benefici per il Pil dei Paesi poveri, definisce un’epoca: « Sui mercati pesa un problema di carenza di materie prime, mentre dagli Usa stanno arrivando segnali di ritorno del protezionismo».

Per Illy, il Made in Italy mantiene tuttavia il suo primato grazie ai prodotti di qualità: «Nel settore food ci sono diverse aziende che fanno innovazione qualitativa». La strategia è di rafforzare i marchi (dalle praline al tè e succhi di frutta) espandendo la rete dei negozi monomarca e con la nuova insegna Incantalia già avviata a Trieste.

Intanto uno dei partner principali dell’export a Nord Est, la Germania, è in stagnazione e alcuni settori chiave come quello automobilistico sono in netta crisi.

Per Luca Farina, numero uno di Orion, produttore triestino di valvole giganti, la riconversione energetica oggi passa attraverso l’utilizzo del gas naturale: «In un contesto geopolitico difficile, che ha cambiato la mappa dell’export a causa di guerre e dazi, stiamo investendo molto in Paesi come Usa, Emirati Arabi e Argentina che sarà la nuova frontiera. Abbiamo già sviluppato prodotti compatibili con l’utilizzo dell’idrogeno. Per il nucleare di quarta generazione ci vorranno anni, ma è già una prospettiva realistica grazie ai mini-reattori».

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